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Altzheimer

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Altzheimer Dott.ssa Maria Riello * * * * * * * * * * Scialorrea= difficolt nella deglutizione in cui la saliva indugia e il cibo esce fuori dalla bocca ... – PowerPoint PPT presentation

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Title: Altzheimer


1
Altzheimer
  • Dott.ssa Maria Riello

2
Cosè
  • Il morbo di Alzheimer è una demenza
    degenerativa invalidante ad esordio
    prevalentemente senile (oltre i 60 anni, ma può
    manifestarsi anche in epoca presenile - prima dei
    60 anni) e prognosi infausta. Prende il nome dal
    suo scopritore, Alois Alzheimer.

3
  • La malattia (o morbo) di Alzheimer è oggi
    definita come quel processo degenerativo che
    distrugge progressivamente le cellule cerebrali,
    rendendo a poco a poco l'individuo che ne è
    affetto incapace di una vita normale.
  • Definita anche "demenza di Alzheimer", viene
    appunto catalogata tra le demenze essendo un
    deterioramento cognitivo cronico progressivo. Tra
    tutte le demenze quella di Alzheimer è la più
    comune

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  • La malattia si manifesta inizialmente come
    demenza caratterizzata da amnesia progressiva e
    altri deficit cognitivi. Il deficit di memoria è
    prima circoscritto a sporadici episodi nella vita
    quotidiana, ovvero disturbi di quella che viene
    chiamata on-going memory (ricordarsi cosa si è
    mangiato a pranzo, cosa si è fatto durante il
    giorno) e della memoria prospettica (che riguarda
    l'organizzazione del futuro prossimo, come
    ricordarsi di andare a un appuntamento)

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  • man mano il deficit aumenta e la perdita della
    memoria arriva a colpire anche la memoria
    episodica retrograda (riguardante fatti della
    propria vita o eventi pubblici del passato) e la
    memoria semantica (le conoscenze acquisite),
    mentre la memoria procedurale (che riguarda
    l'esecuzione automatica di azioni) viene
    relativamente risparmiata.
  • Ai deficit cognitivi si aggiungono infine
    complicanze internistiche che portano a una
    compromissione insanabile della salute. Una
    persona colpita dal morbo può vivere anche una
    decina di anni dopo la diagnosi conclamata di
    malattia. Tuttavia una diagnosi certa di morbo di
    Alzheimer si ha solo con l'esame autoptico.

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  • Col progredire della malattia le persone non
    solo presentano deficit di memoria, ma risultano
    deficitarie nelle funzioni strumentali mediate
    dalla corteccia associativa e possono pertanto
    presentare afasia e aprassia, fino a presentare
    disturbi neurologici e poi internistici. Pertanto
    i pazienti necessitano di continua assistenza
    personale.

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  • la malattia è caratterizzata da una diminuzione
    nel peso e nel volume del cervello, dovuta ad
    atrofia corticale, visibile anche in un
    allargamento dei solchi e corrispondente
    appiattimento delle circonvoluzioni. A livello
    microscopico e cellulare sono riscontrabili
    depauperamento neuronale, placche senili,
    degenerazione neurofibrillare, angiopatia
    congofila.

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  • La malattia è dovuta a una diffusa distruzione di
    neuroni, causata principalmente dalla
    betamiloide, una proteina che, depositandosi tra
    i neuroni, agisce come una sorta di collante,
    inglobando placche e grovigli "neurofibrillari".
    La malattia è accompagnata da una forte
    diminuzione di acetilcolina nel cervello (si
    tratta di un neurotrasmettitore una molecola
    fondamentale per la comunicazione tra neuroni, e
    dunque per la memoria e ogni altra facoltà
    intellettiva). La conseguenza di queste
    modificazioni cerebrali è l'impossibilità per il
    neurone di trasmettere gli impulsi nervosi e
    quindi la morte.

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Diagnosi
  • Lunico modo di fare una diagnosi certa di
    demenza di Alzheimer è attraverso
    lidentificazione delle placche amiloidi nel
    tessuto cerebrale, possibile solo con lautopsia
    dopo la morte del paziente. Questo significa che
    durante il decorso della malattia si può fare
    solo una diagnosi di Alzheimer possibile o
    probabile.

