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I polimeri

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I polimeri I polimeri generalit La parola polimero deriva dal greco polimeres = dalle molte parti e fu introdotta per la prima volta dal chimico svedese ... – PowerPoint PPT presentation

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Title: I polimeri


1
I polimeri
2
I polimerigeneralità
  • La parola polimero deriva dal greco
  • polimeres dalle molte parti
  • e fu introdotta per la prima volta dal chimico
    svedese Berzelius nell800
  • Il tedesco Staudinger nel 1920 teorizzò
    lesistenza di sostanze ad altissimo peso
    molecolare (macromolecole) che avessero la stessa
    costituzione delle molecole semplici (monomeri)
    che le avevano originate

3
I polimeriterminologia
  • Il polimero è una sostanza formata dallunione
  • di un numero elevato di piccole molecole, i
  • monomeri, che si ripetono lungo la catena.
  • Quattro sono i termini da ricordare
  • Monomero
  • Unità monomerica
  • Unità ripetente
  • Grado di polimerizzazione

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I polimericlassificazione
  • I polimeri si dividono in
  • Naturali, identificati con nomi duso (cellulosa,
    amido, caseina,ecc.)
  • Artificiali (o semisintetici), per i quali si
    utilizza il nome duso del polimero naturale
    opportunamente modificato (acetato e nitrato di
    cellulosa, ecc.)
  • Sintetici, il cui nome è ottenuto usualmente
    premettendo il prefisso poli al nome del
    monomero o dellunità ripetente (polietilene,
    polipropilene, polistirene, cloruro di
    polivinile, ecc.). Questi polimeri vengono spesso
    identificati con sigle (PC, PE, PET, PP, PS, PVC,
    ecc.)

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I polimeriprodotti
  • I principali prodotti ottenuti dai polimeri sono
  • Materie plastiche (o resine sintetiche) suddivise
    in
  • Termoplastiche
  • Termoindurenti
  • Fibre (poliammidi, poliesteri (PET),
    poliacrilonitrile, polipropilene)
  • Elastomeri (polimeri dell1,3-butadiene,
    poliisobutene, copolimeri del butadiene con
    acrilonitrile o stirene)

6
I polimeriadditivi
  • I polimeri puri raramente possiedono quelle
    qualità tecnologiche
  • desiderate per cui bisogna aggiungere degli
    opportuni additivi che si
  • possono raggruppare nelle seguenti categorie
  • Cariche e rinforzanti (fino all80 del
    manufatto) suddivisibili in due classi
  • Materiali a struttura particellare (sabbia,
    quarzo, farina fossile, argille, mica, talco,
    vetro in granuli, gesso calcare, polveri
    metalliche, farina di legno, segatura,ecc.)
  • Materiali fibrosi (cotone e derivati, nylon,
    poliesteri, acriliche, fibre di vetro, carbonio,
    ecc.)
  • Plastificanti
  • Coloranti
  • Ritardanti della combustione
  • Antiossidanti
  • Antistatici

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I polimeristatistiche
  • La produzione mondiale di materie plastiche è
    cresciuta
  • in maniera esponenziale da 1.6 ml di tonnellate
    nel
  • 1950 a 112 nel 1997.
  • Ciò per 3 motivi
  • Crescita popolazione mondiale (da 2.5 a 6
    miliardi)
  • Sostituzione con polimeri di materie tradizionali
  • Aumento tenore di vita
  • In Italia lutilizzo delle materie plastiche
    riguarda
  • principalmente i settori
  • Imballaggi (44)
  • Edilizia (12)
  • Mobili e arredamento (5.5)
  • Auto, elettrodomestici, agricoltura, calzature

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I polimeristruttura
  • Si definisce omopolimero quello ottenuto da un
  • solo monomero (es. polietilene, polipropilene,
  • polistirene).
  • Il copolimero è invece costituito da due o più
  • monomeri esso può essere
  • Random
  • A blocchi
  • Alternato
  • Aggraffato

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I polimeristruttura
  • Dal punto di vista della forma molecolare, i
    polimeri si possono
  • classificare in
  • Lineari
  • Ramificati
  • A ramificazioni casuali
  • A stella
  • A pettine
  • Dendrimetri
  • Reticolati
  • Sia i polimeri lineari che ramificati possiedono
    una struttura a
  • molecole discrete. Per i polimeri reticolati non
    si può più parlare di
  • molecole. Se le reticolazioni non sono frequenti
    e la temperatura è
  • superiore al punto di transizione vetrosa, il
    polimero reticolato si
  • comporta come un elastomero, altrimenti sarà una
    resina
  • termoindurente.

10
I polimeristruttura isomeria configurazionaziona
le
  • La configurazione è la disposizione spaziale
    degli atomi costituenti la
  • molecola. Una molecola può presentare diverse
    configurazioni in
  • funzione degli elementi di asimmetria presenti
  • Concatenazione dei monomeri (testa-coda,
    testa-testa- coda-coda)
  • Presenza di ramificazioni
  • Atomi di carbonio asimmetrici
  • Doppi legami
  • Tra tutte le configurazioni possibili ve ne sono
    alcune che presentano
  • una regolarità, ossia una ripetitività del tipo
    di asimmetria da cui
  • derivano, lungo la catena polimerica (es. tutte
    concatenazioni testa
  • coda, atomi carbonio chirali tutti in
    configurazione R o S, configurazioni
  • dei doppi legami tutte cis o trans, ecc.).

