Title: Tossicologia Occupazionale e Ambientale
1Tossicologia Occupazionale e Ambientale
2La Tossicologia Occupazionale e Ambientale studia
l'esposizione ad agenti chimici (non fisici)
derivanti dalle lavorazioni industriali ed
agricole della popolazione lavorativa e nella
popolazione generale.
3A differenza dell'Igiene Industriale, non misura
la concentrazione di inquinanti a cui il soggetto
è esposto, bensì stima la quantità di tossico/i
che è entrata nell'organismo tramite il dosaggio
dell'inquinante e/o di un suo prodotto di
biotrasformazione (metabolita) nel sangue
nell'urina più raramente, in altra matrice
biologica
4La Tossicologia Occupazionale e Ambientale è il
necessario complemento dell'Igiene Industriale
per la valutazione quantitativa dell'esposizione
individuale ad un agente chimico.
5Tossicologia Occupazionale e Ambientale
Effettua la valutazione dellesposizione a
sostanze tossiche di natura chimica dei
lavoratori e delle popolazioni generali mediante
la determinazione delle sostanze tossiche stesse
e dei loro metaboliti nel sangue, nellurina, nei
capelli, nellaria espirata, nellacqua, alimenti
nonché leventuale comparsa di alterazioni
biologiche precoci correlate. In tal modo vengono
fornite informazioni sulle quantità di sostanze
tossiche effettivamente assorbite dai soggetti
esposti attraverso tutte le possibili vie
(respiratoria, cutanea, orale).
6Prima di entrare nello specifico è necessario
richiamare brevemente alcune definizioni e
concetti-chiave Dose, Esposizione,
Concentrazione, Rischio.
7Un primo punto riguarda il rapporto tra dose ed
esposizione. È noto infatti che la dose
necessaria per determinare un dato effetto
tossico dipende da vari fattori, tra cui modalitÃ
di esposizione, assorbimento, distribuzione,
metabolismo ed eliminazione del composto in
causa. Inoltre, è importante tener presente che
esistono diversi tipi di dose, ciascuno con
diverso significato tossicologico dose esterna,
dose inalata, dose ssorbita, dose al bersaglio,
dose eliminata, dose accumulata, ecc. Come pure
esistono diverse vie di esposizione inalatoria,
per ingestione, cutanea, ecc. È necessario
quindi, ogniqualvolta si parli di dose, definire
esattamente il contesto in cui si opera e la
matrice ambientale o biologica cui ci si riferisce
8Una seconda importante puntualizzazione semantica
va fatta per quanto concerne il rapporto tra
dose e concentrazione, due termini spesso
usati come intercambiabili, ma in realtà di
significato diverso e con unità di misura
distinte. Da un punto di vista tossicologico, il
concetto di dose va oltre quello di
concentrazione esterna in quanto presuppone
lassorbimento dellagente/composto e quindi,
implicitamente, la sua interazione con
lorganismo, a differenza della concentrazione
che si limita alla misura della quantitÃ
dellagente in una specifica matrice o solvente,
in genere laria.
9La stima della dose al bersaglio (che è quella
più direttamente correlata alleffetto)
presuppone poi la conoscenza delle modalità di
esposizione e della tossicocinetica del composto,
ciò che non sempre è dato conoscere. Un problema
pratico che ne risulta in termini di valutazione
del rischio è il fatto che gli effetti dipendono
dalla dose, mentre i limiti di esposizione sono
espressi generalmente in concentrazioni. In altre
parole, è sì vero che lesposizione ad una
concentrazione, ad esempio nellaria, determina
una dose al bersaglio la quale a sua volta
produce leffetto biologico non è detto però che
soggetti esposti alla stessa concentrazione
abbiano la stessa dose al bersaglio.
10Il terzo concetto riguarda il significato da dare
al termine rischio per la salute (tralasciamo
per semplicità di discutere il rischio per la
sicurezza). Il rischio dunque può essere
definito come possibilità o, meglio, probabilitÃ
che in un certo individuo o gruppo di individui
si verifichi un effetto avverso a seguito
dellesposizione ad una determinata
(concentrazione di) sostanza. Tale definizione
corrisponde allequazione fondamentale
seguente RISCHIO f (FATTORE DI
RISCHIO, ESPOSIZIONE,
SUSCETTIBILITA) È importante notare che in
questa equazione lesposizione rappresenta solo
una delle tre variabili in giuoco e che non è
quindi corretto valutare ed esprimere il
rischio solo in funzione dellesposizione
(ovvero della dose/concentrazione esterna).
11Dose-effetto, dose-risposta e dose-soglia
- La relazione tra dose da un lato ed effetto o
risposta dallaltro rappresenta il principio
fondamentale che sta alla base della valutazione
degli effetti tossici in generale e di quelli da
composti chimici in particolare. - Originariamente mutuato dalla farmacologia, il
concetto ha poi assunto contenuti e metodi
specifici in ambito tossicologico. - La relazione può essere considerata da due
prospettive diverse, quella clinica e quella
epidemiologico-sperimentale, ed avere quindi
significato diverso, ovvero - il comparire o laumentare di un determinato
effetto in un singolo individuo o gruppo di
individui allaumentare della dose (dose-effetto) - b) laumentare della percentuale di individui che
manifestano un (pre)determinato effetto
allaumentare della dose (dose-risposta).
12- Perché la relazione dose-risposta possa
dunque essere utilizzata quantitativamente nella
valutazione del rischio, è necessario che si
verifichino o, quanto meno, si deve presumere che
si verifichino le seguenti principali condizioni
di base - leffetto è sicuramente dovuto allesposizione al
composto chimico in questione (rapporto di
causalità ), - leffetto è secondario allinterazione del
composto con una specifica struttura o funzione
biologica (tessuto- od organo-bersaglio), - 3. lentità delleffetto è proporzionale alla
concentrazione di composto, o di un suo
metabolita, nellorgano bersaglio (dose al
bersaglio), - 4) la dose al bersaglio è proporzionale
allesposizione, - 5. luomo è considerato essere la specie animale
più sensibile, - 6) è possibile estrapolare alle basse dosi
leffetto osservato alle alte dosi
(estrapolazione tra dosi). - Solo qualora tutte le condizioni
sopraesposte si verifichino, è lecito utilizzare
il rapporto dose-risposta a fini preventivi,
valutandone in modo più approfondito sia gli
aspetti qualitativi che quelli quantitativi.
13Dal punto di vista qualitativo, la curva
dose-risposta mostra, in genere, una tipica
distribuzione normale, o gaussiana, in cui alcuni
individui manifestano leffetto a dosi
sensibilmente più basse (individui
ipersuscettibili) ed altri a dosi più alte
(individui resistenti) che non la maggioranza
della popolazione. Altre caratteristiche
importanti dellandamento della curva,
soprattutto alle dosi più basse, sono la pendenza
e la forma. Ne consegue che allandamento della
curva dose-risposta alle alte dosi (quelle in
grado di determinare effetti osservabili) è
possibile stimare il numero di individui che
potrebbero manifestare leffetto a seguito
dellesposizione ad una dose più bassa. Come
pure, viceversa, calcolare la dose cui
corrisponde una (pre)determinata percentuale di
soggetti affetti.
