Title: Ovidio poeta d'amore
1Corteggiamento al circo
In te, per prima cosa, sia la fiducia di poterle
avere tutte
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2Premessa Nota introduttiva Ovidio cenni
generali sulla vita Introduzione generale agli
Amores Introduzione generale all Ars
amatoria Vai al testo in latino del brano scelto
dagli Amores Vai al testo in italiano del brano
scelto dagli Amores Vai al testo in latino del
brano scelto dall Ars amatoria Vai al testo in
italiano del brano scelto dall Ars
amatoria Note bibliografiche Home nb per
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3Nota introduttiva Il poeta della Roma galante,
il poeta dandy e dongiovanni, ci si mo-stra in
azione, durante uno spettacolo di corse,
occasione favorevole per agganciare e sedurre
una bella e formosa fanciulla, in un deli-zioso
gioco damore, di cui lUrbe è affascinante
cornice. E interessante notare come questo
episodio, narrato negli Amores (3,2), sia
riproposto praticamente pari pari, quasi
ventanni dopo, nell Ars amatoria (I, vv.
135-162), ma in forma - come dire - im-personale
e precettistica. La tecnica di corteggiamento,
collaudata in prima persona, assurge a dottrina
universalmente applicabile dallalto della sua
consumata e-sperienza, Ovidio si elegge (anzi,
dallo stesso Amore è eletto), a buon diritto,
lascivi... praeceptor Amoris (2, 497), maestro
damo-re lascivo.
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4Corteggiamento al circo (Amores - 3,2) 'Non ego
nobilium sedeo studiosus equorumcui tamen ipsa
faves, vincat ut ille, precor.ut loquerer tecum
veni, tecumque sederem,ne tibi non notus, quem
facis, esset amor.tu cursus spectas, ego te
spectemus uterquequod iuvat, atque oculos pascat
uterque suos.O, cuicumque faves, felix agitator
equorum!ergo illi curae contigit esse tuae? hoc
mihi contingat, sacro de carcere missisinsistam
forti mente vehendus equis,et modo lora dabo,
modo verbere terga notabo,nunc stringam metas
interiore rota.si mihi currenti fueris
conspecta, morabor,deque meis manibus lora
remissa fluent.at quam paene Pelops Pisaea
concidit hasta,dum spectat vultus, Hippodamia,
tuos!nempe favore suae vicit tamen ille puellae.
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5vincamus dominae quisque favore suae!Quid
frustra refugis? cogit nos linea iungi.haec in
lege loci commoda circus habet -- tu tamen a
dextra, quicumque es, parce puellaecontactu
lateris laeditur ista tui.tu quoque, qui spectas
post nos, tua contrahe crura,si pudor est,
rigido nec preme terga genu!Sed nimium demissa
iacent tibi pallia terra.collige -- vel digitis
en ego tollo meis!invida vestis eras, quae tam
bona crura tegebasquoque magis spectes --
invida vestis eras!talia Milanion Atalantes
crura fugacisoptavit manibus sustinuisse
suis.talia pinguntur succinctae crura Dianaecum
sequitur fortes, fortior ipsa, feras.his ego non
visis arsi quid fiet ab ipsis?in flammam
flammas, in mare fundis aquas.suspicor ex istis
et cetera posse placere,
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6quae bene sub tenui condita veste latent. Vis
tamen interea faciles arcessere ventos?quos
faciet nostra mota tabella manu.an magis hic
meus est animi, non aeris aestus,captaque
femineus pectora torret amor?dum loquor, alba
levi sparsa est tibi pulvere vestis.sordide de
niveo corpore pulvis abi!Sed iam pompa venit --
linguis animisque favete!tempus adest plausus --
aurea pompa venit.prima loco fertur passis
Victoria pinnis -- huc ades et meus hic fac,
dea, vincat amor!plaudite Neptuno, nimium qui
creditis undis!nil mihi cum pelago me mea terra
capit.plaude tuo Marti, miles! nos odimus
armapax iuvat et media pace repertus
amor.auguribus Phoebus, Phoebe venantibus
adsit!artifices in te verte, Minerva,
manus!ruricolae, Cereri teneroque adsurgite
Baccho!
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7Pollucem pugiles, Castora placet eques!nos tibi,
blanda Venus, puerisque potentibus
arcuplaudimus inceptis adnue, diva, meisdaque
novae mentem dominae! patiatur amari!adnuit et
motu signa secunda dedit.quod dea promisit,
promittas ipsa, rogamuspace loquar Veneris, tu
dea maior eris.per tibi tot iuro testes
pompamque deorum,te dominam nobis tempus in omne
peti! Sed pendent tibi crura. potes, si forte
iuvabit,cancellis primos inseruisse
pedes.maxima iam vacuo praetor spectacula
circoquadriiugos aequo carcere misit equos.cui
studeas, video. vincet, cuicumque favebis.quid
cupias, ipsi scire videntur equi.me miserum,
metam spatioso circuit orbe!quid facis? admoto
proxumus axe subit.quid facis, infelix? perdis
bona vota puellae.
