Title: Universit
1Université de Fribourg Anno accademico
2011/2012
- Uberto Motta
- Libertà e destino.
- I personaggi della Gerusalemme liberata
2Torquato Tasso (1544-1595)
- Il temperamento
- ? genialità e insicurezza
- La storia
- ? letà del Concilio di Trento (1545-1563)
- La cultura
- ? nel segno di Aristotele la funzione, il
contenuto e gli strumenti della poesia -
3La Poetica di Aristotele nel Rinascimento date
essenziali
- 1498 tradotta sbrigativamente in latino da
Giorgio Valla - 1508 ripubblicata in greco, con edizione
corretta, presso Aldo Manuzio - 1536 latinizzata da Alessandro de Pazzi
- 1548 commentata da Francesco Robortello
- 1549 volgarizzata da Bernardo Segni
- 1550 commentata da Vincenzo Maggi e Bartolomeo
Lombardi - 1560 commentata da Pietro Vettori
- 1570 volgarizzata ed esposta da Ludovico
Castelvetro - 1575 annotata e tradotta da Alessandro
Piccolomini.
4Appunti per una biografia
- 1544 nasce a Sorrento
- 1552-59 Napoli, Roma, Urbino
- 1556 morte della madre
- 1560-64 università di Padova e Bologna
- Bronzino (?), Tasso adolescente,
- Udine, Museo Civico
5Tasso, Canzone del Metauro (1578), vv. 21-30
- Ohimè! dal di che pria
- trassi l'aure vitali e i lumi apersi
- in questa luce a me non mai serena,
- fui de l'ingiusta e ria
- trastullo e segno, e di sua man soffersi
- piaghe che lunga età risalda a pena.
- Sàssel la gloriosa alma sirena,
- appresso il cui sepolcro ebbi la cuna
- così avuto v'avessi o tomba o fossa
- a la prima percossa!
6Tasso, Canzone del Metauro (1578), vv. 31-40
- Me dal sen de la madre empia fortuna
- pargoletto divelse. Ah! di quei baci,
- ch'ella bagnò di lagrime dolenti,
- con sospir mi rimembra e degli ardenti
- preghi che se 'n portár l'aure fugaci
- ch'io non dovea giunger più volto a volto
- fra quelle braccia accolto
- con nodi così stretti e sì tenaci.
- Lasso! e seguii con mal sicure piante,
- qual Ascanio o Camilla, il padre errante.
7Tasso, Canzone del Metauro (1578), vv. 41-46
- In aspro essiglio e 'n dura
- povertà crebbi in quei sì mesti errori
- intempestivo senso ebbi a gli affanni
- ch'anzi stagion, matura
- l'acerbità de' casi e de' dolori
- in me rendé l'acerbità de gli anni.
8Appunti per una biografia
- Tasso a Padova
- abbozzo del Gierusalemme
- Discorsi dellarte poetica
- Rinaldo
- Frontespizio prima edizione Venezia 1562
9Tasso a Padova
- Canto i felici affanni e i primi ardori
- che giovanetto ancor soffrì Rinaldo,
- e come l trasse in perigliosi errori
- desir di gloria ed amoroso caldo,
- allor che, vinti dal gran Carlo, i Mori
- mostraro il cor più che le forze saldo
- e Troiano, Agolante, e il fiero Almonte
- restar pugnando uccisi in Aspramonte.
- Larmi pietose io canto e lalta impresa
- di Gotifredo e de cristiani eroi
- da cui Gierusalem fu cinta e presa
- e nebbe impero illustre origin poi.
- Tu, Re del Ciel, come al tuo foco accesa
- la mente fu di quei fedeli tuoi,
- tal me naccendi, e se tua santa luce
- fu lor nellopre, a me nel dir sia duce.
10Appunti per una biografia
- 1565-1587 Ferrara
- 1573 Aminta
- 1565-75 Goffredo
- 1577 colloquio con lInquisitore
- 1579 reclusione a SantAnna
- Jacopo Bassano, Ritratto di Tasso intorno al
1565, Kreuzlingen, Coll. Priv.
11Tasso a SantAnna
- Come ribello contra il principe mio signore per
elezione, come ingiurioso contra gli amici e
conoscenti, e come ingiusto contra me stesso
sono trattato, e sono scacciato da la
cittadinanza, non di Napoli o di Ferrara, ma del
mondo tutto ... privo di tutte lamicizie, di
tutte le conversazioni, di tutti i commerci, de
la cognizion di tutte le cose, di tutti i
trattenimenti, di tutti i conforti, rigettato da
tutte le grazie, e in ogni tempo e in ogni luogo
egualmente schernito e abbominato.
- Lettera a Scipione Gonzaga, Marzo 1579
12Tasso a SantAnna
- Nuova ed inaudita sorte dinfelicità è la mia,
chio debba persuadere a Vostra Signoria
reverendissima di non esser forsennato, e di non
dover come tal esser custodito dal signor duca di
Ferrara (da una lettera al card. Girolamo
Albani, 23 maggio 1581) - E. Delacroix, Tasso in prigione, Carleton
University, Art History Dept.
13Appunti per una biografia
- Gli ultimi anni
- 1581-84 edd. della Ger. lib.
- 1586-87 alla corte dei Gonzaga
- 1588-94 tra Roma e Napoli
- 1593 Gerusalemme conquistata
- 1594 Discorsi del poema eroico
- 1595 morte a Roma
- Alessandro Allori, T. Tasso (?), Firenze, Uffizi
14Gli ultimi anni
- Non è più tempo chio parli della mia ostinata
fortuna, per non dire de lingratitudine del
mondo, la quale ha pur voluto condurmi a la
sepoltura mendico, quando io pensava che quella
gloria che ... avrà questo secolo da i miei
scritti non fusse per lasciarmi in alcun modo
senza guiderdone (da una lettera ad Antonio
Costantini). - Maschera funeraria di T. Tasso
1518.10.2011
- La tradizione del testo
- Una fonte preziosa
- Linizio e la fine del racconto
16La tradizione del testo
- 1560, Gierusalemme
- 1565-75, Goffredo
- ? meticoloso processo di revisione del testo
- (Scipione Gonzaga, Silvio Antoniano, Flaminio de
Nobili, Pietro degli Angeli, Sperone Speroni) - 1575-76, lettere poetiche
- 1579-80, due edd. parziali
- 1581, 4 edd. integrali, con introd. del titolo GL
- 1584, ed. a Mantova a c. di S. Gonzaga (?)