14Un terzo concetto fondamentale in tossicologia
occupazionale è quello della dose-soglia. Dal
punto di vista della tossicodinamica si può
definire dose-soglia quella minima in grado,
reagendo a livello di un recettore, di causare un
effetto lesivo (adverse) in base a due criteri o
la minima quantità di agente che determina un
effetto avverso misurabile (Low Observed Adverse
Effect Level o LOAEL) o, viceversa, quella
massima che non determina un effetto avverso
osservabile (No Observed Adverse Effect Level o
NOAEL). Analogamente, in medicina del lavoro si
può pensare alla dose-soglia come alla minima
dose assorbita, o la minima concentrazione nel
sangue o la minima dose allorgano bersaglio, a
cui si osserva un effetto avverso in una
percentuale predefinita di lavoratori (o,
viceversa, alla più alta che non determina alcun
effetto).
15Su questi pochi fondamentali concetti si basano
essenzialmente tutte le metodologie, alcune delle
quali peraltro assai complesse, oggi usate per la
stima del rischio chimico ambientale e
occupazionale. Tra queste citiamo il modello
PBPK (physiologically based pharmacokinetic
model), il Benchmark Dose (BMD) e quelli per la
valutazione del rischio cancerogeno o di altri
rischi specifici. Tutti questi modelli
presentano tuttavia gravi limiti. Una difficoltÃ
consiste ad esempio nellimpossibilità di
verificare la correttezza del modello utilizzato
per lestrapolazione della probabilità dalle alte
alle basse dosi. Unaltra difficoltà consiste
nellincertezza della forma e/o andamento della
curva dose-risposta alle basse dosi. Ne deriva
che unapplicazione acritica ed eccessivamente
tecnicistica di questi modelli può portare ad una
sovra- o sottostima del rischio.
16In questo contesto il contributo del medico del
lavoro può dimostrarsi fondamentale per
migliorare la valutazione del rischio attraverso
le sue conoscenze delle relazioni dose-effetto e
dose-risposta per le diverse sostanze
17Ciò può essere meglio compreso utilizzando il
piombo come esempio
Le principali conoscenze/evidenze che dovrebbero
essere tenute presenti nella scelta delle
strategie preventive e nella gestione del rischio
da piombo (ed in particolare la sua massima
espressione, ovvero la determinazione del
valore limite) sono i seguenti a) La diversa
suscettibilità degli enzimi coinvolti nella
sintesi delleme allinibizione da piombo
che avviene secondo meccanismi dose-dipendenti,
per cui è possibile identificare i valori di
piombemia al di sotto dei quali tali
effetti non sono osservabili lanemia inizia
per valori di PbB a 50 ug/dl la ZPP si eleva
per valori di PbB gt 30-35 ug/dl le
coproporfirine per valori gt 40 ug/dl lALA-U
per PbB gtdi 35-40 ug/dl lALA deidratasi per
valori molto più bassi, cioè gt 10 ug/dl.
18b) Gli effetti subclinici dovuti al blocco da
parte del Pb degli enzimi contenenti eme ed
implicati ad esempio nel metabolismo del calcio,
di aminoacidi e proteine, soprattutto a livello
del SNC. Tali effetti possono manifestarsi per
valori di piombemia inferiori a 40 ug/dl, anche
se per questi livelli non sono osservabili
effetti avversi . c) La maggiore frequenza di
disturbi a carico di SNP e SNC per livelli di
esposizione che variano tra i 30 ed i 70 ug/dl di
piombemia ma senza una precisa relazione
dose-effetto al di sotto dei 50 µg/10 ml. d) Gli
effetti sulla riproduzione per lo più qualitativi
e, anche per essi, senza precise relazioni
dose-risposta effetti del piombo sulla
riproduzione nelluomo non sono stati osservati
per valori di piombemia inferiori a 40ug/dl.
19e) Gli effetti cardiovascolari e sulla pressione
arteriosa sebbene la questione se esista una
vera e propria cardiopatia indotta da esposizione
lavorativa a piombo sia ancora dibattuta,
numerose evidenze mostrano un aumento della
pressione arteriosa stimato attorno a 1-5 mm Hg
per ogni raddoppio della piombemia. Inoltre,
alcuni studi longitudinali mostrano una
significativa correlazione fra i livelli di PbB e
pressione arteriosa (sia considerando la
pressione sistolica che la diastolica) in
casistiche di soggetti appartenenti alla
popolazione generale senza che sia chiaramente
individuabile una dose-soglia.
20Effetti con soglia ed effetti senza soglia
Tutti i modelli di valutazione della relazione
dose-risposta possono essere ricondotti
sostanzialmente a due sole categorie A- quelli
in cui è dimostrabile una dose al di sotto della
quale non è osservabile alcun effetto
(dose-soglia) B - quelli in cui tale soglia non è
dimostrabile. I due modelli corrispondono in
generale a due diversi meccanismi di tossicità ,
luno di tipo deterministico, come ad esempio la
neuro-, o la nefro- o la epatotossicità di
metalli o solventi, laltro di tipo stocastico,
come lazione dei cancerogeni genotossici.
21La distinzione tra modelli di dose-risposta con e
quelli senza soglia sta alla base delle due
diverse metodologie normalmente usate per
calcolare i valori limite di esposizione agli
agenti chimici nei luoghi di lavoro e di vita. Il
primo metodo è basato sulla determinazione del
livello di non-effetto-avverso e la riduzione di
questultimo in base a determinati fattori di
sicurezza. Il secondo metodo si basa sulla
determinazione della dose virtualmente sicura,
ovvero la dose di composto alla cui esposizione
per tutta la vita corrisponde una probabilità che
si verifichi leffetto avverso così bassa da
doversi considerare trascurabile (rischio
irrilevante).
22Nel primo caso (effetto con soglia), una volta
individuato, epidemiologicamente o
sperimentalmente, il NOAEL (ovvero la più alta
dose che non determina effetti avversi nelluomo
o nellanimale), da tale valore viene calcolato
il valore limite, dividendo il NOAEL stesso per
dei fattori di sicurezza che tengono conto
dellincertezza complessiva dei metodi adottati,
inclusa la statistica, della gravitÃ
delleffetto, del livello di protezione che si
vuole raggiungere ed altri ancora. Nel secondo
caso (effetto senza soglia) si presume che anche
le basse dosi possano determinare un effetto, per
quanto piccolo. Qui il processo adottato è in
qualche modo inverso si parte dal rischio per
arrivare alla dose. È necessario cioè dapprima
stabilire il livello di protezione che si vuole
raggiungere, ovvero il livello di rischio che si
è disposti ad accettare, e quindi da questo
trovare la dose o concentrazione corrispondente a
tale rischio. Un caso di tumore per milione di
esposti per tutta la vita è considerato
generalmente un livello di rischio accettabile.
Questi due metodi costituiscono tuttora lo
strumento più largamente utilizzato nella
gestione del rischio chimico, sia in ambito
occupazionale che ambientale
23Entrambi i metodi presentano tuttavia forti
limiti intrinseci che dipendono principalmente
dalla scelta e sensibilità del modello usato, sia
animale che epidemiologico, e dal livello delle
conoscenze sul meccanismo dazione del composto
in causa. Tra i principali limiti delluso del
modello animale sono la possibile diversa
sensibilità tossicodinamica della specie usata,
le differenze tossicocinetiche e metaboliche,
limprecisione dei metodi di estrapolazione dei
risultati dallanimale alluomo, le alte dosi
testate nellanimale, il basso numero di animali
testati (e il conseguente scarso potere
statistico) ed altri ancora. In genere si cerca
di superare tali limiti mediante ladozione di
alcuni assunti conservativi predefiniti tra cui,
ad esempio luomo è sensibile come la specie
animale più sensibile, il composto viene
metabolizzato nellanimale attraverso le stesse
vie metaboliche che nelluomo, è possibile
estrapolare alle basse dosi leffetto osservato
alle alte dosi, e così via
24Anche nel caso degli studi epidemiologici vi sono
forti elementi di incertezza. Da sottolineare
sono la difficoltà nella stima dellesposizione,
la presenza di fattori di confondimento ignoti o
sottostimati, gli errori sistematici di
classificazione (bias) ed altri ancora.