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I polimeristruttura isomeria configurazionaziona
le
  • Natta introdusse il termine tassia per descrivere
    tale tipo di isomeria.
  • Se lisomeria deriva dalla presenza di un solo
    carbonio asimmetrico nellunità ripetente allora
    sono possibili i seguenti casi
  • Isottattico, la configurazione è sempre la stessa
    lungo la catena
  • Sindiotattico, la configurazione si presenta in
    modo alternato
  • Atattico, le configurazioni si susseguono in modo
    casuale
  • In pratica è impossibile ottenere macromolecole
    totalmente isotattiche
  • o sindotattiche e quindi si parla di percentuale
    (indice) di isotatticità o
  • sindiotatticità.
  • La stereoregolarità di un polimero gioca un ruolo
    fondamentale nel
  • determinarne le proprietà chimico-fisiche (es.
    Tfusione , viscosità del fuso,
  • grado di cristallinità) e meccaniche.
  • Ricordiamo che si definisce grado di
    cristallinità di un polimero il
  • rapporto tra la massa della porzione cristallina,
    ossia quella in cui
  • esiste una regolarità nella distribuzione
    spaziale delle macromolecole
  • del polimero, e quella totale.

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I polimeristruttura temperatura di transizione
vetrosa
  • Un solido amorfo, e tutti i polimeri in misura
    più o meno accentuata (a
  • seconda del grado di critallinità) lo sono, si
    può considerare un solido
  • sottoraffreddato in cui, a causa dellelevata
    viscosità le molecole non
  • sono in grado di disporsi in un reticolo
    ordinato.
  • I solidi amorfi non possiedono una temperatura di
    fusione ben definita
  • ma passano gradualmente dallo stato solido
    (vetroso) in cui essi sono
  • rigidi e fragili come il vetro a quello liquido.
    Nella zona di transizione
  • (stato plastico-gommoso) il polimero ha un
    comportamento intermedio
  • tra quello dei due stati.
  • Si definisce temperatura di transizione vetrosa
    Tg quella a cui inizia il
  • passaggio dallo stato vetroso a quello plastico.
    Tale temperatura non
  • corrisponde a brusche variazioni delle proprietà
    fisiche (come avviene
  • con la fusione o con la condensazione) bensì a
    piccole variazioni della
  • dipendenza dalla temperatura di parametri quali
    il volume specifico od il
  • modulo di elasticità.

13
I polimerimassa molare
  • Dal punto di vista del grado di polimerizzazione,
  • i polimeri si possono classificare in
  • Monodispersi (stesso grado di polimerizzazione
    per tutte le macromolecole
  • Polidispersi (grado di polimer. variabile)
  • Ad eccezione di alcuni biopolimeri (acidi
    nucleici) tutti i
  • polimeri sono polidispersi.

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I polimerimassa molare
  • Per i polimeri polidispersi si deve quindi
    parlare di
  • massa molare media che è determinabile in due
    modi
  • diversi
  • Massa molare media numerica Mn
  • Massa molare media ponderale Mw

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I polimerimassa molare
  • Analogamente alla massa molare, sono definibili
    il grado di
  • polimerizzazione medio numerico DPn e medio
    ponderale DPw.
  • Evidentemente tra grado di polimerizzazione medio
    e massa
  • molare media esiste la relazione
  • Dove m è la massa molare dellunità ripetente.
  • Allaumentare del DP aumentano sia la resistenza
    a trazione che
  • la durezza ma anche la viscosità del fuso e
    quindi peggiora la
  • lavorabilità del polimero.
  • Generalmente si opera in modo da avere le
    migliori caratteristiche meccaniche in relazione
    alla
  • lavorabilità della materia plastica. Tipici
    valori per la massa molare media dei polimeri
  • commerciali sono 104-105 g/mol.

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I polimerimassa molare
  • La distribuzione delle masse molari delle varie
    specie si può
  • rappresentare con diagrammi del tipo
  • Per un dato polimero la massa molare media
    numerica si ha in
  • corrispondenza del massimo della curva. A seconda
    dei sistemi
  • usati per la polimerizzazione si possono avere
    curve più o meno
  • allargate. Allallargarsi della curva aumenta la
    differenza tra massa
  • molare media ponderale e massa molare media
    numerica. Si
  • definisce quindi indice di polidispersione il
    rapporto

Frazione molecole
MnA
MnB
Massa molare
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I polimerireazioni
  • Le reazioni di polimerizzazione possono essere
  • suddivise in due grandi categorie
  • Policondensazione, in cui i monomeri reagiscono
    tra loro con formazione generalmente di piccole
    molecole (H2O, HCl, ecc.)
  • Poliaddizione, in cui monomeri (contenenti in
    genere doppi legami) polimerizzano senza
    formazione di piccole molecole

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I polimerireazioni policondensazione
  • Le reazioni di policondensazione richiedono che i
  • monomeri abbiano almeno due gruppi funzionali
  • diversi. Tra gli esempi più importanti di
    monomeri di
  • questo tipo
  • Glicoli ed acidi dicarbossilici (poliesteri)
  • Glicoli e diisocianati (poliuretani)
  • Diammine e acidi dicarbossilici (poliammidi)