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  • Per questo i medici si avvalgono di diversi
    test
  • esami clinici, come quello del sangue, delle
    urine o del liquido spinale
  • test neuropsicologici per misurare la memoria, la
    capacità di risolvere problemi, il grado di
    attenzione, la capacità di contare e di
    dialogare
  • Tac cerebrali per identificare ogni possibile
    segno di anormalità
  • Questi esami permettono al medico di escludere
    altre possibili cause che portano a sintomi
    analoghi, come problemi di tiroide, reazioni
    avverse a farmaci, depressione, tumori cerebrali,
    ma anche malattie dei vasi sanguigni cerebrali.

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Terapie
  • Non esiste una cura efficace, sono state proposte
    diverse strategie terapeutiche per provare a
    gestire clinicamente il morbo di Alzheimer tali
    strategie puntano a modulare farmacologicamente
    alcuni dei meccanismi patologici che ne stanno
    alla base.
  • In primo luogo, basandosi sul fatto che
    nell'Alzheimer si ha diminuzione dei livelli di
    acetilcolina, l'idea è stata quella di provare a
    ripristinarne i livelli fisiologici.
    L'acetilcolina pura non può però essere usata, in
    quanto troppo instabile e con un effetto limitato.

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  • Un approccio alternativo alla patologia potrebbe
    essere l'uso di FANS (anti-infiammatori non
    steroidei). Come detto, nell'Alzheimer è presente
    una componente infiammatoria che distrugge i
    neuroni. L'uso di antiinfiammatori potrebbe
    quindi migliorare la condizione dei pazienti. Si
    è anche notato che le donne in cura
    post-menopausale con farmaci estrogeni presentano
    una minor incidenza della patologia, facendo così
    presupporre un'azione protettiva degli estrogeni.
  • I ricercatori hanno messo in evidenza anche
    l'azione protettiva della vitamina E
    (alfa-tocoferolo), che sembra prevenire la
    perossidazione lipidica delle membrane neuronali
    causata dal processo infiammatorio.

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  • Un'altra, più recente, linea d'azione prevede il
    ricorso a farmaci che agiscano direttamente sul
    sistema glutamatergico, come la Memantina. La
    Memantina ha dimostrato un'attività terapeutica,
    moderata ma positiva, nella parziale riduzione
    del deterioramento cognitivo in pazienti con
    Alzheimer da moderato a grave 1.
  • Ultimo approccio ipotizzato è l'uso di
    Pentossifillina e Diidroergotossina (sembra che
    tali farmaci migliorino il flusso ematico
    cerebrale, permettendo così una migliore
    ossigenazione cerebrale ed un conseguente
    miglioramento delle performance neuronali).
    Sempre per lo stesso scopo è stato proposto l'uso
    del Gingko biloba.
  • Negli Stati Uniti è in sperimentazione anche una
    terapia genica, che prova ad utilizzare l'ormone
    della crescita per la cura dell'Alzheimer.

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  • Le forme di trattamento non-farmacologico
    consistono prevalentemente in misure
    comportamentali, di supporto psicosociale e di
    training cognitivo. Tali misure sono solitamente
    integrate in maniera complementare con il
    trattamento farmacologico. I training cognitivi
    sono utilizzati sia per stimolare e rinforzare le
    capacità neurocognitive residuali, sia per
    migliorare l'esecuzione dei compiti di vita
    quotidiana.
  • Fondamentale è inoltre la preparazione ed il
    supporto, informativo e psicologico, rivolto
    anche ai "caregivers" (personale addetto) del
    paziente.