Ma il principale limite nelluso dei fattori di
sicurezza o della dose virtualmente sicura come
metodi per stabilire i valori limite è
rappresentato dalla loro incapacità di tenere in
debito conto la suscettibilità individuale
alleffetto tossico
25Tutte le sostanze sono tossiche. La dose, se
sufficientemente bassa, può da sola eliminare la
tossicità . Secondo Paracelso la dose è detta
bassa in quanto, a differenza di quella alta,
non dà tossicità . Il concetto di dose, quindi, è
in questo caso intimamente legato ai suoi effetti
più che alla sua misurabilità , ed ha quindi un
significato qualitativo (tossicità si, tossicitÃ
no) più che quantitativo (valore numerico della
dose). La definizione di bassa dose intesa
come concentrazione di una sostanza nellambiente
di lavoro o nelle matrici biologiche può in
realtà riguardare anche altri parametri, assai
diversi tra loro 1. la quantità di agente
chimico misurata nellambiente o nellindividuo
in rapporto alla sensibilità e specificità delle
strumentazioni e delle tecniche di misura (limiti
di rilevabilità ) 2. il livello quantitativo,
misurato in un gruppo di soggetti esposti
professionalmente, rispetto a quello presente
nella popolazione generale (dose di
riferimento) 3. la collocazione di tale livello
rispetto a dosi di specifico significato in
termini di valutazione e gestione del rischio
(livello dazione, valori limite). Considereremo
ora questi tre casi separatamente, anche per
chiarire il diverso ruolo giocato da chi effettua
le misure e da chi, invece, è chiamato ad
interpretarne il significato ambientale o
tossicologico.
26Bassa dose in rapporto alla sua misurabilitÃ
Da un punto di vista empirico luso del termine
bassoè da collegare alle caratteristiche di
sensibilità , ovvero ai limiti di rilevabilitÃ
(quantizzazione), dei sistemi di misurazione e
delle tecniche analitiche disponibili in un dato
momento o luogo, senza alcun significato in
termini di effetto o rischio. In tal senso,
bassa dose significa quantità scarsa, piccola,
micro o anche non misurabile. Nulla ci dice,
invece, circa i suoi possibili effetti. In questo
caso il significato di bassa dose ha un valore
relativo in quanto risente fortemente
dellevoluzione degli strumenti e dei metodi di
misura. Basti pensare che sostanze ritenute a
bassa concentrazione o non misurabili fino a
pochi anni fa, sono oggi routinariamente
monitorate nelle più diverse matrici.
27Bassa dose in rapporto ai valori di riferimento
Il termine valore normale in Biologia e
Medicina èstato spesso usato indifferentemente
nei due diversi significati di non patologico e
di abituale. Il suo impiego, pertanto, non
risultava affatto chiaro, specie quando si
cercava artatamente di far coincidere i due
diversi significati. Per alcuni parametri,
infatti, quali ad esempio i livelli di lipidi nel
sangue, risultava difficile sostenere che valori
normali (cioè abituali) dosati nelle
popolazioni dei paesi occidentali fossero anche
non patologici, cioè associabili allassenza di
alterazioni della salute. Ciò consigliò luso, di
volta in volta, di termini alternativi più
precisi e rispondenti al contesto specifico,
quali sano, non patologico, tipico,
caratteristico, ecc. Per far fronte a queste
problematiche e permettere una corretta
interpretazione dei dati di laboratorio, offerti
peraltro dalla chimica clinica in numero sempre
maggiore, nel 1968, da unintuizione di
R.Graspeck e N.Saris, nasce il concetto di
reference value o valore di riferimento come
viene tuttora chiamato
28Bassa dose in rapporto ai valori limite
Un punto non eludibile quando si valutano i
valori limite ed in particolare lappropriatezza
dei livelli adottati è quello di domandarsi a
cosa servono? ovvero, in altre parole, se
servono a tutelare la salute o se hanno
(anche) altre finalità . Ad esempio, l American
Conference of Governamental Industrial Hygienists
definisce i valori limite di soglia (Threshold
Limit Values o TLV) come le concentrazioni delle
sostanze aerodisperse al di sotto delle quali si
ritiene che la maggior parte dei lavoratori possa
rimanere esposta ripetutamente giorno dopo giorno
senza effetti negativi per la salute. La stessa
Associazione precisa che a causa della notevole
variabilità della suscettibilità individuale, una
piccola percentuale di lavoratori può accusare
disagio in presenza di alcune sostanze le cui
concentrazioni siano uguali o inferiori ai TLV e,
in una più piccola percentuale di individui, si
può osservare un effetto più marcato per
laggravarsi di condizioni preesistenti o per
linsorgere di una malattia professionale. Gli
igienisti tedeschi (DFG) hanno invece proposto
limiti (MAK) definiti come massima concentrazione
al posto di lavoro, cioè concentrazione massima
permissibile di un composto chimico presente
nellatmosfera di unarea di lavoro che, allo
stato delle conoscenze, generalmente non
compromette la salute delloperatore, né causa
disturbo.
29In ambito di Unione Europea è stato istituito il
Comitato Scientifico per i Limiti di Esposizione
Professionale (Scientific Committee for
Occupational Exposure Limits o SCOEL) che si
propone di definire due tipi di limiti di
esposizione professionale (Occupational Exposure
Limits o OELs) valori limite obbligatori e
valori limite indicativi. I valori limite
potranno cioè essere o basati sulla salute
(health based), per quelle sostanze per cui è
possibile identificare chiaramente una dose
soglia al di sotto della quale lesposizione non
darà , presumibilmente, origine ad effetti
avversi, o pragmatici, per quelle sostanze per
le quali le conoscenze attuali non consentono di
definire con sicurezza una dose soglia
(cancerogene, genotossiche, sensibilizzanti), e
che comunque saranno fissati a concentrazioni
tali da comportare un livello di rischio
sufficientemente basso. Va ricordato, peraltro,
che altri valori limite fissati dallUnione
Europea, quali ad esempio quelli per i pesticidi
nelle acque potabili, hanno più un significato
tecnico che tossicologico, in quanto si basano su
criteri di misurabilità analitica.
30Diossine
31Le diossine, dal punto di vista della
nomenclatura chimica, sono una classe di composti
organici eterociclici la cui struttura base
consta di un anello con quattro atomi di carbonio
e due di ossigeno.
Si ripartiscono in due categorie, entrambe
derivate da composti di formula bruta C4H4O2
- Le suddette categorie originano da
- Derivati dalla 1,2-diossina (CAS 289-87-2),
strutturalmente un endoperossido. - Derivati dalla 1,4-diossina (CAS 290-67-5), il
capostipite più stabile.              Â
32Tra le circa 200 diossine stabili conosciute, le
più note sono le dibenzodiossine policlorurate,
composti aromatici la cui struttura consiste di
due anelli benzenici legati da due atomi di
ossigeno e con legati uno o più atomi di cloro.