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I polimerireazioni policondensazione
  • Le reazioni di policondensazione possiedono
    alcune
  • caratteristiche comuni
  • Avvengono con una successione di stadi (per lo
    più di equilibrio)
  • Quindi per aumentare il grado di conversione dei
    reagenti può essere utile allontanare
    dallambiente di reazione le piccole molecole man
    mano che si formano
  • Possono richiedere luso di un catalizzatore
  • Maggiore la conversione dei reagenti, maggiore
    sarà il grado di polimerizzazione
  • Quindi DP elevati richiedono un rapporto
    stechiometrico dei reagenti (se questi hanno lo
    stesso numero di gruppi funzionali)
  • Per controllare il DP si può utilizzare un
    rapporto reagenti non stechiometrico o
    disattivare il catalizzatore
  • Sono generalmente esotermiche
  • Quindi occorrono metodi efficienti per smaltire
    il calore di reazione

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I polimerireazioni poliaddizione
  • Le reazioni di poliaddizione possiedono a loro
    volta alcune
  • caratteristiche comuni che le differenziano dalle
    precedenti
  • Avvengono con un meccanismo a catena in cui si
    possono individuare 3 tipi diversi di reazioni
  • Reazioni di inizio (in cui si forma un portatore
    di catena, ione o radicale)
  • Reazioni di propagazione in cui si ha
    laccrescimento della molecola
  • Reazioni di arresto
  • Il monomero non scompare subito fin dallinizio
    (come nella policondensazione) ma lentamente
    lungo il decorso della reazione
  • Il grado di polimerizzazione non dipende dal
    tempo di reazione ma dal rapporto tra la velocità
    delle reazioni di propagazione e la somma delle
    velocità delle reazioni di arresto
  • Lunghi tempi di reazione permettono di aumentare
    la resa ma non influenzano la massa molare del
    prodotto

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I polimerireazioni poliaddizione
  • A seconda della natura del portatore di catena si
    hanno
  • 4 tipi di reazioni di poliaddizione
  • Radicalica
  • Cationica
  • Anionica
  • Anionica coordinata(caso particolare di
    addizione anionica in cui si utilizzano
    catalizzatori stereospecifici capaci cioè di
    orientare laddizione del monomero alla catena in
    modo da ottenere strutture altamente regolari e
    quindi polimeri dotati di elevato grado di
    cristallinità)

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I polimerireazioni poliaddizione radicalica
  • Nella poliaddizione radicalicalica le reazioni di
    inizio portano tutte
  • alla formazione di un radicale (portatore di
    catena) che, con il suo
  • elettrone spaiato, attacca il monomero provocando
    la rottura
  • omolitica del doppio legame. Tra i diversi
    sistemi per dare inizio
  • Alla catena, molto comune è luso di iniziatori
  • Perossidi (come il perossido di benzoile)
  • Diazocomposti (come lazobisisobuttirronitrile)
  • Dichetoni (come il benzoino)
  • Sistemi redox (come Sali di Fe2 ed H2O2)

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I polimerireazioni poliaddizione radicalica
  • Liniziatore attacca il monomero e dà inizio alla
    catena. Seguono le
  • reazioni di propagazione in cui il monomero si
    addiziona continuamente.
  • Dopo un congruo numero di stadi di propagazione,
    si hanno le
  • reazioni di arresto, le più comuni sono
  • Accoppiamento (R? R? ? R2)
  • Disproporzionamento (R? R? ? RH RCHCH2
  • Trasferimento, mediante opportuni agenti di
    trasferimento che possono essere (a seconda che
    la reattività del radicale formato sia inferiore,
    similare o superiore a quella del portatore di
    catena)
  • Ritardanti
  • Regolatori della massa molare
  • Acceleranti
  • Tra i polimeri ottenibili mediante poliaddizione
    radicalica ricordiamo il
  • polietilene, il polivinilcloruro, il polistirene,
    il polivinilacetato, il
  • polimetilmetacrilato, il poliacrilonitrile.

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I polimerireazioni poliaddizione cationica
  • Nella poliaddizione cationica il portatore di
    catena è un carbocatione. Di
  • conseguenza, i monomeri che polimerizzano con
    questo meccanismo
  • sono quelli che hanno sostituenti
    elettrondonatori capaci di stabilizzare la carica
    del portatore di catena (gruppi fenilici,
    vinilici, alcossi, metilici, ecc.)
  • Per iniziare la reazione si utilizzano sia acidi
    di Bronsted (H2SO4, H3PO4,
  • HClO4, ecc.) che di Lewis (AlCl3, BF3, SnCl4,
    ecc.) che però necessitano
  • di un cocatalizzatore (es. H2O).
  • Per facilitare la formazione di questi ioni è
    utile stabilizzarli mediante
  • solvatazione usando un solvente polare (ma non
    troppo altrimenti
  • disattiverebbe il catalizzatore) come, ad es.,
    idrocarburi clorurati.
  • La velocità di reazione è di alcuni ordini di
    grandezza superiore a quella
  • della poliaddizione radicalica per cui si opera
    a temperature ben al di sotto di quella ambiente
    per migliorare il controllo della reazione.
  • Questo tipo di meccanismo si verifica, ad
    esempio, per la
  • polimerizzazione dellisobutene (gomma butile) e
    per quella della
  • formaldeide (resine acetaliche).