- 1586-92, ultima fase di revisione
- 1593, ed. della Ger. Conq.
17Le prime edizioni della Ger. lib.
- 1579 Genova (c. IV)
- 1580 Venezia (cc. I-X, XII, XIV-XVI)
- 1581 Parma, Ferrara (2), Venezia
- 1582, Venezia e Ferrara
- 1584 Mantova
18Verso la Conquistata
- Attenderò a la revisione, a la correzione, ed a
laccrescimento de la mia Gerusalemme la quale
aveva deliberato che fosse di ventiquattro canti
ma da poi ho pensato daggiunger a ciascun
dessi, o a la maggior parte, molte stanze,
accioché il libro sia risguardevole per la
convenevol grandezza, non solo per la bella
stampa e per la carta reale (da una lettera a
Lorenzo Malpiglio, 1586) - Napoli, Biblioteca Nazionale, autografo della
Ger. Conq.
191573 lanno centrale
- Tre opere
- Aminta, favola pastorale
- canti XIV-XVI della Gerusalemme liberata
- Galealto, tragedia
- ?
- Un unico tema che cosa è lamore? Come si
articolano i rapporti fra amore e onore, fra
desiderio, passione e destino?
20Il mito delletà delloro la naturalezza
istintuale come garanzia di felicità la legge
morale come ostacolo al destino dellindividuo ?
Sei piace, ei lice
- La risposta di Tasso seguire il desiderio
istintivo non è libertà ma sterile egocentrismo
luomo realizza il suo destino in un tessuto di
relazioni, quando interiorizza la legge morale e
la trasforma in potenzialità costruttrice
21Una fonte preziosa (1)
- Flaminio de Nobili, Trattato dellamore umano,
1567 - Amore si cagiona dallo inchinamento e affezione
del senso verso la cosa bella, e questa prima
affezione è naturale e si può attribuire al
fato. - Ma dopo succede il discorso dellintelletto, il
quale delibera se debbia compiacere o fare
resistenza a quel piegamento del senso. - Si tratta dunque di rigettare gli amori cattivi,
disonoranti (ferini), e di perseguire gli amori
buoni (umani), cioè 1) fondati sulla reciprocità
e non sul possesso, 2) non antitetici al proprio
destino (i casi di Enea e Didone, e Antonio e
Cleopatra).
22Una fonte preziosa (2)
- Può lintelletto darsi tutto in preda al senso,
quasi padrone al malvagio servo, e dei desideri e
piaceri di lui fare i suoi, e massimamente di
quei del tatto vilissimo sopra tutti gli altri
sensi, e sordidissimo, non stimando violatione di
leggi, perdita di tempo e di honore, ruina di
famiglie. Questo è suto chiamato ferino e
bestiale, il quale procede da intemperanza.
23Una fonte preziosa (3)
- Comunemente sono da i poeti le donne simigliate
alle cerve, le quali hanno questa proprietà, di
fuggire quando sono sequitate dal cacciatore, e
quando il veggiono lontano di fermarsi e di
aspettarlo. Colla qual comparatione senza dubbio
vogliono significare che le donne, mentre che
sono amate, fuggono e usano scortesie, là dove
quando sono abbandonate, allhora si fermano e
cercano da capo con favori e grate accoglienze
allettare gli amanti. - Cfr. GL VI, 109-110
24Ger. lib. inizio e fine del racconto
- Canto l'arme pietose e 'l capitano
- che 'l gran Sepolcro liberò di Cristo.
- Molto egli oprò co 'l senno e con la mano,
- molto soffrì nel glorioso acquisto
- e in van l'Inferno vi s'oppose, e in vano
- s'armò d'Asia e di Libia il popol misto.
- Il Ciel gli diè favore, e sotto a i santi
- segni ridusse i suoi compagni erranti.
- Così vince Goffredo, ed a lui tanto
- avanza ancor de la diurna luce
- ch'a la città già liberata, al santo
- ostel di Cristo i vincitor conduce.
- Né pur deposto il sanguinoso manto,
- viene al tempio con gli altri il sommo duce
- e qui l'arme sospende, e qui devoto
- il gran Sepolcro adora e scioglie il voto.
25Il mito di Diana
- Ovidio, Met. II 401-495 punizione di Callisto
- Ovidio, Met. III 155-250 punizione di Atteone
- Boccaccio, Caccia di Diana, Teseida, Ninfale
fiesolano
26Due (altre) fonti preziose
- Aristotele, Politica III 4
- Le virtù delluomo buono non coincidono con
quelle del bravo cittadino, che per il benessere
della comunità è chiamato allobbedienza - Agostino, De civitate Dei XII 6
- Se si cerca la ragione dellinfelicità degli
angeli cattivi, la si riconosce nel loro
distogliersi da Colui che è in sommo grado, per
volgersi verso se stessi. Questa depravazione
come si può chiamare altrimenti che orgoglio?
Inizio di ogni peccato è lorgoglio.
27Ger. lib. II 38-39
- Mentre son in tal rischio, ecco un guerriero
- (ché tal parea) d'alta sembianza e degna
- e mostra, d'arme e d'abito straniero,
- che di lontan peregrinando vegna.
- La tigre, che su l'elmo ha per cimiero,
- tutti gli occhi a sé trae, famosa insegna,
- insegna usata da Clorinda in guerra
- onde la credon lei, né 'l creder erra.
- Costei gl'ingegni feminili e gli usi
- tutti sprezzò sin da l'età più acerba
- a i lavori d'Aracne, a l'ago, a i fusi
- inchinar non degnò la man superba.
- Fuggì gli abiti molli e i lochi chiusi,
- ché ne' campi onestate anco si serba
- armò d'orgoglio il volto, e si compiacque
- rigido farlo, e pur rigido piacque.
28Ger. lib. III 21-22
- Clorinda intanto ad incontrar l'assalto
- va di Tancredi, e pon la lancia in resta.
- Ferìrsi a le visiere, e i tronchi in alto
- volaro e parte nuda ella ne resta
- ché, rotti i lacci a l'elmo suo, d'un salto
- (mirabil colpo!) ei le balzò di testa
- e le chiome dorate al vento sparse,
- giovane donna in mezzo 'l campo apparse.