Gli anelli benzenici stabilizzano la struttura
della molecola. Gli isomeri che hanno il cloro
nella posizione 2, 3, 7 e/o 8 sono quelli più
tossici.Le diossine alogenate si bioaccumulano
con emivita variabile a seconda delle molecole
degli organismi e delle condizioni degli
stessi. La più nota e pericolosa di esse, per
contaminazioni ambientali e alimentari, è la
2,3,7,8-tetraclorodibenzo-p-diossina, spesso
indicata con l'abbreviazione TCDD.
33Esistono diverse diossine naturali ad esempio il
repellente prodotto dalla spugna di mare Dysidea
dendyi, detto spongiadiossina (1-idrossi-3,4,6,8-t
etrabromdibenzo 1,4 diossina), è un composto
bromurato, Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â
                        così come alcuni
metaboliti fungini dell'attività di degradazione
nel terreno della lignina, peraltro a loro volta
ad attività antimicotica. Anche i derivati della
1,2-diossina sono presenti in natura, le spugne
del genere Plakortis producono uno di questi
composti , e mostrano spiccate attivitÃ
antifungine. Recenti linee di ricerca
farmacologiche mirano all'utilizzo di questi
composti in terapia, sia per le loro capacitÃ
antimicotiche a largo spettro (vari studi
relativi ad infezioni da candida), sia
recentemente per possibili attivitÃ
antimalariche. Un ultimo settore di ricerca
indaga sulle capacità antitumorali dei derivati
della forma endoperossido (sempre 1,2-diossine).
34Diossine come inquinanti organici persistenti
La maggior parte delle diossine polialogenate
sono inquinanti organici persistenti.Policlorodib
enzodiossine o PCDD, policlorodibenzofurani o
PCDF, e policlorobifenili coplanari o Co-PCB sono
spesso indicati come diossino-simili in campo
medico ed ambientale. Nel linguaggio corrente,
quindi, vengono indicate come diossine anche i
composti derivati dal furano, in particolare i
dibenzofurani, Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â
                e, dal punto di vista chimico,
altrettanto erroneamente i derivati dal
diossano.La ragione di questa confusione
consiste nella particolare struttura spaziale
delle molecole e nella localizzazione degli
elettroni, che porta ad una convergenza nei
meccanismi d'azione tossicologica delle diverse
categorie di composti.I Co-PCB, con una
struttura chimica alquanto diversa, mostrano
tossicità elevate, proprio perché la particolare
distribuzione dei sostituenti al difenile
favorisce una disposizione quasi planare della
molecola, come avviene in diossine e furani, e
limita la rotazione sull'asse del legame centrale
Ar-Ar. Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Questa
struttura è coinvolta nei meccanismi d'azione
molecolare in vivo.
35La diossina è cancerogena e come tale, a
concentrazioni opportune, può provocare diversi
tumori - in particolare linfomi, cancro al fegato
e alla mammella - malattie della tiroide,
endometriosi, diabete e danni al sistema
immunitario, emopoietico e riproduttivo.
Un'altra manifestazione tipica
dell'intossicazione acuta da diossina è la
cloracne, simile all'acne giovanile, si manifesta
in qualunque parte del corpo e a qualsiasi età in
seguito all'esposizione massiccia al tossico.
La pericolosità della diossina è stata
confermata non solo dalle indagini
medico-scientifiche ma anche dall'osservazione
diretta delle ripercussioni sulla salute degli
abitanti di Seveso e dei villaggi vietnamiti
colpiti dall'agente Orange, un defogliante
estremamente potente contenente diossina ed
utilizzato dagli Americani nel conflitto del
1964-1975.
36Azione in vivo delle diossine
l principale meccanismo d'interazione (ma non
l'unico in particolare negli effetti neurotossici
e di distruzione del sistema endocrino) implica
il coinvolgimento del recettore cellulare AHR,
recettore per gli idrocarburi arilici meglio noto
col termine inglese, aryl hydrocarbon
receptor. Essendo l'AHR un fattore
trascrizionale genico, appartenente alla stessa
classe del più noto c-Myc, un protooncogene, la
sua anomala modulazione conduce ad effetti
distruttivi sulle funzioni vitali della
cellula. I principali metodi di catalogazione
dell'equivalenza della tossicità nelle diverse
categorie di composti qui afferenti si basano su
questa azione, e pongono il fattore di
equivalenza tossica (TEF) della TCDD a valore
unitario.
37Diossine in quanto classe tossicologica
ambientale
In genere, quando si parla di "diossina" in senso
non chimicamente rigoroso, ma tossicologico, si
intende l'intera classe delle diossine e diossino
simili, furani, diossani e PCB coplanari
compresi. Le diossine ed altri inquinanti
organici persistenti sono sottoposti alla
convenzione di Stoccolma del 22-23 maggio 2001.
Questo accordo, entrato in vigore il 17 maggio
2004, prevede che gli Stati aderenti prendano
misure atte ad eliminare ove possibile, o
quantomeno minimizzare, tutte le fonti di
diossine.
38Tossicità e cancerogenicitÃ
Le diossine, nel loro insieme sono molecole molto
varie a cui appartengono composti cancerogeni.
Ad esse vengono ascritti composti estremamente
tossici per l'uomo e gli animali, arrivando a
livelli di tossicità valutabili in ng/kg, sono
tra i più potenti veleni conosciuti. Viene
classificata come sicuramente cancerogena e
inserita nel gruppo 1, Cancerogeni per l'uomo
dalla IARC, dal 1997 la TCDD. Anche secondo le
norme giuridiche di molti paesi molte diossine
sono ormai agenti cancerogeni riconosciuti.
39Tossicità e cancerogenicitÃ
Sono poco volatili per via del loro elevato peso
molecolare, poco o nulla solubili in acqua (circa
10-4 ppm), ma sono più solubili nei grassi (circa
500 ppm), dove tendono ad accumularsi. Proprio
per la loro tendenza ad accumularsi nei tessuti
viventi, anche un'esposizione prolungata a
livelli minimi può recare danni. Le diossine
causano una forma persistente di acne, nota come
cloracne sugli animali hanno effetti cancerogeni
ed interferiscono con il normale sviluppo
fisico. È stato inoltre dimostrato che
l'esposizione alla diossina può provocare
l'endometriosi. Mediamente il 90
dell'esposizione umana alla diossina, eccettuate
situazioni di esposizione a fonti puntuali
(impianti industriali, inceneritori ecc.),
avviene attraverso gli alimenti (in particolare
dal grasso di animali a loro volta esposti a
diossina) e non direttamente per via aerea il
fenomeno del bioaccumulo fa sì che la diossina
risalga la catena alimentare umana concentrandosi
sempre più, a partire dai vegetali, passando agli
animali erbivori, ai carnivori ed infine
all'uomo.
40TossicitÃ
L'emivita della TCDD nell'uomo varia da 5,8 a
11,3 anni (Olson 1994) principalmente in funzione
di livello metabolico e percentuale di massa
grassa varia tra 10 e 30 giorni nei roditori.
La tossicità , espressa come LD50 è
sensibilmente specie specifica (esempio LD50
somministrazione per via orale nella cavia è di
500.0Â ng/kg nel caso di TCDD).
