Title: G. Verga CAVALLERIA RUSTICANA
1G. VergaCAVALLERIA RUSTICANA
2LA SITUAZIONE INIZIALE
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- Turiddu1 Macca, il figlio della gnà2 Nunzia,
come tornò da fare il soldato, ogni domenica si
pavoneggiava in piazza colluniforme da
bersagliere e il berretto rosso, che sembrava
quello della buona ventura, quando mette su banco
colla gabbia dei canarini (). Egli aveva portato
anche una pipa col re a cavallo che pareva vivo,
e accendeva gli zolfanelli sul dietro dei
calzoni, levando la gamba, come se desse una
pedata. Ma con tutto ciò Lola di Massaro Angelo
non si era fatta vedere né alla messa, né sul
ballatoio ché si era fatta sposa con uno di
Licodia, il quale faceva il carrettiere e aveva
quattro muli di Sortino in stalla. Dapprima
Turiddu come lo seppe, santo diavolone! voleva
trargli fuori le budella dalla pancia , voleva
trargli, a quel di Licodia! però non ne fece
nulla, e si sfogò collandare a cantare tutte le
canzoni di sdegno che sapeva sotto la finestra
della bella. - ()
- Finalmente simbatté in Lola che tornava dal
viaggio alla Madonna del Pericolo, e al vederlo,
non si fece né bianca né rossa quasi non fosse
stato fatto suo. - ()
- E giusto rispose Turiddu ora che sposate
compare Alfio, che ci ha quattro muli in stalla,
non bisogna farla chiacchierare la gente. Mia
madre, invece, poveretta, la dovette vendere la
nostra mula baia, e quel pezzetto di vigna sullo
stradone, nel tempo chero soldato. Passò quel
tempo che Berta filava, e voi non ci pensate più
al tempo in cui ci parlavamo dalla finestra del
cortile, e mi regalaste quel fazzoletto, prima
dandarmene, che Dio sa quante lagrime ci ho
pianto dentro nellandar via lontano tanto che si
perdeva persino il nome del nostro paese. Ora
addio, gnà Lola, facemu cuntu ca chioppi e
scampau, e la nostra amicizia finiu3. -
- 1 Turiddu Salvatorillo.
- 2 gnà è laferesi del duena spagnolo, che dà
gnà per le donne di bassa condizione, e donna
per le donne alle quali si dà del vossìa e del
voscienza. - 3 facemu cuntu ca chioppi e scampau, e la
nostra amicizia finiu facciamo conto che sia
piovuto, e poi spiovuto, e la nostra amicizia è
finita.
3LESORDIO
- () La gnà Lola si maritò col carrettiere e la
domenica si metteva sul ballatoio, colle mani sul
ventre per far vedere tutti i grossi anelli che
le aveva regalati suo marito. - () Voglio fargliela proprio sotto gli occhi a
quella cagnaccia borbottava. - Di faccia a compare Alfio ci stava massaro Cola,
il vignaiolo, il quale era ricco come un maiale,
dicevano, e aveva una figliuola in casa. Turiddu
tanto disse e tanto fece che entrò camparo da
massaro Cola, e cominciò a bazzicare per la casa
e a dire le paroline dolci alla ragazza. - () Lola che ascoltava ogni sera , nascosta
dietro il vaso di basilico, e si faceva pallida e
rossa, un giorno chiamò Turiddu.
4LA RIVELAZIONE
- Avete ragione di portarle dei regali, gli disse
a vicina Santa perché mentre voi siete via
vostra moglie vi adorna la casa!.
5LA SPANNUNG
- Turiddu, adesso che era tornato il gatto, non
bazzicava più di giorno per la stradicciuola, e
smaltiva luggia allosteria, cogli amici e la
vigilia di Pasqua avevano sul desco un piatto di
salsiccia. Come entrò compare Alfio, soltanto dal
modo in cui gli piantò gli occhi addosso, Turiddu
comprese che era venuto per quellaffare e posò
la forchetta sul piatto. - Avete comandi da darmi, compare Alfio? gli
disse. - Nessuna preghiera, compare Turiddu, era un pezzo
che non vi vedevo, e volevo parlarvi di quella
cosa che sapete voi. - Turiddu da prima gli aveva presentato il
bicchiere, ma compare Alfio lo scansò colla mano.