- Lampeggiàr gli occhi e folgoràr gli sguardi,
- dolci ne l'ira or che sarian nel riso?
- Tancredi, a che pur pensi? a che pur guardi?
- non riconosci tu l'altero viso?
- Quest'è pur quel bel volto onde tutt'ardi
- tuo core il dica, ov'è il suo essempio inciso.
- Questa è colei che rinfrescar la fronte
- vedesti già nel solitario fonte.
29V. Carpaccio, San Giorgio e il drago,Venezia,
San Giorgio degli Schiavoni, 1502
30Paolo Uccello, San Giorgio e il drago,Londra,
National Gallery, 1450 ca.
31Ger. lib. XII 40-41
- Or odi dunque tu che 'l Ciel minaccia
- a te, diletta mia, strani accidenti.
- Io non so forse a lui vien che dispiaccia
- ch'altri impugni la fé de' suoi parenti.
- Forse è la vera fede. Ah! giù ti piaccia
- depor quest'arme e questi spirti ardenti.
- Qui tace e piagne ed ella pensa e teme,
- ch'un altro simil sogno il cor le preme.
- Rasserenando il volto, al fin gli dice
- Quella fé seguirò che vera or parmi,
- che tu co 'l latte già de la nutrice
- sugger mi fèsti e che vuoi dubbia or farmi
- né per temenza lascierò, né lice
- a magnanimo cor, l'impresa e l'armi,
- non se la morte nel più fer sembiante
- che sgomenti i mortali avessi inante.
32La vera storia di Clorinda (GL XII 18-41)
- Le fonti
- Atti degli apostoli VIII 27-39 Filippo converte
leunuco etiope, ministro della regina Candace e
custode del suo tesoro - Eliodoro, Etiopiche (fine IV sec.) la storia di
Cariclea, figlia dei sovrani di Etiopia (Idaspe e
Persinna) - F. Alvarez, Viaggio in Etiopia (ed. 1540, poi in
G. B. Ramusio, Navigationi e Viaggi, vol. II,
1559)
33Perseo libera Andromeda
- Tiziano, Londra, Wallace Collection
- G. Vasari , Firenze, Palazzo Vecchio, Studiolo di
Francesco I
34Francisco Alvarez, Viaggio in Etiopia
- Cap. 22
- Il battesimo lo fanno in questo modo battezzano
li maschi dopo 40 giorni, e le femmine dopo 60, e
se inanzi muoiono vanno senza battesmo. - Cap. 159
- In tutte le mura delle chiese sono pitture del
nostro Signore, e della nostra Donna e degli
apostoli, e profeti e angeli, e in ciascuna vi è
san Giorgio.
35Ger. lib. XII 57-59
- Tre volte il cavalier la donna stringe
- con le robuste braccia, ed altrettante
- da que' nodi tenaci ella si scinge,
- nodi di fer nemico e non d'amante.
- Tornano al ferro, e l'uno e l'altro il tinge
- con molte piaghe e stanco ed anelante
- e questi e quegli al fin pur si ritira,
- e dopo lungo faticar respira.
- L'un l'altro guarda, e del suo corpo essangue
- su 'l pomo de la spada appoggia il peso.
- Già de l'ultima stella il raggio langue
- al primo albor ch'è in oriente acceso.
- Vede Tancredi in maggior copia il sangue
- del suo nemico, e sé non tanto offeso.
- Ne gode e superbisce. Oh nostra folle
- mente ch'ogn'aura di fortuna estolle!
- Misero, di che godi? oh quanto mesti
- fiano i trionfi ed infelice il vanto!
- Gli occhi tuoi pagheran (se in vita resti)
- di quel sangue ogni stilla un mar di pianto.
- Così tacendo e rimirando, questi
- sanguinosi guerrier cessaro alquanto.
36Ger. lib. XII 66-67
- Amico, hai vinto io ti perdon... perdona
- tu ancora, al corpo no, che nulla pave,
- a l'alma sì deh! per lei prega, e dona
- battesmo a me ch'ogni mia colpa lave.
- In queste voci languide risuona
- un non so che di flebile e soave
- ch'al cor gli scende ed ogni sdegno ammorza
- e gli occhi a lagrimar gli invoglia e sforza.
- Poco quindi lontan nel sen del monte
- scaturia mormorando un picciol rio.
- Egli v'accorse e l'elmo empié nel fonte,
- e tornò mesto al grande ufficio e pio.
- Tremar sentì la man, mentre la fronte
- non conosciuta ancor sciolse e scoprio.
- La vide, la conobbe, e restò senza
- e voce e moto. Ahi vista! ahi conoscenza!
37Il battesimo in punto di mortePulci, Morgante,
XII 64-67
- e battezò costui divotamente.
- E come morto fu, sentiva un canto,
- ed angeli apparir visibilmente,
- che lanima portar nel regno santo.
- E daver morto costui fu dolente
- e con Terigi faceva gran pianto
- e feciono una fossa addrento e scura,
- e déttono a quel corpo sepultura.
- Ma una grazia, prima che morisse,
- al conte chiese quel gigante ancora
- che, se per caso già mai avvenisse
- che parlassi a colei che lo innamora,
- che gli dicessi come il fatto gisse,
- e come sempre insino allultima ora
- di Chiarella e del suo amor costante
- si ricordò come fedele amante.
- Disse il pagan Marcovaldo - Laudato in
sempiterno - sia Gesù Cristo e tutti i santi sui!
- Io voglio in ogni modo battezarmi,
- e per tua mano, Orlando, cristian farmi.
- E ringrazio il tuo Dio, poi chio son morto
- per man del più famoso uom che sia al mondo
- sio mi dolessi, io arei certo il torto.
- Battezami per Dio, baron giocondo,
- chio sento già nel cuor tanto conforto,
- chesser mi par dogni peccato mondo.
- Orlando al fiume subito correa,
- trassesi lelmo e dacqua poi lempiea,
38Il battesimo in punto di morteBoiardo, Orl.
Inn. I XIX 12-16
- Sospirando Agricane diceva a bassa voce
- Io credo nel tuo Dio, che morì in croce.
- Batteggiame, barone Orlando, alla fontana
- prima chio perda in tutto la favella
- e se mia vita è stata iniqua e strana,
- non sia la morte almen de Dio ribella.