41Fonti di diossine
È dimostrato che i composti della famiglia delle
diossine si formano durante la fase iniziale
della combustione dei rifiuti, quando la
combustione genera HCl gassoso, in presenza di
catalizzatori, quali il rame e il
ferro.Responsabile principale della formazione di
composti appartenenti alla famiglia delle
diossine è il cloro "organico", cioè cloro legato
a composti organici polimerici, ad esempio il
PVC. La presenza di cloro e di metalli nel
materiale di rifiuto pone le due principali
condizioni per la formazione delle diossine. Il
cloro, nella forma di acido cloridrico gassoso
viene liberato durante la combustione del rifiuto
dalla dereticolazione dei polimeri clorurati a
circa 300 C, quindi forma cloro gassoso se
lacido viene a reagire con lossido di un
metallo di transizione in forma bivalente, quale
ferro o meglio il rame, secondo la cosiddetta
reazione di Deacon Cu ½ O2 -gt CuO CuO 2 HCl
-gt Cu H2O Cl2 2 HCl ½ O2 -gt H2O Cl2 Il
cloro risultante si lega agli anelli benzenici
durante la fase di combustione secondo la
reazione di sostituzione 2 CuCl2 R-H -gt2Cu-Cl
HCl R-Cl Lo zolfo invece porta rapidamente
alla passivazione del rame e quindi
allinibizione della funzione di
catalizzatore CuO SO2 ½ O2 -gt CuSO4
42Fonti di diossine
Le diossine si generano anche in assenza di
combustione, ad esempio nella sbiancatura della
carta e dei tessuti fatta con cloro e nella
produzione di clorofenoli, specie quando la
temperatura non è ben controllata. Può essere il
caso della produzione degli acidi
2,4-diclorofenossiacetico e 2,4,5-triclorofenossia
cetico, noti diserbanti.
43Fonti di diossine
Per quanto riguarda i processi di combustione,
possiamo ritrovarle in industrie chimiche,
siderurgiche, metallurgiche, industrie del vetro
e della ceramica, nel fumo di sigaretta, nelle
combustioni di legno e carbone (potature e
barbecue, camini e stufe), nella combustione
(accidentale o meno) di rifiuti solidi urbani
avviati in discarica o domestici, nella
combustione di rifiuti speciali obbligatoriamente
inceneribili (esempio rifiuti a rischio
biologico, ospedalieri) in impianti inadatti, nei
fumi delle cremazioni, delle centrali
termoelettriche e degli inceneritori. Gli
inceneritori sono stati a lungo fra i maggiori
produttori di diossina, ma negli ultimi anni
l'evoluzione tecnologica ha permesso un notevole
abbattimento delle emissioni gassose da queste
fonti (anche se questi emettono pericolose
nanoparticelle che possono trasportare diossine
in forma non gassosa).
44PROBLEMA RIFIUTI
Tuttavia, per quel che riguarda gli aspetti
sanitari finali, la stragrande maggioranza degli
studi epidemiologici, anche recentissimi, basati
su campioni molto vasti di popolazione, rilevano
una correlazione tra le patologie
diossina-correlate e la presenza di inceneritori
nelle aree soggette ad indagini viceversa sono
pochi o nulli gli studi che non rilevano
correlazioni.
45PROBLEMA RIFIUTI
I dati di emissione possono variare moltissimo a
seconda del periodo considerato grazie ai
miglioramenti tecnologici imposti dalla normativa
su determinate fonti, fra cui gli inceneritori.
La Tabella 1 conferma questa tendenza i vecchi
impianti di incenerimento e la gestione dei
rifiuti in generale producono quantità enormi di
diossina, mentre gli impianti moderni, secondo le
normative vigenti per i nuovi impianti, sono
scesi a una frazione della produzione passata.
Se l'incenerimento di rifiuti solidi urbani,
industriali o ospedalieri, nel 1990 producevano
rispettivamente oltre 20 e 50 volte più
inquinanti della produzione dell'acciaio, negli
impianti attuali sono circa a un decimo, senza
contare esperienze ancora più positive. È
pertanto evidente che la rilevanza
dell'incenerimento sul complesso delle fonti di
diossina in un Paese dipende fortemente
dall'arretratezza degli impianti esistenti,
nonché ovviamente dalla quantità di rifiuti
bruciati.
46Tab-1 Emissioni di diossine in Germania Tab-1 Emissioni di diossine in Germania Tab-1 Emissioni di diossine in Germania Tab-1 Emissioni di diossine in Germania
dati in g TU (grammi in "Toxicity Units") dati in g TU (grammi in "Toxicity Units") dati in g TU (grammi in "Toxicity Units") dati in g TU (grammi in "Toxicity Units")
Fonte 1990 1994 2000
Estrazione e lavorazione metalli 740 220 40
Incenerimento rifiuti 400 32 0,5
Generazione energia 5 3 3
Inceneritori industriali 20 15 lt10
Combustioni domestiche 20 15 lt10
Traffico 10 4 1
Cremazioni 4 2 lt2
Totale 1200 330 lt70
47Si conferma che il settore siderurgico di seconda
fusione (dove possono essere trattati anche
materiali di recupero contaminati), considerando
anche gli alti valori assoluti della produzione,
è insieme all'incenerimento uno dei massimi
responsabili della produzione di diossine, e
inoltre che la combustione non controllata di
legna, rifiuti e biomasse varie contrariamente
a quanto si può pensare è molto pericolosa.
482 Emissioni di diossine negli USA (dati 2000) 2 Emissioni di diossine negli USA (dati 2000)
Fonte Â
Incenerimento domestico 35,1
Incenerimento rifiuti ospedalieri 26,6
Motori diesel pesanti (camion, navi, treni) 6,9
Incenerimento fanghi di depurazione 6,3
Incenerimento rifiuti urbani 5,9
L'inventario dell'EPA (Ente americano di
protezione dell'ambiente) stima come maggiore
fonte di diossine negli Stati Uniti
l'incenerimento domestico (pratica diffusa in
quel paese). Il miglioramento tecnologico degli
impianti di incenerimento (ospedalieri, fanghi e
urbani) rispetto alle precedenti stime è netto
il totale per il 2000, come si può evincere dalla
tabella sotto riportata, è 26,6, mentre nel 1995
era di 58,5 e nel 1987 di ben l'82,8 (stessa
fonte EPA).
49Per quanto riguarda l'Europa, l'Unione Europea,
in un corposo e dettagliato documento intitolato
Inventario europeo delle diossine, stima che il
trattamento dei rifiuti (e in particolare
l'incenerimento) e il settore industriale (in
particolare il siderurgico) sono i massimi
responsabili dell'emissione in atmosfera di
diossine Nonostante i considerevoli sforzi
degli ultimi anni per ridurre le emissioni degli
inceneritori di rifiuti solidi urbani questo tipo
di fonte continua a dominare l'immissione di
diossine in atmosfera.
50Le emissioni più rilevanti di diossina, tuttavia,
non sono quelle in atmosfera ma quelle nel
terreno. I massimi responsabili sono i
pesticidi, in fase di produzione ma anche di uso
seguono a una certa distanza i fuochi
accidentali, nonché ancora una volta lo
smaltimento dei rifiuti. Le stime sono
generalmente molto incerte, per la difficoltà e
la rarità delle misurazioni su fenomeni assai
poco controllati e controllabili. I fuochi
accidentali sono in particolare un elemento di
estrema incertezza, mentre l'incenerimento è una
fonte più studiata e si sa che, come per i
pesticidi, l'attenzione che ha attirato e attira
sta facendo diminuire le sue emissioni. Da
tenere in conto è anche l'immissione di diossine
nelle acque. I dati disponibili sono pochissimi,
e relativi solo alla produzione di carta,
all'incenerimento e allo smaltimento degli olii
usati, le cui emissioni anche nella peggiore
delle ipotesi sono però molto inferiori a quelle
in aria e terra. Poco si sa invece su pesticidi,
settore chimico, fuochi accidentali, discariche
di rifiuti, che pure sono stimati essere i
massimi responsabili delle emissioni nelle acque.