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  • Si sta sperimentando da poco negli USA un
    sistema che consente alla persona sofferente di
    Alzheimer di essere quotidianamente aiutata e
    stimolata nei propri ricordi. La cosa si ottiene
    creando un filmato di 30-60 minuti con immagini
    tratte dall'iconografia nota alla persona in
    questione (foto tratte dagli album di famiglia,
    filmini girati negli anni precedenti, ecc.) nel
    quale viene raccontata la sua storia
    dall'infanzia fino a poco prima della malattia.
    Nel filmato si mostrano anche i luoghi noti (la
    casa in cui abita o abitava, il vecchio posto di
    lavoro, ecc.), i familiari, i parenti, gli amici,
    i figli e i nipoti. In pratica, tutte quelle
    persone che hanno avuto una importanza nella vita
    prima che il paziente soffrisse di Alzheimer. Il
    filmato utilizza anche una colonna sonora
    ottenuta da musiche che notoriamente hanno
    scandito i vari periodi importanti della sua vita.

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  • Terapie non farmacologicheFra le varie terapie
    non farmacologiche proposte per il trattamento
    della demenza di Alzheimer, la terapia di
    orientamento alla realtà (ROT) è quella per la
    quale esistono maggiori evidenze di efficacia
    (seppure modesta). Questa terapia è finalizzata
    ad orientare il paziente rispetto alla propria
    vita personale, allambiente e allo spazio che lo
    circonda tramite stimoli continui di tipo
    verbale, visivo, scritto e musicale.

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Parkinson
  • La malattia di Parkinson fu descritta per la
    prima volta da James Parkinson in un libretto
    intitolato Trattato sulla paralisiagitante
    pubblicato nel 1817. Paralisi agitante è il nome
    che identificò la malattia per quasi un secolo
    fino a quando ci si rese conto che il termine
    risultava inappropriato perché i malati di
    Parkinson non sono paralizzati.
  • il termine più corretto in italiano è
    semplicemente malattia di Parkinson, che rende
    anche omaggio al medico che per primo lha
    descritta e sostituisce la vecchia traduzione
    ottocentesca di Morbo di Parkinson.

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  • Si tratta di un disturbo del sistema nervoso
    centrale caratterizzato principalmente da
    degenerazione di alcune cellule nervose (neuroni)
    situate in una zona profonda del cervello
    denominata sostanza nera. Queste cellule
    producono un neurotrasmettitore, cioè una
    sostanza chimica che trasmette messaggi a neuroni
    in altre zone del cervello.
  • Il neurotrasmettitore in questione, chiamato
    dopamina, é responsabile dellattivazione di un
    circuito che controlla il movimento.

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  • Con la riduzione di almeno il 50 dei neuroni
    dopaminergici viene a mancare unadeguata
    stimolazione dei recettori, cioè delle stazioni
    di arrivo. Questi recettori sono situati in una
    zona del cervello chiamata striato. I neuroni
    dopaminergici della sostanza nera, sofferenti,
    osservati al microscopio, mostrano al loro
    interno corpuscoli sferici denominati corpi di
    Lewy composti prevalentemente da alfasinucleina,
    che sono considerati una caratteristica specifica
    della malattia di Parkinson e che fa rientrare
    questa malattia nel più ampio gruppo delle
    sinucleinopatie.

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  • Queste si differenziano a seconda delle zone
    interessate dai corpi di Lewy e possono variare
    da un esteso interessamento della corteccia
    (demenza), un interessamento specifico di
    sostanza nera e locus ceruleus (malattia di
    Parkinson) o di sistemi nervosi che innervano i
    visceri (atrofia multisistemica con
    compromissione del sistema nervoso autonomo).

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  • I sintomi possono comparire a qualsiasi età anche
    se un esordio prima dei 40 anni é insolito e
    prima dei 20 é estremamente raro. Nella
    maggioranza dei casi i primi sintomi si notano
    intorno ai 60 anni. Il motivo per cui questi
    neuroni rimpiccioliscono e poi muoiono non é
    ancora conosciuto, ed è tuttora argomento di
    ricerca.