- Lui, che venne a salvar la gente umana,
- lanima mia ricoglia tapinella!
- Ben me confesso che molto peccai,
- ma la sua misericordia è grande assai. -
- Piangea quel re, che fo cotanto fiero,
- e tenìa il viso al cel sempre voltato.
-
- Questo diceva e molte altre parole
- Oh quanto al conte ne rincresce e dole!
- Egli avea pien de lacrime la faccia,
- e fo smontato in su la terra piana
- ricolse il re ferito nelle braccia,
- e sopra al marmo il pose alla fontana
- e de pianger con seco non si saccia,
- chiedendoli perdon con voce umana.
- Poi battizzollo a lacqua della fonte,
- pregando Dio per lui con mani gionte.
39Domenico Tintoretto,Tancredi e Clorinda
- Houston (TX), The Museum of Fine Arts
- 1595 ca.
40Tintoretto, Tancredi e Clorinda Caravaggio,
Conversione di San Paolo(1595) (1601)
41Claudio Monteverdi1567-1643
- Bernardo Strozzi,
- Ritratto di Claudio Monteverdi,
- Venezia, Gallerie dellAccademia
- 1640 ca.
42C. Monteverdi, Combattimento di Tancredi e
Clorinda, 1624
43Il bosco diabolico (GL XIII 2-4)
- Lucano, Bellum civile (Pharsalia), III vv.
399-425 - La foresta nei pressi di Marsiglia, che Cesare
ordina sia abbattuta per ricavarne il legname
necessario alla costruzione di nuove armi - Vera un bosco inviolato da tempo immemorabile
si soleva purificare tutti gli alberi con sangue
umano anche gli uccelli temevano di posarsi su
quei rami la muffa stessa e il pallore dei
tronchi imputriditi producevano sgomento e
avvinghiandosi ai tronchi draghi strisciavano
allintorno.
44GL XIII 18 qual semplice bambin
- Lucr. De rerum natura VI 35 ss.
- Difatti, come i fanciulli trepidano e tutto
temono nelle cieche tenebre, così noi nella luce
talora abbiamo paura di cose che per nulla sono
da temere più di quelle che i fanciulli nelle
tenebre paventano e immaginano prossime ad
avvenire. Questo terrore dell'animo, dunque, e
queste tenebre non li devono dissolvere i raggi
del sole, né i lucidi dardi del giorno, ma
l'aspetto e l'intima legge della natura.Quindi
viepiù seguiterò a tessere fino al fondo con le
parole l'opera intrapresa.
45Orl. fur. XXIII 107-110
- Il mesto conte a piè quivi discese
- e vide in su lentrata de la grotta
- parole assai, che di sua man distese
- Medoro avea, che parean scritte allotta.
- Del gran piacer che ne la grotta prese,
- questa sentenzia in versi avea ridotta.
- Che fosse culta in suo linguaggio io penso
- et era ne la nostra tale il senso
- Liete piante, verdi erbe, limpide acque
- spelunca opaca e di fredde ombre grata,
- dove la bella Angelica che nacque
- di Galafron, da molti invano amata,
- spesso ne le mie braccia nuda giacque
- .
- Era scritto in arabico, che l conte
- intendea così ben come latino
- fra molte lingue e molte chavea pronte,
- prontissima avea quella il paladino
- e gli schivò più volte e danni et onte,
- che si trovò tra il popul saracino
- ma non si vanti, se gà nebbe frutto,
- chun danno or nha, che può scontargli il tutto.
46Ger. lib. XIII 41
- Inf. XIII 31-36
- Allor porsi la mano un poco avante
- e colsi un ramicel da un gran pruno
- e l tronco suo gridò Perché mi schiante?.
- Da che fatto fu poi di sangue bruno,
- ricominciò a dir Perché mi scerpi?
- Non hai tu spirto di pietade alcuno?
- Orl. fur. VI 28
- Onde con mesta e flebil voce uscìo
- espedita e chiarissima favella,
- e disse - Se tu sei cortese e pio,
- come dimostri alla presenza bella,
- lieva questo animal da larbor mio
- basti che l mio mal proprio mi flagella,
- senza altra pena, senza altro dolore
- cha tormentarmi ancor venga di fuore.
47Ger. lib. XIII 44-46
- Qual l'infermo talor ch'in sogno scorge
- drago o cinta di fiamme alta Chimera,
- se ben sospetta o in parte anco s'accorge
- che 'l simulacro sia non forma vera,
- pur desia di fuggir, tanto gli porge
- spavento la sembianza orrida e fera,
- tal il timido amante a pien non crede
- a i falsi inganni, e pur ne teme e cede.
- E, dentro, il cor gli è in modo tal conquiso
- da vari affetti che s'agghiaccia e trema,
- e nel moto potente ed improviso
- gli cade il ferro, e 'l manco è in lui la tema.
- Va fuor di sé presente aver gli è aviso
- l'offesa donna sua che plori e gema,
- né può soffrir di rimirar quel sangue,
- né quei gemiti udir d'egro che langue.
- Così quel contra morte audace core
- nulla forma turbò d'alto spavento,
- ma lui che solo è fievole in amore
- falsa imago deluse e van lamento.
- Il suo caduto ferro intanto fore
- portò del bosco impetuoso vento,
- sì che vinto partissi e in su la strada
- ritrovò poscia e ripigliò la spada.
48La parabola di Erminia
- Canto III 12 ss
- Sulle mura di Gerusalemme
- Canto VI 55-114
- Dissidi e avventure
- Canto VII 1-22
- Tra i pastori
- Canto XIX 77-131
- Lincontro con Vafrino
- Scuola di Annibale Carracci, Erminia tra i
pastori, Londra, National Gallery
49Il personaggio di Erminia
- Et così aven che lanimo ciascuna
- sua passion sotto l contrario manto
- ricopre con la vista or chiara or bruna
- però, salcuna volta io rido o canto,
- facciol, perchi non ho se non questuna
- via da celare il mio angoscioso pianto.
- Rvf. CII, 9-11
- I begli occhi ondio fui percosso in guisa
- che medesmi porian saldar la piaga,
- et non già vertù derbe, o darte maga,
- o di pietra dal mar nostro divisa,
- mhanno la via sì daltro amor precisa,
- chun sol dolce penser lanima appaga.