51Come si rilevano le diossine - analisi e
questioni collegate
L'elevatissima tossicità porta alla necessità di
sensibilità piuttosto elevate, con la risoluzione
di livelli dell'ordine del picogrammo (10-12 g o
meglio 10-15kg per il sistema internazionale), e
dalla processazione in ambienti
straordinariamente puliti e controllati (camere
bianche o clean room), tenuti costantemente in
pressione dell'aria positiva (contenimento
dinamico), per evitare contaminazioni. Le
tecniche fondamentali si basano principalmente
sulla gascromatografia di estratti dei campioni,
seguite dalla rilevazione dei composti eluiti con
rivelatori di massa (o a cattura di elettroni in
casi specifici). Il Reg. (CE) 19/12/2006, n.
1883/2006 stabilisce come metodi strumentali di
conferma, quelli in cui sono impiegati
gascromatografi ad alta risoluzione accoppiati a
spettrometri di massa ad alta risoluzione
(HRGS/HRMS). A livello legale, tali analisi sono
normate dal Decreto del Ministero Della Salute
del 23 luglio 2003 in recepimento della direttiva
Europea 2002/69/CE, del 26 luglio 2002, che
stabilisce i metodi di campionamento e d'analisi
per il controllo ufficiale di diossine e la
determinazione di PCB diossina-simili nei
prodotti alimentari.
52Intossicazione da Piombo o Saturnismo
53Il saturnismo è una grave malattia dovuta
all'esposizione professionale od accidentale al
piombo il nome deriva da "saturno", dio romano
(crono per i greci) associato dagli alchimisti a
questo elemento. L'assimilazione di tale metallo
può avvenire per vie cutanee, mucose, inalazione
o tramite l'apparato digerente (picacismo).
54Caratteristiche del metallo
Il piombo puro è un metallo malleabile e pesante
di colore grigio scuro per la presenza di
ossidazione superficiale fonde a 327,46Â C, con
emissione di vapori a circa 450Â C.
L'ebollizione avviene invece a circa 1740Â C.
In natura si ritrova nella galena (solfuro di
piombo), cerusite (carbonato di piombo),
anglesite (solfato di piombo) o associato a
zinco, argento e rame. Può essere utilizzato
allo stato puro, in lega con altri metalli o per
la produzione di composti inorganici o come
piombo tetraetile, antidetonante per i vecchi
combustibili.
55Fonti di rischio
L'intossicazione da piombo può avvenire sia
nell'ambiente lavorativo sia occasionalmente.
Le persone esposte al rischio professionale
sono Addetti alla estrazione o alla fusione del
piombo Addetti alla saldatura Addetti alla
produzione o smaltimento di accumulatori Addetti
alla produzione o all'uso di vernici Addetti alla
produzione e verniciatura di ceramiche Addetti
alla produzione di oggetti di cristallo Addetti
alla produzione di proiettili da caccia Addetti
alla produzione di leghe od oggetti contenenti
piombo
56Fonti di rischio
Accidentalmente, l'esposizione cronica da piombo
può avvenire con il consumo di distillati (talora
anche aceto) stoccati in vecchi contenitori di
ceramica o contenenti piombo. Altre volte il
piombo si trova in Aria uso di pesticidi
contenenti piombo Suolo e acqua processi
industriali Cibi e bevande per conservazione in
contenitori con piombo
57bambini
Particolare attenzione deve essere rivolta ai
bambini per la possibile ingestione di oggetti
contenenti piombo (picacismo) e soprattutto per
la maggiore sensibilità all'effetto tossico del
metallo. Nei lattanti, il piombo puo'essere
assunto tramite depositi di sali sul capezzolo
materno. In passato l'uso di copricapezzoli di
piombo per la cura delle ragadi della areola
mammaria ha determinato frequenti intossicazioni
saturniche il divieto dell'utilizzo di tali
sistemi ha drasticamente ridotto l'incidenza di
questa intossicazione in età pediatrica. Più
importante è inoltre la frazione assorbita dalle
cellule intestinale del bambino.
58Tossicocinetica
Il piombo può essere assunto per via respiratoria
o per ingestione. La prima via è importante nei
soggetti esposti ai fumi o vapori della
lavorazione del piombo o delle sue leghe. Questa
via è molto importante in quanto le piccole
particelle che raggiungo i polmoni sono assorbite
in una quota di poco inferiore al 50. Particelle
di diametro maggiore, polveri ingerite per
contaminazione di cibo, liquidi o tessuti,
raggiungono invece il tratto gastrointestinale
dove circa il 10 negli adulti e il 40 nei
bambini sono assorbite. Una volta assorbito il
piombo si distribuisce il larga parte negli
eritrociti e in una piccola frazione (circa il
10) nel plasma. Di qui è libero di distribuirsi
in diversi compartimenti corporei.
59Tra questi - Tessuti molti, con cinetica di
ridistribuzione rapida. Questa frazione è
responsabile dell'effetto tossico. - Osso
spongioso, muscoli e apparato tegumentario, con
cinetica di ridistribuzione intermedia. -Capelli,
denti e osso compatto. In quest'ultimo può
rimanere anche per venti anni. Benché sia
tendenzialmente inattivo dal punto di vista
tossicologico, il piombo immagazzinato
rappresenta una quota prontamente disponibile in
caso di fratture e alterazioni del tessuto osseo.
L'eliminazione del piombo ingerito è
prevalentemente fecale, con quota escreta pari al
60 nel bambino e al 90 nell'adulto. La via
urinaria rappresenta invece un affidabile
indicatore di dose assorbita analogamente il
piombo assorbito può passare nel latte materno o
attraverso la placenta (a partire dalla
tredicesima settimana).
60Patogenesi (1)
L'azione tipica del piombo si esplica
sull'emopoiesi, bloccando la funzione di diversi
enzimi preposti alla sintesi dell'EME. Questo
effetto, unitamente all'effetto citotossico
eritrocitario con iperemolisi, è responsabile
della anemia ipocromica e della escrezione
urinaria dei composti a monte della via dell'EME.
Infatti l'effetto inibitorio sull'enzima ALA
deidratasi porta all'accumulo di acido delta
aminolevulinico mentre l'effetto su
coproporfirinogeno III ossidasi e su EME ossidasi
è responsabile dell'accumulo di
coproporfirinogeno III e protoporfirina IX
rispettivamente.
A livello dell'apparato gastroenterico il piombo
è invece responsabile della colica saturnina,
dolore addominale di tipico spastico dovuto alla
diretta azione del piombo sulla muscolatura
liscia intestinale parzialmente risolvibile con
spasmolitici. A questa si associa stipsi e
meteorismo, manifestazioni tipicamente preceduti
da dolenzia addominale diffusa e sapore metallico
in bocca.
La deposizione del metallo a livello gengivale è
responsabile del colorito bluastro visibile a
livello del coletto degli incisivi esterni e dei
canini.