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I polimerireazioni poliaddizione anionica
  • Nella poliaddizione anionica il portatore di
    catena è un carbanione. Di conseguenza, i
    monomeri che polimerizzano con questo meccanismo
    sono quelli che hanno sostituenti
    elettronattrattori capaci di stabilizzare la
    carica del portatore di catena (gruppi fenilici,
    vinilici, nitrile, carbossile, ecc.).
  • Il portatore di catena anionico è molto più
    stabile del cationico per cui si preferisce
    operare a T ambiente o superiore, dato che
    linfluenza della temperatura è molto minore
    rispetto alla poliaddizione cationica
  • Per iniziare la reazione si utilizzano basi
    forti, quali metalli alcalini come sodio e litio,
    metallo alchili come butil-litio, alcossidi come
    metossido ed etossido di sodio, sodio e potassio
    ammide, ecc.
  • La prima applicazione industriale della
    poliaddizione anionica è stata la
    polimerizzazione del butadiene con sodio
    metallico (IIa guerra mondiale in Germania). Le
    produzioni attuali riguardano le gomme
    stirene-butadiene (litio-alchili come
    iniziatori), le resine acetaliche, gli adesivi
    cianoacrilici come il cianoacrilato di metile
    che polimerizza istantaneamente anche con basi
    molto deboli coime lumidità presente sulle
    superfici da incollare.

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I polimerireazioni poliaddizione anionica
coordinata
  • Nella poliaddizione ionica linterazione tra il
    portatore di catena e il controione può fare in
    modo che tra gli orientamenti con cui il monomero
    si può addizionare alla catena, uno risulti più
    favorito degli altri, specie se sono presenti
    sostituenti ingrombanti sul doppio legame (es.
    metacrilati, eteri vinilici).
  • Negli anni 53-54 Ziegler e Natta, applicando
    catalizzatori a base di alluminio alchili più
    composti di metalli di transizione
    (titanio,vanadio, cobalto, cromo, ecc.) riescono
    ad ottenere il primo il polietilene lineare ed il
    secondo il polipropilene isotattico, polimero ad
    alta cristallinità dovuta alla stereoregolarità
    della sua struttura molecolare.
  • Altre applicazioni della poliaddizione anionica
    coordinata riguardano la produzione di
    polibutadiene (1,4-cistattico, 1,4-transtattico,
    1,2-isottattico e 1,2-sindiotattico)
    poliisopreene e poli1-butene.
  • Il tipico catalizzatore per la sintesi del
    polipropilene isotattico è costituito da TiCl3
    nella forma cristallina a in cui glio ioni Ti3
    sono attorniati da sei Cl- insieme ad alluminio
    alchili (es.Al(C2H5)3. Il catalizzatore è solido
    immerso nel mezzo di reazione fluido per cui si
    tratta di catalisi eterogenea.

27
I polimerireazioni termodinamica delle
poliaddizioni
  • Tutte le reazioni di poliaddizione sono
    esotermiche e decorrono con diminuzione del
    numero di moli.
  • Poiché ?Hlt0 e ?Slt0, le poliaddizioni risultano
    favorite a bassa T ed inoltre, trascurando la
    dipendenza da T di ?H e ?S, avremo
  • ?G ?H-T?Slt0 per Tlt Te?H/?S
  • La Te limite alla quale ?G0 viene chiamata
    temperatura limite di polimerizzazione ed è
    caratteristica di ogni polimero. Per TgtTe la
    polimerizzazione non è più favorita ed il
    polimero può depolimerizzare.
  • Nelle polimerizzazioni è notevole anche leffetto
    della pressione. Poiché la variazione di volume è
    generalmente negativa, un aumento di pressione
    favorisce la reazione, specie se si parte da
    monomeri gassosi. In alcuni processi si opera
    anche a pressioni di migliaia di bar. In questi
    casi si ha un effetto favorevole sia sulla
    termodinamica che sulla cinetica della reazione.

28
I polimeritecniche di polimerizzazione
  • Le reazioni di polimerizzazione si possono
    condurre in modi diversi a seconda del tipo di
    reazione delle caratteristiche desiderate del
    polimero.
  • I problemi più comuni nella conduzione delle
    reazioni sono
  • la esotermicità (specialmente nelle
    poliaddizioni)
  • la viscosità del polimero (che può divenire
    elevata in relazione alla concentrazione ed al
    grado di polimerizzazione)

29
I polimeritecniche di polimerizzazione
  • Il controllo della temperatura nel reattore è il
    parametro critico di tutti i
  • processi di polimerizzazione.
  • Si ricordi infatti che, per avere alte
    produzioni, occorre lavorare con
  • reattori di grande volume e che la quantità
    oraria di calore sviluppata
  • nel processo è data da
  • Dove Q è la potenza termica generata, r la
    velocità di reazione, V il
  • volume del reattore e ?HR il calore di reazione.
  • Daltra parte il calore smaltito è dato da
  • Il termine di generazione è quindi proporzionale
    al volume del reattore
  • mentre quello di consumo alla superficie di
    questo.
  • Ricordiamo ,per concludere, che il rapporto A / V
    diviene sempre più
  • piccolo (e quindi sfavorevole al controllo della
    T) allaumentare del
  • volume.