- Rvf LXXV, 1-6
- Poi gli dice infingevole, e nasconde
- sotto il manto de lodio altro desio
- Oimè! Ben il conosco, ed ho ben donde
- fra mille riconoscerlo deggia io,
- ché spesso il vidi i campi e le profonde
- fosse del sague empir del popol mio.
- Ahi quanto è crudo nel ferire! A piaga
- chei faccia, erba non giova od arte maga.
- GL III 19
50Ger. lib. VI 55-114dissidi e avventure di
Erminia
- Osserva dallalto della torre il duello tra
Tancredi e Argante (descritto in 1-54 e
interrotto al scendere della sera) - Vorrebbe andare a curare le ferite di Tancredi
cfr. ottave 66-68 ? contrasto tra desiderio e
convenienza - È combattuta tra passione amorosa e senso
dellonore (ottave 70 ss.) - Decide di travestirsi con le armi di Clorinda per
uscire da Gerusalemme (78 e ss.) - Scambiata per Clorinda, viene inseguita da due
soldati e costretta alla fuga (107 e ss.)
51Ger. lib. VI 70
- Ma più ch'altra cagion, dal molle seno
- sgombra Amor temerario ogni paura,
- e crederia fra l'ugne e fra 'l veneno
- de l'africane belve andar secura
- pur se non de la vita, avere almeno
- de la sua fama dée temenza e cura,
- e fan dubbia contesa entro al suo core
- duo potenti nemici, Onore e Amore.
52Ger. lib. VI 79-80
- Questo sol tiene Erminia a lei secreto
- e s'udita da lei talor si lagna,
- reca ad altra cagion del cor non lieto
- gli affetti, e par che di sua sorte piagna.
- Or in tanta amistà senza divieto
- venir sempre ne pote a la compagna,
- né stanza al giunger suo giamai si serra,
- siavi Clorinda, o sia in consiglio o 'n guerra.
- Soleva Erminia in compagnia sovente
- de la guerriera far lunga dimora.
- Seco la vide il sol da l'occidente,
- seco la vide la novella aurora
- e quando son del dì le luci spente,
- un sol letto le accolse ambe talora
- e null'altro pensier che l'amoroso
- l'una vergine a l'altra avrebbe ascoso.
53Ger. lib. VII 1-22Erminia tra i pastori
- La fuga di Erminia terrorizzata (cfr. ottava 3)
- Lamorevole accoglienza riservatale dai pastori
(ottave 6 e ss.) - Linvettiva del più anziano pastore contro le
iniquità della vita di corte (ott. 12-14) - Il lamento di Erminia (ott. 19-22)
54Ger. lib. VII 1 2-3dal cavallo è scorta, / né
più governa il fren la man tremante
- Tiziano Vecellio,
- Amore Sacro e Amore Profano, Roma, Galleria
Borghese, 1510 ca.
55Ger. lib. VII 9-10
- Cfr. Lucano, Bellum civile (Pharsalia), V 508 e
ss. - Cesare con passo inquieto, nei vasti silenzi,
prepara imprese che a stento oserebbe uno
schiavo. Lasciati tutti, si accompagna alla sola
Fortuna. Uscito dalla tenda trova al limitare
delle onde una barca assicurata con una fune alle
rocce corrose. Il nocchiero e padrone del
battello occupava una dimora tranquilla , non
lontana di lì . Cesare scuote tre e quattro
volte la porta, e il tetto ne trema. Amiclate si
leva dal giaciglio non si cura della guerra,
sa che le capanne non sono una preda nelle guerre
civili. O sicura ricchezza del povero, umili
Lari! O ancora incompresi doni degli dèi! A quali
templi o palazzi poté toccare questo non
trasalire in tumulto al bussare della mano di
Cesare?
56Ger. lib. VII 12-13
- Tempo già fu, quando più l'uom vaneggia
- ne l'età prima, ch'ebbi altro desio
- e disdegnai di pasturar la greggia
- e fuggii dal paese a me natio,
- e vissi in Menfi un tempo, e ne la reggia
- fra i ministri del re fui posto anch'io,
- e benché fossi guardian de gli orti
- vidi e conobbi pur l'inique corti.
- Pur lusingato da speranza ardita
- soffrii lunga stagion ciò che più spiace
- ma poi ch'insieme con l'età fiorita
- mancò la speme e la baldanza audace,
- piansi i riposi di quest'umil vita
- e sospirai la mia perduta pace,
- e dissi O corte, a Dio. Così, a gli amici
- boschi tornando, ho tratto i dì felici.
57Domenico Zampieri, detto il DomenichinoErminia
tra i pastori, London, National Gallery, 1620 ca.
58Erminia tra i pastori due interpretazioni
pittoriche
59T. Tasso, lettera a S. Gonzaga, 24 aprile 1576
- Io vorrei anco a questo la storia di Erminia
dar un fine buono, e farla non sol far cristiana,
ma religiosa monaca. So chio non potrò parlar
più oltre di lei di quel chavea fatto, senza
alcun pregiudizio de larte ma pur non mi curo
di variar alquanto i termini, e piacer un poco
meno a gli intendenti de larte, per dispiacer un
poco manco a scrupolosi. Io vorrei dunque
aggiunger nel penultimo canto diece stanze, ne le
quali si contenesse questa conversione.
60T. Tasso, lettera a Curzio Ardizio, 25 febbraio
1585
- Rispondendo alloppositore, io stimo che in
questa guisa altri potrebbe dimandare che
avvenisse di Calipso, che di Circe, che di
Andromaca, che de la filiuola del re de Feaci,
che di tante persone che sono formate ne luno e
ne laltro poema più lodato de greci, e ne
lEneide.
61T. Tasso, lettera a Scipione Gonzaga, 29 luglio
1575
- Quello accompagnare lazione di Armida con
lazione principale, quasi sino al fine, potrà
dare altrui noia e far parere chio abbia presa
Armida per soggetto principale, e chio riguardi
in lei non solo in quanto distorna i cristiani e
ritiene Rinaldo, ma anco prima e per sé.