Allora Turiddu si alzò e gli disse Son qui,
compar Alfio. - Il carrettiere gli buttò le braccia al collo1.
- (). Con queste parole si scambiarono il bacio
della sfida. Turiddu strinse fra i denti
lorecchio del carrettiere, e così gli fece la
promessa solenne di non mancare 1 gli buttò le
braccia al collo fa parte del rito della sfida.
Si scambiano il bacio della sfida e Turiddu
stringe fra i denti lorecchio del carrettiere
per impegnare la sua parola.
6LO SCIOGLIMENTO
- Entrambi erano buoni tiratori Turiddu toccò la
prima botta, e fu a tempo a prenderla nel
braccio come la rese, la rese buona, e tirò
allanguinaia (). Come egli (compare Alfio)
stava in guardia tutto raccolto per tenersi la
sinistra sulla ferita, che gli doleva, e quasi
strisciava per terra col gomito, acchiappò
rapidamente una manata di polvere e la gettò
negli occhi dellavversario. - Ah! urlò Turiddu accecato son morto.
- Ei cercava di salvarsi facendo salti disperati
allindietro ma compare Alfio lo raggiunse con
unaltra botta allo stomaco e una terza alla
gola. - E tre! questa è per la casa che tu mi hai
adornato(). - Turiddu annaspò un pezzo di qua e di là fra i
fichidindia e poi cadde come un masso. Il sangue
gli gorgogliava spumeggiando nella gola, e non
poté profferire nemmeno Ah! Mamma mia!
7CAVALLERIA RUSTICANA
- Melodramma in un atto
-
- Testi di
- Giovanni Targioni-Tozzetti
-
- Musiche di
- Pietro Ma scagni
-
-
-
- Prima esecuzione 17 maggio 1890, Roma
8LE PASSIONI ELEMENTARI DI UNUMANITA PRIMITIVA
- G. Verga esordì con romanzi a sfondo
autobiografico, che documentano il suo nativo
Romanticismo. Verso i quarantanni, lo scrittore
venne liberandosi da codesto soggettivismo
romantico e volse la sua visione alla vita di
provincia, attratto da quel mondo di passioni
elementari in cui pulsava unumanità primitiva.
9LA FERREA LOGICA DELLA SOFFERENZA
- Il Verga maturo si venne orientando verso una
fede triste ed assoluta secondo la quale la
sofferenza è la logica ferrea, oggettiva,
implacabile della vita stessa.
10LUMANITA COLLETTIVA
- I protagonisti sono confusi in una umanità
collettiva, poiché tutti sono umiliati da quella
che è la norma fissa, fatale, universale la
sofferenza, triste equilibrio intrinseco la mondo
stesso.
11LASSENZA DELLIDILLIO
- Nello sconsolato mondo verghiano non cè mai
posto per lidillio e, dove a questo solo si
accenna, esso è subito oppresso da unatmosfera
di cruccio dal travaglio quotidiano dalla
preoccupazione della lotta senza tregua col mondo.
12LA LINGUA
- Cavalleria rusticana e La lupa furono i
primi due bozzetti della Vita dei campi è
possibile rendersene conto per alcune
testimonianze di carattere linguistico. In essi,
il dialetto siciliano urta e ribolle e borbotta
un po troppo bruscamente ancora (Luigi Russo).
13Un confronto fra G. DAnnunzio, Dalfino, da
Terra vergine (1882) e G. Verga, Cavalleria
rusticana, da Vita dei campi (1880)
14I MODI ESPRESSIVIG. DAnnunzio, Racconti (a cura
di P. Gibellini, P. Redaelli), La Scuola,
Brescia, 1992, pp. 33-48.