30
I polimeritecniche di polimerizzazione
  • Le tecniche di polimerizzazione sono diverse e
  • possono così essere classificate
  • Polimerizzazione in massa
  • Polimerizzazione in soluzione
  • Polimerizzazione in sospensione
  • Polimerizzazione in emulsione
  • Polimerizzazione interfacciale
  • Polimerizzazione con precipitazione
  • Polimerizzazione da monomeri gassosi

31
I polimeritecniche di polimerizzazione
  • La polimerizzazione in massa si verifica quando
    il polimero è solubile
  • nel suo monomero e non vi è aggiunta di altre
    sostanze nel reattore.
  • Non può essere adoperata nel caso di reazioni
    fortemente esotermiche (poliaddizioni) per la
    difficoltà di controllare la temperatura nel
    reattore. Nel caso invece delle
    policondensazioni, reazioni solo moderatamente
    esotermiche, la presenza di composti a basso peso
    molecolare può consentire (tramite la loro
    evaporazione controllata) di abbassare la
    quantità di calore svolta.
  • Comunque esistono esempi si reazioni di
    poliaddizione condotte con questa tecnica
    (plexiglas o polimetilmetacrilato) e polistirene
    cristallo) in cui è necessario ottenere un
    prodotto finale esente da inquinanti. In tal
    caso si utizzano reattori a camicia privi di
    agitatore (data lalta viscosità) in cui la massa
    reagente si muove per gravità dallalto verso il
    basso. Data la difficoltà del controllo della
    temperatura non si può impedire che la velocità
    di reazione sia diversa da zona a zona nel
    reattore per cui il prodotto finale sarà
    caratterizzato da un alto indice di
    polidispersone.

32
I polimeritecniche di polimerizzazione
  • Nella polimerizzazione in soluzione al reagente
    si addiziona un
  • solvente in cui sia il monomero che il polimero
    siano solubili.
  • Laggiunta del solvente permette di controllare
    meglio il calore di reazione nonché di abbassare
    la viscosità della massa (fattore che consente di
    migliorare il coefficiente di scambio termico.
  • E la tecnica migliore quando il solvente dovrà
    poi partecipare a successive reazioni col
    polimero formatosi (tipico caso la
    polimerizzazione dellacetato di polivinile in
    alcol metilico cui segue lalcolisi dellacetato
    in alcol polivinilico) .
  • Altri esempi sono la polimerizzazione dello
    stirene in etilbenzene e quella dello stirene con
    butabiene (polistirene antiurto) in cui il
    copolimeo butadiene funge anche da solvente.

33
I polimeritecniche di polimerizzazione
  • Nela polimerizzazione in sospensione il monomero
    è disperso
  • allinterno di un liquido in cui non è solubile.
    Per impedire la
  • separazione delle fasi, alla sospensione si
    aggiungono degli
  • stabilizzanti.
  • Gli iniziatori di catena, anchessi insolubili
    nel non-solvente adoperato,
  • sono presenti allinterno delle gocce di monomero
    che si comportano,
  • a tutti gli effetti, come dei reattori di elevato
    rapporto A / V con tutti i
  • vantaggi relativi al controllo della temperatura.
  • Il prodotto finale (polimero) si otterrà quindi
    in granuli che non avranno
  • bisogno di ulteriori lavorazioni prima della
    formatura finale del
  • manufatto.
  • E la tecnica più utilizzata nella produzione del
    PVC, ma si adopera
  • anche per la sintesi del poliacrilonitrile, del
    polimetilmetacrilato, del
  • polistirene nonché del polistirene espandibile,
    ottenuto questultimo
  • aggiungendo al monomero pentano che resta
    inglobato nei granuli di
  • polimero e che, nel riscaldamento durante la
    formatura evaporerà
  • facendoli espandere anche di 30-50 volte
    (polistirolo espanso)

34
I polimeritecniche di polimerizzazione
  • La polimerizzazione interfacciale si utilizza
    nelle policondensazioni
  • in cui i monomeri siano solubili in solventi
    immiscibili tra loro. La
  • reazione quindi avviene allinterfaccia di
    separazione delle due fasi.
  • Per essere utilizzata richiede però una elevata
    velocità di reazione
  • cosa che si verifica solo con alcuni tipi di
    monomeri (cloruri degli acidi
  • con diammine o glicoli).
  • E la tecnica più utilizzata nella sintesi dei
    policarbonati.

35
I polimeritecniche di polimerizzazione
  • La polimerizzazione con precipitazione del
    polimero si verifica
  • allorquando il polimero è insolubile nel monomero
    (liquido nelle
  • condizioni di reazione) o nel monomero
    addizionato di un opportuno
  • solvente (qualora sia desiderabile la presenza
    del solvente perché il
  • polimero è solubile nel monomero o per
    controllare il calore di
  • reazione ecc.).
  • E quindi un caso particolare della
    polimerizzazione in massa o in
  • soluzione.
  • Lapplicazione più importante di questa tecnica è
    costituita da
  • Spheripol per la produzione di polipropilene da
    propilene liquido. Il
  • polimero si forma sulle particelle di
    catalizzatore solido introdotte nella
  • massa di propilene, ottenendosi così un prodotto
    in granuli facilmente
  • separabile dal monomero non reagito.