62Il canto IV
- 1-19 il concilio infernale ? 9-17 il discorso di
Satana (radicale requisitoria dellangelo caduto
contro Dio) - 19-26 il piano di Idraote e le sue istruzioni ad
Armida - 27-96 Armida nel campo cristiano ? 39-64 il
discorso di Armida (finta richiesta di aiuto) la
difesa di Armida da parte di Eustazio (fratello
di Goffredo)
63Ger. lib. IV 24-26le istruzioni di Idraote alla
nipote
- Dice O diletta mia, che sotto biondi
- capelli e fra sì tenere sembianze
- canuto senno e cor viril ascondi,
- e già ne l'arti mie me stesso avanze,
- gran pensier volgo e se tu lui secondi,
- seguiteran gli effetti a le speranze.
- Tessi la tela ch'io ti mostro ordita,
- di cauto vecchio essecutrice ardita.
- Vanne al campo nemico ivi s'impieghi
- ogn'arte feminil ch'amore alletti.
- Bagna di pianto e fa' melati i preghi,
- tronca e confondi co' sospiri i detti
- beltà dolente e miserabil pieghi
- al tuo volere i più ostinati petti.
- Vela il soverchio ardir con la vergogna,
- e fa' manto del vero a la menzogna.
- Prendi, s'esser potrà, Goffredo a l'esca
- de' dolci sguardi e de' be' detti adorni
- sì ch'a l'uomo invaghito omai rincresca
- l'incominciata guerra, e la distorni.
- Se ciò non puoi, gli altri più grandi adesca
- menagli in parte ond'alcun mai non torni.
- Poi distingue i consigli al fin le dice
- Per la fé, per la patria il tutto lice.
64Petr., R.v.f. CCXIII
- Gratie cha pochi il ciel largo destina
- rara vertù, non già dumana gente,
- sotto biondi capei canuta mente,
- e n humil donna alta beltà divina
- leggiadria singulare et pellegrina,
- e l cantar che ne lanima si sente,
- landar celeste, e l vago spirto ardente,
- chogni dur rompe et ogni altezza inchina
- et que belli occhi che i cor fanno smalti,
- possenti a rischiarar abisso et notti,
- et torre lalme a corpi, et darle altrui
- col dir pien dintellecti dolci et alti,
- coi sospiri soavemente rotti
- da questi magi trasformato fui.
- IV 24 1-3 biondi capelli canuto senno
- IV 34 2 beltà divina
- IV 28 8 sì bella peregrina
- IV 77 2 i cor più duri spetra
- IV 94 1 luci vergognose e chine
- IV 92 3 dal petto lor lalma divide
- IV 25 4 tronca e confondi co sospiri i detti
65Sofronia e Armida a confronto
- Lodata passa e vagheggiata Armida
- fra le cupide turbe, e se navede.
- No l mostra già, benché in suo cor ne rida.
- E ne disegni alte vittorie e prede.
- (IV 33)
- Usa ognarte la donna, onde sia colto
- ne la sua rete alcun novello amante
- né con tutti, né sempre un stesso volto
- serba, ma cangia a tempo atti e sembiante.
- Or tien pudica il guardo in sé raccolto,
- or lo rivolge cupido e vagante.
- (IV 87)
- È il suo pregio maggior che tra le mura
- dangusta casa asconde i suoi gran pregi,
- e de vagheggiatori ella sinvola
- a le lodi, a gli sguardi, inculta e sola.
- (II14)
- La vergine tra l volgo uscì soletta,
- non coprì sue bellezze, e non lespose,
- raccolse gli occhi, andò nel vel ristretta,
- con ischive maniere e generose.
- (II 18)
-
- Mirata da ciascun passa, e non mira
- laltera donna, e innanzi al re se n viene.
- (II 19)
66Ger. lib. IV 93-95
- Fra sì contrarie tempre, in ghiaccio e in foco,
- in riso e in pianto, e fra paura e spene,
- inforsa ogni suo stato, e di lor gioco
- l'ingannatrice donna a prender viene
- e s'alcun mai con suon tremante e fioco
- osa parlando d'accennar sue pene,
- finge, quasi in amor rozza e inesperta,
- non veder l'alma ne' suoi detti aperta.
- O pur le luci vergognose e chine
- tenendo, d'onestà s'orna e colora,
- sì che viene a celar le fresche brine
- sotto le rose onde il bel viso infiora,
- qual ne l'ore più fresche e matutine
- del primo nascer suo veggiam l'aurora
- e 'l rossor de lo sdegno insieme n'esce
- con la vergogna, e si confonde e mesce.
- Ma se prima ne gli atti ella s'accorge
- d'uom che tenti scoprir l'accese voglie,
- or gli s'invola e fugge, ed or gli porge
- modo onde parli e in un tempo il ritoglie
- così tutto il dì in vano error lo scorge
- stanco, e deluso poi di speme il toglie.
- Ei si riman qual cacciator ch'a sera
- perda al fin l'orma di seguita fèra.
67Il canto XIV
- Il sogno di Goffredo, rapito miracolosamente in
cielo (cfr. Cic., Somnium Scipionis) necessità
di perdonare e richiamare Rinaldo - Carlo e Ubaldo sono incaricati della spedizione
Pietro lEremita li invia al mago dAscalona
(41-42) - Il mago racconta ai due cavalieri le peripezie di
Rinaldo e fornisce loro le istruzioni necessarie
per liberarlo senza rimanere vittime di Armida
68Ger. lib. XIV 62-64
- O giovenetti, mentre aprile e maggio
- v'ammantan di fiorite e verdi spoglie,
- di gloria e di virtù fallace raggio
- la tenerella mente ah non v'invoglie!
- Solo chi segue ciò che piace è saggio,
- e in sua stagion de gli anni il frutto coglie.
- Questo grida natura. Or dunque voi
- indurarete l'alma a i detti suoi?
- Folli, perché gettate il caro dono,
- che breve è sì, di vostra età novella?
- Nome, e senza soggetto idoli sono
- ciò che pregio e valore il mondo appella.
- La fama che invaghisce a un dolce suono
- voi superbi mortali, e par sì bella,
- è un'ecco, un sogno, anzi del sogno un'ombra,
- ch'ad ogni vento si dilegua e sgombra.
- Goda il corpo sicuro, e in lieti oggetti
- l'alma tranquilla appaghi i sensi frali
- oblii le noie andate, e non affretti
- le sue miserie in aspettando i mali.
- Nulla curi se 'l ciel tuoni o saetti,
- minacci egli a sua voglia e infiammi strali.