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Fattori di rischio
  • Questa patologia colpisce generalmente soggetti
    oltre i cinquant'anni, con una leggera prevalenza
    per il sesso maschile
  • Le cause del blocco nella produzione della
    dopamina sono ancora sconosciute il Parkinson
    può comparire dopo traumi alla testa, esposizione
    a sostanze tossiche nell'ambiente,
    arteriosclerosi cerebrale. In ogni caso è un
    disturbo caratterizzato dalla degenerazione e
    dalla morte dei neuroni produttori di dopamina
    quando questi neuroni scendono sotto il 30
    compaiono i primi sintomi tipici della malattia.
  • sintomi di ansia e depressione collegati alla
    malattia, sono anche degli effetti collaterali
    derivati dall'assunzione di dopamina

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  • Quanto all'ipotesi ereditaria, essa non pare
    confermata da studi su gemelli identici la
    diagnosi di Parkinson in uno dei due non aumenta
    la probabilità che l'altro fratello possa
    contrarre la malattia, quantomeno in forma
    conclamata. Studi più recenti, effettuati per
    mezzo della tomografia ad emissione di positroni,
    sembrano attribuire all'ipotesi genetica
    un'importanza maggiore. Certamente esiste una
    componente ereditaria nella predisposizione a
    sviluppare la malattia, ma solo il 10 circa dei
    malati ha un familiare affetto. La componente
    genetica sembra essere più importante nei casi ad
    esordio precoce.

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  • I pugili professionisti, a seguito dei violenti
    colpi al capo cui sono soggetti, possono
    sviluppare una sindrome di Parkinson di carattere
    progressivo (il caso di Cassius Clay ne è triste
    dimostrazione). Da non trascurare, infine,
    l'ipotesi legata all'età.
  • Altra ipotesi attribuisce un ruolo patogenetico a
    prodotti del catabolismo endogeno, che producendo
    radicali liberi, danneggerebbe le cellule della
    sostanza nera.
  • Un'ulteriore ipotesi imputa alla microglia
    (sistema immunitario cerebrale) un ruolo
    importante, dato che la substantia nigra dei
    pazienti, contiene microglia molto attiva (forse
    a causa di un aumento di citochine) e questo
    fatto aumenta la produzione di radicali liberi e
    i danni ossidativi nei neuroni.

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Come si manifesta? Quando sospettarla e recarsi
dal medico?
  • La malattia di Parkinson é caratterizzata da tre
    sintomi classici tremore, rigidità e lentezza
    dei movimenti (bradicinesia) ai quali si
    associano disturbi di equilibrio, atteggiamento
    curvo, impaccio allandatura, e molti altri
    sintomi definiti secondari perché sono meno
    specifici e non sono determinanti per porre una
    diagnosi.

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  • Allinizio i pazienti riferiscono una sensazione
    di debolezza, di impaccio nellesecuzione di
    movimenti consueti, che riescono a compiere
    stancandosi però più facilmente, in genere non si
    associa una sensazione di perdita di forza
    muscolare. Ci si accorge poi di una maggior
    difficoltà a cominciare e a portare a termine i
    movimenti alla stessa velocità di prima come se
    il braccio interessato, o la gamba, fossero
    legati, rigidi.

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  • La sensazione di essere più lenti e impacciati
    nei movimenti è forse la caratteristica per cui
    più frequentemente viene richiesto il consulto
    medico insieme allaltro sintomo principale,
    tipicamente associato a questa malattia e anche
    il più evidente il tremore. Esso è spesso fra i
    primi sintomi riferiti della malattia di solito
    è visibile alle mani, per lo più esordisce da un
    solo lato e può interessare luna o laltra mano.
    Il tremore tipico si definisce di riposo, si
    manifesta, ad esempio, quando la mano é
    abbandonata in grembo oppure é lasciata pendere
    lungo il corpo.

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  • Altri disturbi per i quali frequentemente un
    malato di Parkinson si rivolge inizialmente al
    medico possono essere alterazioni della grafia
    che diventa diversa da quella consueta e mano a
    mano che si procede nello scrivere diventa sempre
    più piccola, oppure alterazioni della voce che a
    un ascoltatore abituale, quale è un parente,
    appare cambiata e viene descritta come flebile e
    monotona inoltre lo stesso parente si può
    accorgere di una variazione dellespressione del
    volto la cosiddetta facies figee cioè un viso
    più fisso e meno espressivo. Tutti questi
    sintomi, ma in particolare il tremore, possono
    essere resi evidenti o temporaneamente aggravati
    da eventi stressanti.