61Patogenesi (2)
Il piombo (grave esposizione acuta o subacuta)
esplica inoltre effetti tossici diretti a livello
del sistema nervoso centrale per spasmo delle
arteriole e conseguente edema cerebrale diffuso.
Il sistema nervoso periferico è invece
interessato nelle forme croniche, con
polineuropatia e paralisi periferica (tipica
paralisi del nervo radiale).
I reni possono essere il target della tossicitÃ
da piombo sia acutamente che cronicamente
infatti l'effetto tossico diretto sull'epitelio
tubulare e lo spasmo delle arteriole renali può
essere responsabile di un'insufficienza renale
acuta di tipo renale con proteinuria e
cilindruria grave. L'esposizione cronica provoca
invece il cosiddetto rene grinzo saturnino,
condizione di insufficienza renale cronica dovuta
all'ischemia cronica per spasmo arteriolare.
La conseguente ipertensione arteriosa è
responsabile dell'aumentato rischio
cardiovascolare nei soggetti esposti a piombo.
La gotta saturnina è invece dovuta alla diminuita
escrezione di acido urico.
62Profilo clinico (1)
I sintomi dell'intossicazione acuta (rara)
sono Nausea, vomito, diarrea, intensi dolori
addominali Anemia emolitica Ittero per epatopatia
(anche lieve) Insufficienza renale acuta In caso
di intossicazione massiva può eccezionalmente
insorgere la gravissima encefalopatia
saturnina convulsioni ipertensione
cerebrale edema cerebrale quindi sopraggiunge la
morte. Richiede con urgenza una terapia chelante
(CaNa-EDTA, con supplementazione di zinco).
63Profilo clinico (2)
In caso di intossicazione cronica si ha - anemia
(con alterazioni eritrocitarie aumento delle
protoporfirine, per il blocco della via
metabolica che porta alla sintesi di eme),
alterazioni mitocondriali, eritrociti immaturi in
circolo) - disturbi trofici gengivali (orletto di
Burton) che si origina per reazione del piombo
presente nei capillari con l'idrogeno solforato
dei residui alimentari - alterazioni cognitive,
astenia, parestesia ed irritabilità -
nefrosclerosi con ematuria, proteinuria,
cilindruria, oliguria e ipertensione - colica
saturnina dolore addominale a cintura (tipo
pancreatite) provocato dalla contrazione della
muscolatura liscia della parete intestinale
(attenuabile tramite gluconato di calcio), nausea
vomito, stipsi - elevata incidenza di mortalitÃ
neonatale, documentata infertilità nella donna
nelluomo si evidenziano anomalie spermatiche ed
oligospermia - ipertensione - paresi del radiale
la velocità di conduzione motoria risulta
alterata per la demielinizzazione -
encefalopatia da piombo (molto frequente nei
bambini, più rara nell'adulto), cefalea, amnesia.
Striscio periferico di sangue che mostra alcuni
eritrociti ipocromici e con inclusioni basofile
(RNA ribosomiale). Reperto suggestivo ma non
specifico per intossicazione da piombo
64Profilo clinico (3)
Altre manifestazioni dellintossicazione cronica
sono anoressia, nervosismo, tremori, calo
ponderale, cefalea, dolori addominali, astenia
degli estensori, colorito cinereo del volto,
alterazione del metabolismo purinico, gotta
acuta, nefropatia gottosa, oliguria, proteinuria
diarrea, vomito, nausea, sapore metallico,
intensa sete.
- Gravi reliquati dell'intossicazione cronica non
trattata comprendono - Nefropatia cronica (rene grinzo saturnino) con
ipertensione arteriosa e insufficienza renale
cronica - Neuropatia periferica, encefalopatia su base
tossica ed ipertensiva - Gastrite cronica e duodenite, coliche persistenti
- Vasculopatia e cardiopatia ipertensiva
65Diagnosi (1)
Oltre a contesto anamnestico ed obiettivo,
esistono indicatori di dose (esami che indicano
la dose alla quali si è stati esposti) e
indicatori di effetto (indicatori dell'effetto
sull'organismo dell'esposizione al piombo).
66Diagnosi (2)
- Indicatori di dose
- Piombemia, corretta per la conta dei globuli
rossi (talora gli stati anemici conseguenti
all'esposizione al piombo possono dare falsi
negativi), indicatore di esposizione. Non è un
indicatore adatto per stimare le riserve
tissutali. - Piomburia, sempre corretta per la conta dei
globuli rossi. Si eleva dopo due settimane come
per la piombemia, non è un indicatore adatto per
stimare le riserve tissutali. - Piombemia dopo somministrazione di 1 g di
CaNaEDTA, agente chelante del piombo. Se elevata,
indica la presenza di riserve tissutali.
67Diagnosi (2)
- Indicatori di effetto
- Acido delta aminolevulinico deidratasi
eritrocitaria la sua inibizione è l'indice più
affidabile e più precoce di esposizione al
piombo. Deve però essere ricordato che
esposizioni croniche o recenti all'alcool possono
inibire l'enzima. - Protoporfirina IX eritrocitaria la valutazione
della concentrazione di questa molecola correla
direttamente con l'azione biologica del piombo.
Rimane elevata per alcuni mesi, rendendola
efficace per valutare i depositi di piombo
tissutale. - Acido delta aminolevulinico urinario aumenta in
corso di intossicazioni da piombo e di porfiria
acuta intermittente (con problemi di diagnosi
differenziale). - Coproporfirine urinarie diminuiscono
rapidamente dopo esposizione e rappresentano un
buon indice di esposizione acuta.
68Terapia
La terapia si basa sull'allontanamento dalla
fonte e sulla somministrazione di un chelante del
piombo, ossia il sale CaNa2EDTA endovena 1-2
g/die per cicli di 4-5 giorni, con sospensione di
2-3 settimane e poi ripresa. La terapia di deve
continuare fino alla normalizzazione della
piombemia, parametro che indica una diminuzione
sostanziale delle riserve tissutali. Le coliche
possono essere controllate con spasmolitici si
deve inoltre attuate una terapia atta a
correggere l'eventuale disionia ed ipertensione.
69- Persone malate di saturnismo
- La morte di personaggi famosi come Beethoven e
Goya, o i disturbi mentali di Van Gogh, sono
stati attribuiti a saturnismo. Per i pittori si
presume che l'intossicazione cronica sia dovuta
al loro contatto con i colori Goya inumidiva i
pennelli con la bocca. Recentemente anche la
morte del Caravaggio è stata attribuita al
saturnismo. - I linotipisti (addetti alla Linotype) venivano
spesso a contatto con il piombo rimasto nella
camera di fusione nella macchina e potevano
riportare i sintomi dell'avvelenamento da piombo.