- Questo è saver, questa è felice vita
- sì l'insegna natura e sì l'addita.
69Ger. lib. V 42-43
- Sorrise allor Rinaldo, e con un volto
- in cui tra 'l riso lampeggiò lo sdegno
- Difenda sua ragion ne' ceppi involto
- chi servo è disse o d'esser servo è degno.
- Libero i' nacqui e vissi, e morrò sciolto
- pria che man porga o piede a laccio indegno
- usa a la spada è questa destra ed usa
- a le palme, e vil nodo ella ricusa.
- Ma s'a i meriti miei questa mercede
- Goffredo rende e vuol impregionarme
- pur com'io fosse un uom del vulgo, e crede
- a carcere plebeo legato trarme,
- venga egli o mandi, io terrò fermo il piede.
- Giudici fian tra noi la sorte e l'arme
- fera tragedia vuol che s'appresenti
- per lor diporto a le nemiche genti.
70T. Tasso, Allegoria del poema (1576)
- Gerusalemme, città forte ed in aspra e montuosa
regione collocata, a la quale, sì come ad ultimo
fine, sono dirizzate tutte le imprese
dellesercito fedele, ci segna la felicità
civile, la quale è un bene molto difficile da
conseguire, e posto in cima a lalpestre e
faticoso gioco della virtù ed a questo sono
volte, come ad ultima meta, tutte le azioni
delluomo politico.
71Ger. lib. XIV 65-67
- Sì canta l'empia, e 'l giovenetto al sonno
- con note invoglia sì soavi e scorte.
- Quel serpe a poco a poco e si fa donno
- sovra i sensi di lui possente e forte
- né i tuoni omai destar, non ch'altri, il ponno
- da quella queta imagine di morte.
- Esce d'aguato allor la falsa maga
- e gli va sopra, di vendetta vaga.
-
- Ma quando in lui fissò lo sguardo e vide
- come placido in vista egli respira,
- e ne' begli occhi un dolce atto che ride,
- benché sian chiusi (or che fia s'ei li gira?),
-
- pria s'arresta sospesa, e gli s'asside
- poscia vicina, e placar sente ogn'ira
- mentre il risguarda e 'n su la vaga fronte
- pende omai sì che par Narciso al fonte.
-
- E quei ch'ivi sorgean vivi sudori
- accoglie lievemente in un suo velo,
- e con un dolce ventillar gli ardori
- gli va temprando de l'estivo cielo.
- Così (chi 'l crederia?) sopiti ardori
- d'occhi nascosi distempràr quel gelo
- che s'indurava al cor più che diamante,
- e di nemica ella divenne amante.
72Nicole Poussin,Rinaldo e Armida
- London,
- Dulwich Picture Gallery,
- 1628-29
73A. Van Dyck,Rinaldo e Armida
- Baltimore, Museum of Art
- 1628-29
74G. Tiepolo, Rinaldo e Armida, 1750 ca.Chicago,
The Art Institute
75Enea e Didone Rinaldo e Armida
- Eneide IV
- 305-330 discorso di Didone
- Te ne vai di nascosto? Ne morirò. Per te il
pudore è perduto. - 333-361 discorso di Enea
- Mi sarà caro ricordarti. Sarei rimasto con te.
- 365-387 prima invettiva di Didone svenimento
- Troverai la morte tra le onde e mi invocherai. Ti
seguirò come unombra dopo la morte. - 590-629 seconda invettiva di Didone
- Ger. Lib. XVI
- 44-51 discorso di Armida
- Non aspettare che io ti preghi. Ti seguirò come
una furia. - 53-56 discorso di Rinaldo
- Ti terrò tra le mie care memorie. Non ti è lecito
venire con me. - 57-60 prima invettiva di Armida svenimento
- Come unombra ti seguirò e prima di morire
invocherai il mio nome. - 63-67 seconda invettiva di Armida
76Ger. lib. XVI 42
- Allor ristette il cavaliero, ed ella
Enea non si ferma - sovragiunse anelante e lagrimosa
parteggiare dellautore - dolente sì che nulla più, ma bella per
labbandonata - altrettanto però quanto dogliosa.
- Lui guarda e in lui saffisa, e non favella
sguardo senza parole - o che sdegna o che pensa o che non osa.
ipotesi dellautore - Ei lei non mira e se pur mira, il guardo
incrinarsi della saldezza - furtivo volge e vergognoso e tardo.
77Ger. lib. XVI 51-52
- Prendergli Armida cerca allor la destra o 'l
manto, - supplichevole in atto, ed ei s'arretra,
- resiste e vince e in lui trova impedita
- Amor l'entrata, il lagrimar l'uscita.
-
- Non entra Amor a rinovar nel seno,
- che ragion congelò, la fiamma antica Virg.,
Aen. IV 23 Purg. XXX 48 - v'entra pietate in quella vece almeno,
- pur compagna d'Amor, benché pudica
- e lui commove in guisa tal ch'a freno
- può ritener le lagrime a fatica.
- Pur quel tenero affetto entro restringe,
- e quanto può gli atti compone e infinge.
78G. B. Tiepolo,Rinaldo abbandonaArmida
- Vicenza, Villa
- Valmarana, 1757
79Ger. lib. XVI 64-67
- Che fa più meco il pianto? altr'arme, altr'arte
- io non ho dunque? Ahi! seguirò pur l'empio,
- né l'abisso per lui riposta parte,
- né il ciel sarà per lui securo tempio.
- Già 'l giungo, e 'l prendo, e 'l cor gli svello,
e sparte - le membra appendo, a i dispietati essempio.
- Mastro è di ferità? vuo' superarlo
- ne l'arti sue...Ma dove son? che parlo?
- Misera Armida, allor dovevi, e degno
- ben era, in quel crudele incrudelire
- che tu prigion l'avesti or tardo sdegno
- t'infiamma, e movi neghittosa a l'ire.
- Pur se beltà può nulla o scaltro ingegno,
- non fia vòto d'effetto il mio desire.
- O mia sprezzata forma, a te s'aspetta
- (ché tua l'ingiuria fu) l'alta vendetta.
- Questa bellezza mia sarà mercede
- del troncator de l'essecrabil testa.
- O miei famosi amanti, ecco si chiede
- difficil sì da voi ma impresa onesta.