36
I polimeritecniche di polimerizzazione
  • Nella polimerizzazione da monomeri gassosi , il
    polimero allo stato
  • solido si forma direttamente dal monomero che si
    trova in fase gas.
  • E una tecnica adottata prevalentemente per la
    sintesi del polietilene
  • utilizzando reattori a letto fluido nei quali si
    introduce una corrente di
  • reagente gas che mantiene in sospensione i
    granuli di catalizzatore
  • (Ziegler-Natta o di altro tipo) sui quali andrà a
    depositarsi il polimero
  • durante la reazione di accrescimento.
  • Oltre che il polietilene, i reattori a letto
    fluido si utilizzano anche per i
  • propilene e per i copolimeri etilene-propilene.

37
I polimeritecniche di lavorazione materie
plastiche
  • Le varie tecnologie di lavorazione si
    differenziano principalmente per
  • la fase di formatura del pezzo, fase che deve
    tener conto sia delle
  • caratteristiche del materiale (termoplastico,
    termoindurente) sia di
  • quelle del pezzo che si vuole produrre (film,
    lastre, corpi pieni, corpi
  • cavi, fibre, elastomeri, ecc.). Esse possono così
    essere classificate
  • compressione
  • stampaggio
  • A iniezione
  • A iniezione con reazione
  • A soffiaggio
  • rotazionale
  • estrusione
  • termoformatura
  • calandratura
  • colata

38
I polimeritecniche di lavorazione fibre
  • Le operazioni essenziali per trasformare un
    polimero in fibra sono
  • Filatura, con la quale il polimero viene fatto
    passare attraverso una filiera (piastra metallica
    munita di fori) attraverso cui viene estruso. Si
    ottengono così dei monofilamenti continui che, a
    seconda del diametro e del tipo di prodotto
    desiderato, possono essere mantenuti separati o
    uniti in un unico filo. La filatura può avvenire
  • Per fusione
  • A secco
  • A umido
  • Stiro, operazione con cui si allunga il filo di
    circa 3-5 volte la lunghezza originaria. Le
    molecole così si orientano nella direzione di
    stiro e aumenta notevolmente la cristallinità del
    polimero.

39
I polimeritecniche di lavorazione elastomeri
  • Gli elastomeri sono preparati da particolari
    polimeri caratterizzati da
  • Una temperatura di transizione vetrosa molto
    bassa (e comunque ben
  • inferiore a quella duso del polimero). La serie
    di lavorazioni cui
  • bisogna sottoporre il materiale si possono così
    sintetizzare
  • Mescolatura (per ottenere una massa plastica)
  • Incorporazione delle cariche (nerofumo, caolino,
    silice, ecc.)
  • Preparazione della mescola con aggiunta di
    vulcanizzanti, acceleranti, ecc.
  • Formatura del manufatto per stampaggio o
    estrusione
  • Vulcanizzazione per riscaldamento con conseguente
  • reticolazione che impartisce al manufatto
    stabilità dimensionale e resistenza ai solventi
  • Il tipico agente di vulcanizzazione è lo zolfo
    (0.5-5) insieme ad altre
  • Sostanze quali ZnO e acceleranti per abbreviare i
    tempi e ritardanti
  • per non far iniziare prematuramente la reazione
    che porta alla
  • formazione di ponti disolfuro fra le catene.

40
I polimeripoliolefine
  • Le poliolefine sono i polimeri più diffusi (circa
    40 della
  • produzione mondiale) questo perché
  • Derivano da materie prime a basso costo e di
    facile reperibilità
  • Sono prodotte con processi poco costosi (sia dal
    punto di vista impiantistico che energetico) ed a
    basso impatto ambientale
  • Posseggono una grande variabilità di
    caratteristiche (in funzione del tipo di processo
    produttivo adottato) e quindi una grande
    versatilità di applicazioni
  • Sono assolutamente atossiche e possono essere
    facilmente riciclate o smaltite

41
I polimeripolietilene
  • Il polietilene, malgrado la semplicità della sua
    struttura, è un materiale
  • molto complesso in quanto si presenta in una
    varietà di forme (con
  • caratteristiche molto diverse) classificabili in
    base alla loro densità
  • HDPE (polietile ad alta densità (? gt 0.941)
  • MDPE (polietilene a media densità 0.926lt?lt0.940)
  • LDPE (polietilene a bassa densità 0.910lt?lt0.940)
  • VLDPE (polietilene a bassisima densità
    0.880lt?lt0.915)
  • Lappartenenza ad una delle classi indicate è
    legata alla maggiore o
  • minore presenza nella macromolecola di
    ramificazioni (catene laterali)
  • Esistono altre classi legate, oltre che al numero
    di ramificazioni, al
  • grado di polimerizzazione
  • UHMWPE (polietilene ad altissimo peso molecolare
    PMgt106 g/mol, 0.930lt?lt0.935)
  • Oppure legate sia al grado di polimerizzazione
    che alla lunghezza
  • delle catene laterali
  • LLDPE (polietilene lineare a bassa densità, con
    catene laterali corte ed basso IP, 0.915lt?lt0.925)