70Reazioni avverse e Farmacovigilanza
71DEFINIZIONI (OMS) - I
- Effetto collaterale
- Qualsiasi effetto non intenzionale di un farmaco
che insorga alle dosi normalmente impiegate e che
sia connesso alle proprietà del farmaco (es.
xerostomia da anticolinergici o gastrite da FANS) - Reazione avversa (Adverse Drug Reaction)
- Risposta ad un farmaco che sia nociva e non
intenzionale e che avvenga alle dosi normalmente
usate per la terapia, profilassi e diagnosi - Reazione avversa inaspettata (la natura e la
gravità di ADR non è riportata su scheda tecnica)
72DEFINIZIONI (OMS) - II
- Evento avverso
- Qualsiasi fenomeno clinico spiacevole che si
presenti durante il trattamento con un farmaco,
ma che non abbia necessariamente un rapporto di
causalità con il trattamento stesso (es.
dermatite-cheratocongiuntivite-peritonite
sclerosante da practololo) - Reazione avversa o evento avverso grave
- Qualsiasi evento che per qualsiasi dose metta in
pericolo la vita del paziente, richieda
lospedalizzazione, determini una persistente
disabilità , provochi la morte
73REAZIONI AVVERSE INDOTTE DA FARMACI(classificazio
ne eziopatogenetica)
- Reazione tossica
- Reazione idiosincrasica
- Reazione allergica
- (Malattia iatrogena)
74REAZIONE TOSSICA
- Effetto avverso indotto da un farmaco tramite uno
dei meccanismi seguenti - - meccanismo dazione responsabile
- delleffetto terapeutico
- - proprietà farmacodinamica secondaria
- (non responsabile delleffetto terapeutico)
- - metabolita prodotto durante il processo di
- biotrasformazione del farmaco
- - proprietà chimico-fisica intrinseca alla
- molecola del farmaco (es. radicali
- chimicamente reattivi)
75CARATTERISTICHE DELLA REAZIONE TOSSICA
- Intensità del danno
- - dipendente dalla dose del farmaco
- Conseguenze (esiti)
- - danno reversibile, irreversibile, esito letale
- Sede anatomica del danno o disfunzione
- - locale (singolo organo) o sistemica
- Relazione intensità /tempo
- - reazione acuta, cronica, ritardata
76ESEMPI DI REAZIONI TOSSICHE
- Barbiturici depressione SNC
- Anestetici locali convulsioni
- Chinoloni convulsioni
- Morfina depressione respiratoria
- Isoniazide necrosi epatica
- Indometacina depressione midollo osseo
77acetilazione
acetilazione
Acetil-idrazina
Diacetil-idrazina (metabolita non-tossico)
Isoniazide
idrolisi
CYP450
Idrolisi
Rifampicina
Idrazina (metabolita tossico)
Metabolita reattivo
Via diretta Via indiretta
Isoniazide disfunzioni epatiche nel 10-20 dei
pazienti epatiti 1 dei casi Somministrazione
concomitante di isoniazide e rifampicina
determina un incremento di idrazina in soggetti
acetilatori lenti Lidrazina è un metabolita
altamente reattivo che determina danni a proteine
intracellulari con rigonfiamento cellulare e
successiva rottura della membrana
Lee WM. N Engl J Med 2003, 349 474
Westphal et al. J Antimicrob Chemother 1994, 33
387
78ESEMPI DI TOSSICITA RITARDATA
- Cloramfenicolo aplasia midollo osseo
- Tetraciclina alterazioni dentarie
- Antitumorali teratogenesi
- Antiepilettici teratogenesi
- Cortisonici teratogenesi
- Anticoagulanti orali teratogenesi
79FATTORI IN GRADO DI INFLUENZARE LA TOSSICITA
- Cortisonici meno tossici nel bambino
- Oppioidi più tossici nel bambino
EtÃ
- Oppioidi metabolismo lento (donna)
- Barbiturici metabolismo lento (donna)
Sesso
- Catecolamine ipertiroidismo
- Beta-bloccanti asma, diabete mellito
Malattia
80CARATTERIZZAZIONE DELLA TOSSICITA DI UN FARMACO
- Indice terapeutico
- DL-50 / DE-50
- (anche DT-50 / DE-50)
- Margine di sicurezza
- DL-5 / DE-95
- (anche DT-5 / DE-95)
INDICE TERAPEUTICO
Dose letale 50 Dose efficace 50
81ESEMPI DI FARMACI CON DIVERSO INDICE TERAPEUTICO
- Farmaci con indice terapeutico basso
- - digitale
- - chemioterapici anti-tumorali
- - anestetici generali
- Farmaci con indice terapeutico medio
- - farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS)
- - beta-bloccanti
- - analgesici oppioidi
- Farmaci con indice terapeutico elevato
- - antibiotici beta-lattamici
- - antibiotici macrolidi
82CARATTERIZZAZIONE DELLA TOSSICITA DI UN FARMACO
- Attività teratogena
- capacità di indurre malformazioni fetali
- Attività tossica perinatale
- capacità di indurre effetti tossici sul feto nel
periodo prossimo al parto - Attività tossica sulla fertilitÃ
- capacità di compromettere la capacitÃ
riproduttiva del maschio o della femmina - Attività mutagena
- capacità di indurre mutazioni genetiche
(aumento del rischio di patologie tumorali)
83REAZIONE TOSSICA DA SOVRADOSAGGIO
- Sovradosaggio assoluto
- Uso di un farmaco a dosi eccessive, per errore, a
scopo voluttuario o suicida (omicida) es.
Paracetamolo - Sovradosaggio relativo
- Dose somministrata nel range terapeutico ma ?
concentrazioni plasmatiche per variazioni
cinetiche dovute a patologie epatiche, renali,
ipoalbuminemia, interazioni farmacologiche
84REAZIONE IDIOSINCRASICA
- Definizione
- Reazione avversa provocata dalla somministrazione
di un farmaco e determinata da unalterazione
della costituzione genetica dellindividuo
85CARATTERISTICHE DELLA REAZIONE IDIOSINCRASICA
- La reazione tende a manifestarsi in seguito a
somministrazione di normali dosi terapeutiche del
farmaco (sovradosaggio non necessario) - Dipende dalla costituzione genetica
dellindividuo (polimorfismi genetici) - Può essere reversibile, irreversibile o letale
- Generalmente si manifesta come reazione acuta giÃ
alla prima somministrazione del farmaco
86REAZIONE ALLERGICA
Risposta abnorme (patologica) del sistema
immunitario ad una sostanza estranea (antigene)
mediata da una liberazione massiva di mediatori
dellinfiammazione sistemica o di singoli organi
87CARATTERISTICHE DELLA REAZIONE ALLERGICA
- Origina da una precedente esposizione alla
sostanza sensibilizzante (primo contatto) - I sintomi si manifestano dopo il secondo contatto
con la sostanza sensibilizzante - Una piccola percentuale della popolazione
sviluppa allergie (predisposizioni genetiche?) - La sostanza allergizzante (antigene) ha struttura
chimica generalmente proteica e massa molecolare
superiore a 1.000 Dalton
88REAZIONE ALLERGICA INDOTTA DA FARMACI (cronologia)
- Primo contatto Sensibilizzazione
- Elaborazione della 7-14 giorni (in media)
- risposta immunitaria
- Contatto comparsa dei sintomi
- evocatore caratteristici
della - reazione
allergica
89CLASSIFICAZIONE DELLE REAZIONI ALLERGICHE
- Tipo 1 Reazione immediata (anafilattica)
- Tipo 2 Reazione citolitica mediata da
- anticorpi
- Tipo 3 Danno tissutale da complessi immuni
- Tipo 4 Reazione ritardata (immunità cellulo-
- mediata)
90MANIFESTAZIONI CLINICHE DELLE REAZIONI ALLERGICHE
- Tipo 1 asma, rinite, congiuntivite
- edema laringeo
- sindrome di Stevens-Johnson
- shock anafilattico
- Tipo 2 emolisi
- Tipo 3 dermatite, arterite
- granulocitopenia, emolisi
- nefrite