- Io che sarò d'ampie ricchezze erede,
- d'una vendetta in guiderdon son presta.
- S'esser compra a tal prezzo indegna sono,
- beltà, sei di natura inutil dono.
- Dono infelice, io ti rifiuto e insieme
- odio l'esser reina e l'esser viva,
- e l'esser nata mai sol fa la speme
- de la dolce vendetta ancor ch'io viva.
- Così in voci interrotte irata freme
- e torce il piè da la deserta riva,
- mostrando ben quanto ha furor raccolto,
- sparsa il crin, bieca gli occhi, accesa il volto.
80Ger. lib. XX 50-52
- Così si combatteva, e 'n dubbia lance
- co 'l timor le speranze eran sospese.
- Pien tutto il campo è di spezzate lance,
- di rotti scudi e di troncato arnese,
- di spade a i petti, a le squarciate pance
- altre confitte, altre per terra stese,
- di corpi, altri supini, altri co' volti,
- quasi mordendo il suolo, al suol rivolti.
- Giace il cavallo al suo signore appresso,
- giace il compagno appo il compagno estinto,
- giace il nemico appo il nemico, e spesso
- su 'l morto il vivo, il vincitor su 'l vinto.
- Non v'è silenzio e non v'è grido espresso,
- ma odi un non so che roco e indistinto
- fremiti di furor, mormori d'ira,
- gemiti di chi langue e di chi spira.
- L'arme, che già sì liete in vista foro,
- faceano or mostra paventosa e mesta
- perduti ha i lampi il ferro, i raggi l'oro,
- nulla vaghezza a i bei color più resta.
- Quanto apparia d'adorno e di decoro
- ne' cimieri e ne' fregi, or si calpesta
- la polve ingombra ciò ch'al sangue avanza,
- tanto i campi mutata avean sembianza.
81Ger. lib. XX 61 e 63-64
- Giunse Rinaldo ove su 'l carro aurato
- stavasi Armida in militar sembianti,
- e nobil guardia avea da ciascun lato
- de' baroni seguaci e de gli amanti.
- Noto a più segni, egli è da lei mirato
- con occhi d'ira e di desio tremanti
- ei si tramuta in volto un cotal poco,
- ella si fa di gel, divien poi foco.
- Sorse amor contra l'ira, e fe' palese
- che vive il foco suo ch'ascoso tenne.
- La man tre volte a saettar distese,
- tre volte essa inchinolla e si ritenne.
- Pur vinse al fin lo sdegno, e l'arco tese
- e fe' volar del suo quadrel le penne.
- Lo stral volò, ma con lo strale un voto
- sùbito uscì, che vada il colpo a vòto.
- Torria ben ella che il quadrel pungente
- tornasse indietro, e le tornasse al core
- tanto poteva in lei, benché perdente
- (or che potria vittorioso?), Amore.
- Ma di tal suo pensier poi si ripente,
- e nel discorde sen cresce il furore.
- Così or paventa ed or desia che tocchi
- a pieno il colpo, e 'l segue pur con gli occhi.
82Ger. lib. XX 67-68
- Or qual arte novella e qual m'avanza
- nova forma in cui possa anco mutarmi?
- Misera! e nulla aver degg'io speranza
- ne' cavalieri miei, ché veder parmi,
- anzi pur veggio, a la costui possanza
- tutte le forze frali e tutte l'armi.
- E ben vedea de' suoi campioni estinti
- altri giacerne, altri abbattuti e vinti.
- Soletta a sua difesa ella non basta,
- e già le pare esser prigiona e serva
- né s'assecura (e presso l'arco ha l'asta)
- ne l'arme di Diana o di Minerva.
- Qual è il timido cigno a cui sovrasta
- co 'l fero artiglio l'aquila proterva,
- ch'a terra si rannicchia e china l'ali,
- i suoi timidi moti eran cotali.
83Ger. lib. XX 131-133
- O sempre, e quando parti e quando torni
- egualmente crudele, or chi ti guida?
- Gran meraviglia che 'l morir distorni
- e di vita cagion sia l'omicida.
- Tu di salvarmi cerchi? a quali scorni,
- a quali pene è riservata Armida?
- Conosco l'arti del fellone ignote,
- ma ben può nulla chi morir non pote.
- Certo è scorno al tuo onor, se non s'addita
- incatenata al tuo trionfo inanti
- femina or presa a forza e pria tradita
- quest'è 'l maggior de' titoli e de' vanti.
- Tempo fu ch'io ti chiesi e pace e vita,
- dolce or saria con morte uscir de' pianti
- ma non la chiedo a te, ché non è cosa
- ch'essendo dono tuo non mi sia odiosa.
- Per me stessa, crudel, spero sottrarmi
- a la tua feritade in alcun modo.
- E, s'a l'incatenata il tòsco e l'armi
- pur mancheranno e i precipizi e 'l nodo,
- veggio secure vie che tu vietarmi
- il morir non potresti, e 'l Ciel ne lodo.
- Cessa omai da' tuoi vezzi. Ah! par ch'ei finga
- deh, come le speranze egre lusinga!
84Ger. lib. XX 134-136
- Così doleasi, e con le flebil onde,
- ch'amor e sdegno da' begli occhi stilla,
- l'affettuoso pianto egli confonde
- in cui pudica la pietà sfavilla
- e con modi dolcissimi risponde
- Armida, il cor turbato omai tranquilla
- non a gli scherni, al regno io ti riservo
- nemico no, ma tuo campione e servo.
- Mira ne gli occhi miei, s'al dir non vuoi
- fede prestar, de la mia fede il zelo.
- Nel soglio, ove regnàr gli avoli tuoi,
- riporti giuro ed oh piacesse al Cielo
- ch'a la tua mente alcun de' raggi suoi
- del paganesmo dissolvesse il velo,
- com'io farei che 'n Oriente alcuna
- non t'agguagliasse di regal fortuna.
- Sì parla e prega, e i preghi bagna e scalda
- or di lagrime rare, or di sospiri
- onde sì come suol nevosa falda
- dov'arda il sole o tepid'aura spiri,
- così l'ira che 'n lei parea sì salda
- solvesi e restan sol gli atri desiri.
- Ecco l'ancilla tua d'essa a tuo senno
- dispon, gli disse e le fia legge il cenno.