42
I polimeripolietilene
  • Storicamente la produzione del polietilene si è
    evoluta con
  • processi
  • Senza catalizzatore, ad altissima pressione
    (600-3500 bar) e ad alta temperatura (200-300 C)
    che sfruttavano un meccanismo di addizione
    radicalico. Il prodotto ottenuto era amorfo, a
    bassa densità ed altamente ramificato (con
    ramificazioni complesse e regolari lungo la
    catena principale)
  • Con catalizzatori Phillips (a base di ossidi di
    Cromo) che lavoravano a pressioni moderate (30-40
    bar) e temperature più basse (70-100 C)
  • Con catalizzatori Ziegler (a base di alogenuri di
    Titanio) che hanno permesso di ottenere
    polietilene a pressioni prossime a quella
    ambiente (5-10 bar) e temperature ancora più
    basse (50-100 C)

43
I polimeripolietilene
  • Oggi il polietilene viene prodotto mediante
    processi
  • Ad alta pressione (LDPE)
  • Processo con autoclave o CSTR (ICI)
  • Processo con reattore tubolare o PFR (BASF)
  • In sospensione (slurry)
  • Con catalizatori Ziegler (HDPE, MDPE)
  • Con catalizzatori Phillips (HDPE, LLDPE)
  • A letto fluido (HDPE, LLDPE)
  • Processo Unipol (Union Carbide)
  • Processo Spherilene (Montedison)
  • In soluzione (LLDPE)

44
I polimeripolietilene processi ad alta pressione
  • Processi senza catalizzatore per produzione di
    LDPE e copolimeri con
  • acetato di vinile e acrilato di metile o butile.
  • Processo ICI allautoclave
  • Volume utile del reattore 1-1.5 m3 (L/D
    41-181)
  • Pressione di esercizio 1500-2500 bar
  • Temperatura T350 C
  • Controllo della T mediante quench con etilene
    freddo
  • Resa di conversione per passaggio ? 9-22 in
    base al ?T adiabatico adottato
  • Tempo di permanenza 30-60 sec
  • Processo BASF con reattore tubolare
  • Tubo incamiciato (L1800 m, D 30-60 mm)
  • Pressione 2000-4000 bar
  • Temperatura T350 C
  • Resa di conversione ? 25-40
  • Tempo di permanenza 30-120 sec
  • Nelle condizioni di reazione il polietilene è
    fuso mentre letilene è gassoso.
  • Alluscita dal reattore il polimero viene
    separato dalletilene non reagito,
  • estruso e pellettizzato.

45
I polimeripolietilene processi in sospensione
  • Processo con catalizzatori Ziegler
  • Autoclavi, singole od in serie, agitate ed
    incamiciate
  • Esano come diluente
  • Pressione di esercizio 5-.10 bar
  • Temperatura T 80-90 C
  • Concentrazione di polimero nella sospensione
    15-45 in massa
  • Tempo di permanenza 2-3 h
  • Controllo del grado di polimerizzazione mediante
    aggiunta di idrogeno
  • Il catalizzatore viene preparato in continuo
    aggiungendo al diluente cloruro di Titanio e
    lalluminio alchile prima dellintroduzione
    delletilene
  • Processo con catalizzatori Phillips
  • Tubo incamiciato ad anello ripiegato
  • Velocità di circolazione (mediante girante) 5-12
    m/s
  • Pressione 30-45 bar
  • Temperatura T 60-110 C
  • Concentrazione del polimero 20-25 (60 nel
    tratto di uscita)
  • Tempo di permanenza 1.5-3 h
  • Resa di conversione ? 96
  • Possibiità, utilizzando come comonomeri
    a-olefine, di produrre LLDPE

46
I polimeripolietilene processi a letto fluido
  • Si utilizzano catalizzatori suportati, sia di
    tipo Ziegler che ai
  • metalloceni. Condizioni operative
  • Pressione 7-25 bar
  • Temperatura 70-100 C (poiché si opera a T
    prossime a quella di fusione del polimero occorre
    un accurato controllo della temperatura nel
    reattore per evitare agglomerazioni)
  • Tempo di permanenza 2-4 h
  • Resa per passaggio ? 2
  • Utilizzo di eccesso di etilene (rispetto alla
    quantità di catalizzatore adoperato) per
    controllare la T nel reattore
  • Utilizzo, insieme alletilene, di un eventuale
    comonomero idrogeno

47
I polimeripolietilene processi in soluzione
  • Si opera in autoclavi agitate con
  • Idrocarburi saturi C6-C10 come solvente
  • Pressioni di 20-200 bar
  • Temperatura 130-300 C (il polietilene è solubile
    nel solvente a Tgt120 C)
  • Concentrazione di polietilene 9-25 in massa
  • Resa per passaggio ? gt 90
  • Tempo di permanenza t lt 10 min
  • Anche se possono produrre HDPE, questi processi
    sono
  • utilizzati principalmente per ottenere LLDPE

48
I polimeripolipropilene la materia prima
  • La materia prima, il propilene, si ottiene
    insieme alletilene
  • dal processo di steam cracking ma quote
    significative si
  • recuperano anche dai gas di cracking sia termico
    che
  • catalitico. Il propilene può essere prodotto
    anche per
  • deidrogenazione del propano e per reazioni di
    metatesi tra
  • etilene e buteni lineari