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8tende, precor, valida lora sinistra manu!favimus
ignavo -- sed enim revocate, Quirites,et date
iactatis undique signa togis!en, revocant! -- ac
ne turbet toga mota capillos,in nostros abdas te
licet usque sinus.Iamque patent iterum reserato
carcere postesevolat admissis discolor agmen
equis.nunc saltem supera spatioque insurge
patenti!sint mea, sint dominae fac rata vota
meae!Sunt dominae rata vota meae, mea vota
supersunt.ille tenet palmam palma petenda mea
est.'Risit, et argutis quiddam promisit
ocellis.'Hoc satis est, alio cetera redde loco!'
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9Corteggiamento al circo (Amores - 3,2) Non è
linteresse per i cavalli di razza che mi fa
sedere qui in ogni modo faccio voti perché vinca
la gara quello per il quale tieni tu. Io so-no
venuto per parlare con te e per sederti vicino,
perché il sentimento damore che susciti in me
non ti fosse ignoto. Tu guardi le corse, io
guardo te guardiamo pure entrambi quel che ci
piace e lasciamo che i nostri occhi si sazino. O
fortunato lauriga, chiunque sia, per cui fai il
tifo! Dunque egli ha avuto la fortuna di
suscitare il tuo interesse? Possa questa fortuna
capitare anche a me, ed io salirò pieno dardore
sul carro mentre i cavalli si lanciano fuori dal
sacro recinto e ora allenterò le bri-glie, ora li
frusterò sul dorso, ora con la ruota interna
sfiorerò la meta ma se, mentre corro, tu mi
guarderai, rallenterò e dalle mie mani le
bri-glie penderanno abbandonate. O Ippodamìa,
quanto poco mancò che Pélope, mentre contemplava
il tuo volto, cadesse trafitto dalla lancia del
re di Pisa! Eppure egli vinse infine secondo
laugurio della sua in-namorata
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10possa ciascuno di noi vincere secondo laugurio
della sua donna. Per-ché cerchi invano di
allontanarti? La linea che separa i posti ci
co-stringe a stare uniti. Il Circo con la sua
legge offre questi vantaggi. Tu però, chiunque tu
sia che siedi alla sua destra, abbi riguardo per
lei ella è infastidita dal contatto con il tuo
fianco anche tu, che occu-pi il posto alle
nostre spalle, ritrai le gambe, se hai un po di
rispetto, e non fare pressione sulla sua schiena
con le tue dure ginocchia. Ma il tuo mantello è
sceso troppo e tocca terra sollevalo, altrimenti
prov-vedo io con le mie mani. Eri una veste
maligna, tu che coprivi delle gambe così belle e
per vedere di più... eri proprio una veste
maligna. Gambe simili, quelle di Atalanta in
fuga, Milanione avrebbe deside-rato sorreggere
con le sue mani così vengono dipinte le gambe di
Diana quando, in succinta tenuta da caccia,
insegue gli animali sel-vaggi, ancor più
selvaggia di loro. Io arsi di desiderio per
quelle gam-be che ancora non avevo visto che
accadrà ora che le ho viste? Tu a-limenti le
fiamme con la fiamma, il mare con lacqua. A
giudicare dalle gambe immagino che mi piaceranno
anche le altre tue bellezze,
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11che sono ben nascoste sotto la veste leggera.
Vuoi comunque che nel frattempo, agitando con la
mano il programma, io susciti un piacevole
venticello? O forse questo calore ardente non
deriva dalla stagione, ma dalla mia passione ed è
lamore per una donna che brucia il mio cuore
or-mai schiavo?. Mentre parlavo, la tua bianca
veste si è cosparsa di polvere leggera via,
sporca polvere, lontano da questo corpo candido
come ne-ve! Ma ormai comincia la sfilata
raccoglietevi e fate silenzio è il mo-mento di
applaudire avanza il corteo sfavillante doro.
Al primo posto procede la Vittoria con le ali
spiegate vieni qui, o dea, e fa che il mio
a-more sia vincitore. Applaudite Nettuno, voi che
guardate troppo fiduciosi alle onde col mare io
non ho nulla da spartire mi trattiene la mia
terra. Applaudi il tuo Marte, o soldato io, le
armi le odio a me dà gioia la pace e il trovare
in essa lamore. Apollo sia propizio agli aùguri,
Diana ai cac-ciatori le mani degli artisti e
degli artigiani si tendano verso di te, o
Mi-nerva. Voi, contadini, alzatevi al passaggio
di Cerere e del giovane Bac-co
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12ai pugili è caro Pollùce, ai cavalieri Càstore.