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Per ricapitolare
  • Oltre alla triade di base molti altri sintomi si
    possono associare a completare un quadro molto
    variabile da paziente a paziente.
  • alterazioni posturali (correlate alla rigidità ma
    comprendenti anche perdita del controllo
    posturale con frequenti cadute)
  • disturbi soggettivi delle sensibilità
  • ridotta velocità dei movimenti oculari
  • scialorrea
  • disfunzioni vegetative
  • disturbi del sonno
  • turbe dell'affettività sono molto frequenti nei
    pazienti con malattia di Parkinson.
  • Una alterazione delle capacità cognitive è
    presente invece in circa un quinto dei pazienti,
    con caratteristiche che differenziano la demenza
    dei parkinsoniani che sembra legata ad un
    maggiore interessamento dei lobi frontali
    (compromissione visiva spaziale, alterazioni
    della fluenza verbale, etc).

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I sintomi principaliTremore
  • Oscillazione lenta (cinque-sei volte al
    secondo) con un atteggiamento, delle mani, come
    di chi conta cartamoneta. Generalmente inizia in
    una mano e dopo un tempo variabile coinvolge
    anche laltro lato possono tremare anche i
    piedi, quasi sempre in modo più evidente dal lato
    in cui é iniziata la malattia e anche labbra e
    mandibola, assai più raramente il collo e la
    testa. È presente a riposo e si riduce o scompare
    appena si esegue un movimento finalizzato, ad
    esempio sollevare un bicchiere per bere. Risente
    molto dello stato emotivo del soggetto per cui
    aumenta in condizioni di emozione, mentre si
    riduce in condizioni di tranquillità. Un altro
    tipo di tremore spesso riferito dai malati di
    Parkinson é il tremore interno questa
    sensazione é avvertita dal paziente ma non è
    visibile allesterno fa parte di una serie di
    sintomi fastidiosi, non pericolosi.

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Disturbo del cammino
  • Dapprima si nota una riduzione del movimento di
    accompagnamento delle braccia, più accentuato da
    un lato, successivamente i passi possono farsi
    più brevi, talvolta si presenta quella che viene
    chiamata festinazione, cioè il paziente piega
    il busto in avanti e tende ad accelerare il passo
    come se inseguisse il proprio baricentro. Negli
    stadi avanzati della malattia possono verificarsi
    episodi di blocco motorio improvviso (freezing,
    come un congelamento delle gambe) in cui i piedi
    del soggetto sembrano incollati al pavimento. Il
    fenomeno di solito si verifica nelle strettoie
    oppure allinizio della marcia o nei cambi di
    direzione. Questa difficoltà può essere superata
    adottando alcuni accorgimenti quali alzare le
    ginocchia come per marciare, oppure considerando
    le linee del pavimento come ostacoli da superare
    o anche con un ritmo verbale come quello che si
    utilizza durante la marcia militare.

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Lentezza dei movimenti (bradicinesia)
  • Impaccio nei movimenti che determina un
    rallentamento nellesecuzione dei gesti. Si
    evidenzia facendo compiere al soggetto dei
    movimenti di fine manualità che risultano più
    impacciati, meno ampi e più rapidamente
    esauribili per cui, con la ripetizione, diventano
    quasi impercettibili. Segno di bradicinesia sono
    anche le difficoltà nei passaggi da una posizione
    a unaltra, quali ad esempio scendere
    dallautomobile o girarsi nel letto o anche nel
    vestirsi come indossare la giacca o il cappotto.
    Conseguenza di bradicinesia é anche la ridotta
    espressività del volto dovuta a una riduzione
    della mimica spontanea che normalmente accompagna
    le variazioni di stato danimo e anche una
    modificazione della grafia che diventa piccola
    (micrografia).