- Per Verga, che aveva rifiutato di esprimersi in
dialetto siciliano, si trattava di riprodurre la
fisionomia dellintelletto, il giro di pensieri
dei suoi personaggi incolti perché tutto il
racconto apparisse allinterno dellambiente
rappresentato e lopera desse lillusione di
essersi fatta da sé, senza lintervento di un
autore esterno.
- Per DAnnunzio tali elementi non sono che
preziosismi al pari degli altri, atti al più ad
offrire qualche tocco di colore, dal momento che
la presenza del narratore colto e raffinato è
ovunque avvertibile, nella selezione del lessico,
nei paragoni, nelle immagini, nelle ricercate
descrizioni paesaggistiche.
15Protagonisti a confronto
- Turiddu1 Macca, il figlio della gnà2 Nunzia,
come tornò da fare il soldato, ogni domenica si
pavoneggiava in piazza colluniforme da
bersagliere e il berretto rosso, che sembrava
quello della buona ventura, quando mette su banco
colla gabbia dei canarini (). Egli aveva portato
anche una pipa col re a cavallo che pareva vivo,
e accendeva gli zolfanelli sul dietro dei
calzoni, levando la gamba, come se desse una
pedata. Ma con tutto ciò Lola di Massaro Angelo
non si era fatta vedere né alla messa, né sul
ballatoio ché si era fatta sposa con uno di
Licodia, il quale faceva il carrettiere e aveva
quattro muli di Sortino in stalla. Dapprima
Turiddu come lo seppe, santo diavolone! voleva
trargli fuori le budella dalla pancia , voleva
trargli, a quel di Licodia! però non ne fece
nulla, e si sfogò collandare a cantare tutte le
canzoni di sdegno che sapeva sotto la finestra
della bella.
- Nella spiaggia lo chiamavano Dalfino e il
nomignolo gli stava a capello, perché dentro
lacqua pareva proprio un delfino, con quella
schiena curvata dal remo e annerita dalla
canicola, con quella grossa testa lanosa, con
quel vigore sovrumano di gambe e di braccia che
gli facea far guizzi e salti e tonfi da
raccapriccire. Bisognava vederlo buttarsi giù con
un urlo dallo scoglio de Forrioni, come un
aquilastro ferito allala, e poi ricomparire
venti braccia più in là, fuor dellacqua verde,
con tanto docchiacci aperti contro il sole
bisognava vederlo!
16Duelli a confronto
- Entrambi erano buoni tiratori Turiddu toccò la
prima botta, e fu a tempo a prenderla nel
braccio come la rese, la rese buona, e tirò
allanguinaia (). Come egli (compare Alfio)
stava in guardia tutto raccolto per tenersi la
sinistra sulla ferita, che gli doleva, e quasi
strisciava per terra col gomito, acchiappò
rapidamente una manata di polvere e la gettò
negli occhi dellavversario. - Ah! urlò Turiddu accecato son morto.
- Ei cercava di salvarsi facendo salti disperati
allindietro ma compare Alfio lo raggiunse con
unaltra botta allo stomaco e una terza alla
gola. - E tre! questa è per la casa che tu mi hai
adornato(). - Turiddu annaspò un pezzo di qua e di là fra i
fichidindia e poi cadde come un masso. Il sangue
gli gorgogliava spumeggiando nella gola, e non
poté profferire nemmeno Ah! Mamma mia! -
- - Addio, Zarra vado.
- La baciò sulla bocca poi si diede a correre
sulla rena verso la Dogana, e il sangue gli sera
inferocito. Incontrò il fnanziaere proprio sotto
la lanterna gli si fece addosso come una tigre e
lo sgozzò dun colpo senza fargli dire né pure
gesummaria. - Poi, mentre la gente accorreva, si gettò in mare
contro i cavalloni furibondi, sparì, ricomparve
lottante con quel suo vigore sovrumano e lo
videro su la cima bianca dei marosi, come un
delfino, ricomparire, sparire, perdersi per
sempre nel crepuscolo incerto, tra i fischi dello
scirocco e le grida disperate di comare Gnese.