49
I polimeripolipropilene il catalizzatore
  • Col primo tipo di catalizzatore, a base di TiCl3,
    solo una piccola
  • frazione degli atomi di titanio agiva da centri
    attivi, inoltre poiché il
  • catalizzatore resta inglobato nel polimero, esso
    si consuma e deve
  • essere continuamente rinnovato (quindi la bassa
    attività determinava
  • alti costi di produzione).
  • Si è successivamente passati a catalizzatori che
    utilizzano MgCl2
  • come supporto, attivato da sostanze elettron
    donatori come gli esteri
  • (benzoati). Tale supporto è in grado (avendo una
    struttura cristallina
  • simile) di legare bene i composti del titanio
    (TiCl4 con Al(C2H5)3)
  • permettendo a tutti gli atomi di titanio dispersi
    di fungere da centri
  • attivi.
  • Ricerche successive hanno portato ad utilizzare
    attivatori elettron
  • donatori migliori (eteri) e a controllare la
    granulometria e la porosità
  • delle sferette di catalizzatore. I catalizzatori
    di ultima generazione
  • permettono di modulare alcuni parametri
    indipendentemente dagli altri,
  • in particolare lindice di isotatticità, la
    massa molare media, la
  • granulometria.

50
I polimeripolipropilene il processo
  • I primi processi utilizzavano la tecnica in
    sospensione (slurry) con
  • limpiego di un opportuno solvente idrocarburico.
  • Lutilizzo di solventi implica però due
    limitazioni nella tecnologia
  • produttiva
  • Elevati volumi di reazione insieme a ridotta
    flessibilità operativa (ossia possibilità di far
    marciare limpianto a diversi volumi di
    produzione)
  • Impossibilità di produrre copolimeri a causa
    della solubilità delle fasi non cristalline che
    fa si che il granulo di polimero si impregni di
    solvente e risulti appiccicoso con difficoltà di
    movimentazione.
  • Leliminazione del solvente dal processo
    produttivo è stata resa
  • possibile utilizzando il monomero quale mezzo di
    reazione allo stato
  • liquido oppure allo stato gassoso (reattori a
    letto fluido).

51
I polimeripolipropilene il processo
  • La polimerizzazione da monomero in fase liquida
    comporta una serie
  • di vantaggi
  • Alta velocità di reazione dovuta allelevata
    concentrazione di monomero
  • Elevato coefficiente di scambio termico (sia tra
    granulo in crescita e monomero che tra liquido
    reagente interno e liquido refrigerante esterno
    al reattore)
  • Catalizzatore distribuito in maniera uniforme e
    ridotti consumi energetici per lagitazione,
    rispetto al letto fluido
  • Di contro operare in monomero liquido comporta
    una serie di svantaggi tra cui
  • Impossibilità di ottenere copolimeri eterofasici
    (costituiti da una matrice omopolimerica di
    polipropilene cristallino in cui sono disperse
    inclusioni di una fase elastomerica costituita
    dal copolimero a blocchi) a causa della
    solubilità dei monomeri liquidi nella fase
    elastomerica
  • Il monomero residuo deve essere separato dal
    polimero mediante evaporazione seguita da
    condensazione per il suo riciclo
  • Maggiori misure di sicurezza per lelevata
    infiammabilità del propilene

52
I polimeripolipropilene il processo
  • Il processo Spheripol permette di produrre sia
    lomopolimero che il copolimero
  • random etilene-propilene.
  • Esso utilizza un particolare reattore tubolare
    incamiciato ad anello in cui si fa
  • circolare ad alta velocità la sospensione di
    catalizzatore nel monomero liquido.
  • Si opera ad alte concentrazioni di polimero (fino
    al 60 in massa) ottenendo
  • elevate produttività specifiche, oltre 400 kg
    polimero/hm3.
  • Il catalizzatore, il propilene e elidrogeno (che
    ha funzione di controllo della
  • massa molare) sono alimentati al reattore
    tubolare che opera a 30-35 bar e
  • 60-70 C.
  • La sospensione di polimero e monomero non reagito
    viene riscaldata ed
  • espansa in un ciclone che lavora a 15-18 bar. Qui
    il monomero evapora e si
  • separa dal polimero, verrà quindi raffreddato,
    condensato e riciclato al
  • reattore.
  • Il polimero uscente viene trattato con vapor
    dacqua per disattivare il
  • catalizzatore e stripparlo del monomero ancora
    presente ed esce dallimpianto
  • con una forma sufficientemente sferica ed una
    granulometria regolare che lo
  • rendono idoneo cocì comè alle successive
    lavorazioni.

53
I polimeripolipropilene il processo
  • Oltre alla maggiore semplicità ed economicità
    rispetto ai
  • processi tradizionali, il processo Spheripol ha
    il vantaggio
  • di poter produrre (grazie allutilizzo di
    catalizzatori diversi)
  • nello stesso impianto polimeri diversi le cui
    caratteristiche
  • (dimensioni, indice di isotatticità, indice di
    polidispersione,
  • punto di fusione, ecc.) possono variare entro
    intervalli
  • piuttosto ampi.
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