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Rigidità
  • È un termine che sta ad indicare un aumento del
    tono muscolare a riposo o durante il movimento.
    Può essere presente agli arti, al collo e al
    tronco. La riduzione delloscillazione pendolare
    degli arti superiori durante il cammino é un
    segno di rigidità associata a lentezza dei
    movimenti

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Postura
  • Lalterazione della postura determina un
    atteggiamento curvo il malato si pone come
    ripiegato su se stesso per cui il tronco é
    flesso in avanti, le braccia mantenute vicino al
    tronco e piegate, le ginocchia pure mantenute
    piegate. Questo atteggiamento, dovuto al sommarsi
    di bradicinesia e rigidità, é ben correggibile
    coi farmaci. Con lavanzare della malattia si
    instaura una curvatura del collo e della schiena,
    che può diventare definitiva.

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Disturbi di equilibrio
  • Si presentano più tardivamente nel corso della
    malattia sono indubbiamente i sintomi meno
    favorevoli. Il disturbo di equilibrio é
    essenzialmente dovuto ad una riduzione dei
    riflessi di raddrizzamento per cui il soggetto
    non é più in grado di correggere spontaneamente
    eventuali squilibri, si ricerca verificando la
    capacità di correggere una spinta allindietro.
    Lincapacità a mantenere una postura eretta e a
    correggere le variazioni di equilibrio può
    provocare cadute che possono avvenire in tutte le
    direzioni anche se, più frequentemente, il
    paziente tende a cadere in avanti. Il sintomo
    risponde solo limitatamente alla terapia.

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Diagnosi
  • La diagnosi della malattia di Parkinson si basa
    essenzialmente sull'esame clinico, e a questo
    scopo è stata proposta una classificazione che
    divide la diagnosi in Possibile, Probabile e
    Certa, in modo simile a quello che accade in
    altre patologie neurologiche, come la paralisi
    sopranucleare progressiva. Questa classificazione
    mette in evidenza il fatto che la diagnosi della
    malattia di Parkinson in vivo sia solo
    presuntiva, e che la certezza la si riserva
    all'esame neuropatologico. La somiglianza clinica
    della malattia con altre forme di Parkinsonismo
    rende anche ragione del fatto che vi sia una
    percentuale di errore diagnostico del 20-25.
    D'altra parte diverse caratteristiche della
    malattia di Parkinson all'esordio sono presenti
    anche in altre condizioni

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Decorso
  • È variabile ma nella maggior parte dei casi si ha
    una lenta ed inarrestabile progressione. In base
    alla prevalenza di alcuni sintomi e segni
    piuttosto che altri si possono distinguere due
    forme di evoluzione
  • forma ipercinetica dominata dal tremore, con età
    di esordio più precoce, evoluzione meno
    invalidante e più lenta
  • forma acinetico-ipertonica dominata da rigidità
    ed acinesia, più rapidamente invalidante.

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Terapia
  • Strategie terapeutiche
  • La terapia della malattia di Parkinson è
    principalmente di tipo medico. La terapia
    tradizionale mira a risolvere la sintomatologia
    di tipo motorio (tremori, rigidità, acinesia), e
    permette una remissione dei sintomi specialmente
    a breve termine, laddove nel tempo essa non
    permette un controllo soddisfacente a causa di
    effetti collaterali importanti e di wearing off
    come nel caso della L-DOPA. Alla luce delle
    ultime scoperte scientifiche, però, i ricercatori
    e i clinici si sono accorti che questa malattia
    può essere corretta tanto meglio quanto più
    precocemente si riesce a ottenere la diagnosi, ma
    soprattutto a iniziare la terapia

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  • Terapia sintomatologica
  • Nonostante tutte le critiche e tutti i farmaci
    sperimentati per questa malattia, la levodopa
    resta il farmaco principale e più utilizzato.
    Essa va somministrata in associazione con un
    farmaco inibitore della decarbossilasi in modo da
    evitare gli effetti collaterali a livello
    sistemico.

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  • Oggi la terapia con levodopa ha reso la durata
    della vita dei pazienti solo poco inferiore a
    quella della popolazione sana. Ma la terapia ha
    molti limiti e uno dei problemi è costituito
    dalla cosiddetta "sindrome da trattamento con
    levodopa", cioè l'insieme di complicazioni e
    fenomeni clinici che insorgono nel paziente dopo
    alcuni anni di terapia
  • fenomeno del wearing-off (effetto di fine dose)
    (molto comune) con il passare del tempo la durata
    dell'effetto terapeutico della dose si riduce.
  • fluttuazioni on/off alternanza a breve distanza
    di periodi di conservata motilità con momenti di
    marcata acinesia, tremore scarsamente responsivo
    alla levodopa, senza una vera correlazione con la
    somministrazione del farmaco nella fase "on" si
    hanno movimenti involontari.
  • turbe neuropsichiatriche disturbi del sonno,
    allucinazioni notturne, soprattutto nei soggetti
    di età avanzata si può arrivare a franchi stati
    psicotici o di confusione mentale.

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  • Terapia neuroprotettiva
  • La neuroprotezione è un tipo di trattamento che
    sempre di più sta prendendo piede nella
    concezione delle patologie del SNC e il suo
    razionale nella IPD risiede nella evidenza che
    questa malattia è successiva alla perdita di
    almeno il 70 dei neuroni della SN, e che le
    ultime scoperte a livello molecolare stanno
    aiutando nella comprensione dei meccanismi
    patogenetici, e nellelaborazione di presidi
    terapeutici capaci di agire alla base del
    problema.
  • Altre categorie di farmaci sulle quali la ricerca
    sta andando avanti sono farmaci favorenti la
    funzione mitocondriale, antagonisti degli
    aminoacidi eccitatori, antibiotici,
    antinfiammatori, fattori neurotrofici.

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Terapia chirurgica
  • Anche in campo neurochirurgico la terapia si sta
    evolvendo verso forme sempre più efficaci
    attualmente la tecnica più utilizzata è la
    chirurgia stereotassica la chirurgia
    stereotassica permette di trattare punti in
    profondità nel parenchima cerebrale con
    precisione millimetrica, con laiuto di
    dispositivi radiologici. La scoperta che alcuni
    nuclei responsabili come il globo pallido e il
    nucleo subtalamico potevano essere un bersaglio
    aggredibile nella IPD, ha permesso di elaborare
    una tecnica, detta Deep Brain Stimulation (DBS),
    che permette una buona remissione clinica e una
    significativa riduzione della dipendenza da
    levodopa 5.
  • Le persone candidate a questo tipo di intervento
    sono persone anziane in stadio già avanzato di
    malattia, che presentano effetti collaterali da
    uso di levodopa già abbastanza importanti.

43
Terapia con cellule staminali
  • La scoperta che cellule staminali embrionali
    stimolate in vitro con il prodotto del gene Nurr1
    si differenziavano in cellule dopaminergiche, e
    che queste, se introdotte per via stereotassica
    nel cervello di ratti affetti da malattia di
    Parkinson ne rallentavano la progressione fino
    allarresto, ha aperto orizzonti rivoluzionari
    nel trattamento di questa malattia. Questa
    tecnica, peraltro, al momento è soltanto
    sperimentale e problemi di tipo etico e pratico
    ne limitano lutilizzo.

44
Terapia genica
  • Nel caso della malattia di Parkinson la terapia
    genica arriva dagli Stati Uniti. A metterla a
    punto è stato un team di ricercatori guidati da
    Michael Kaplitt del New York Presbyterian
    Hospital/Weill Cornell Medical Center. il virus
    con il gene viene iniettato in una zona precisa
    del cervello, il nucleo subtalamico, che regola
    il circuito motorio. Il neurotrasmettitore GABA
    "calma" i neuroni iperattivi ed è deficitario nei
    pazienti affetti da Parkinson che, di
    conseguenza, presentano disturbi motori e
    tremori. Iniettando il gene per il GABA
    all'interno del cervello, i ricercatori hanno
    tentato di stimolare la produzione del
    neurotrasmettitore per normalizzare la funzione
    del circuito motorio. La tecnica, ancora in fase
    di sperimentazione 1 (di 3) ha dato risultati
    promettenti senza effetti collaterali (se non i
    rischi di una "iniezione" nel cervello),
    dimostrandosi ragionevolmente sicura, ma è
    necessario avere cautela e continuare la
    sperimentazione con studi più ampi.
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