Io applaudo te, dolce Ve-nere, e gli Amorini
signori dellarco concedi il tuo assenso alle
mie imprese, o dea, e infondi ardire alla mia
nuova padrona perché si lasci amare Venere ha
fatto un cenno di approvazione e con esso mi ha
da-to presagi favorevoli. Ti prego, prometti
anche tu quel che ha promes-so la dea senza
offesa per Venere, tu sarai per me una dea ancor
più grande. Lo giuro davanti a tanti testimoni e
al corteo degli dèi ti desi-dero come mia
signora per sempre. Ma le tue gambe sono senza
soste-gno se ti fa piacere, puoi appoggiarti con
la punta dei piedi fra le travi dello steccato.
Ma ecco che nella pista ormai libera del Circo il
pretore ha dato il via dalla stessa linea di
partenza ai cavalli delle quadrighe è lo
spettacolo più importante. Ho capito per chi fai
il tifo vincerà, chiunque sia a godere delle tue
preferenze perfino i cavalli sembrano sapere
quali siano i tuoi desideri. Me infelice, ha
preso una curva trop-po larga che fai?
Linseguitore, accostando il carro, sfiora la
meta. Che fai, disgraziato? rendi vani i
favorevoli auguri della mia donna
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13tira con mano sicura le redini dalla parte
sinistra, te ne scongiuro! Abbia-mo dato il
nostro sostegno a un incapace. Ma avanti,
cittadini, fateli rico-minciare e agitando le
toghe fate segno da ogni parte. Ecco, li fanno
rico-minciare ma, per evitare che il movimento
delle toghe ti scompigli i ca-pelli, tu puoi
ripararti stringendoti al mio petto. E ormai,
aperti i cancelli, si spalancano di nuovo le
porte delle scuderie e una schiera variopinta si
slancia in avanti sui cavalli che vanno a briglia
sciolta. Cerca di vincere almeno questa volta e
svetta nello spazio che ti si apre davanti fa
sì che le mie speranze e quelle della mia donna
si rea-lizzino. Le speranze della mia donna si
sono realizzate, restano ancora le mie quello ha
conquistato la vittoria, ora devo conquistarla
io. Si è messa a ridere e parlando con gli occhi
mi ha fatto una mezza promessa. Questo per ora
mi basta il resto concedimelo altrove.
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14Corteggiamento al circo (Ars amatoria -
1,135-162) Nec te nobilium fugiat certamen
equorum multa capax populi commoda Circus
habet. Nil opus est digitis per quos arcana
loquaris, nec tibi per nutus accipienda nota
est proximus a domina nullo prohibente
sedeto, iunge tuum lateri qua potes esque
latus. Et bene, quod cogit, si nolis, linea
iungi, quod tibi tangenda est lege puella
loci. Hic tibi quaeratur socii sermonis origo, et
moveant primos publica verba sonos cuius equi
veniant facito studiose requiras, nec mora,
quisquis erit cui favet illa, fave. At cum pompa
frequens caelestibus ibit eburnis, tu Veneri
dominae plaude fervente manu.
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15Utque fit, in gremium pulvis si forte
puellae deciderit, digitis excutiendus erit etsi
nullus erit pulvis, tamen excute
nullum quaelibet officio causa sit apta
tuo. Pallia si terra nimium demissa
iacebunt, collige et immunda sedulus effer
humo protinus, officii pretium, patiente
puella contingent oculis crura videnda
tuis. Respice praeterea, post vos quicumque
sedebit, ne premat opposito mollia terga
genu. Parva leves capiunt animos fuit utile
multis pulvinum facili composuisse manu profuit
et tenui ventos movisse tabella et cava sub
tenerum scamna dedisse pedem.
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16Corteggiamento al circo (Ars amatoria -
1,135-162) Quanto a te, non fuggire i certami di
cavalli di razza offre occasioni un circo che
accolga grande folla. Non occorre servirsi, per
arcani messaggi, delle dita, né attenderne per
cenni la risposta. Ma siedi, nessuno può
proibirlo, molto vicino a quella che ti piace, e
avvicina il tuo fianco al suo quanto più
puoi. Per fortuna la fila, pur se non vuoi, di
accostarla ti impone, il contatto con lei è
regola del luogo. Infine non ti resta che cercare
linizio di un discorso e i discorsi abituali
serviranno da avvio. Di chi siano i cavalli che
entrano domanda con passione e subito propendi
per il suo favorito. E non appena sfili
laffollato corteo di dèi davorio applaudi con
fervore Venere tua padrona.
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17Se cade un po di polvere nel grembo di una
donna, come avviene, suoterla tu dovrai con le
dita, se invece non cè polvere alcuna, scuoti
ugualmente questo nulla sia adatta ogni
occasione alle tue cortesie. Se un lembo del
mantello scivola giù fino a restare a
terra premuroso raccoglilo dallo sporco terreno e
avrai sùbito, come premio alla tua premura, col
consenso di lei, loccasione di guardarle le
gambe. E controlla, voltandoti, che chi sarà
seduto dietro a voi non tocchi col ginocchio la
sua tenera schiena. Piccoli gesti avvincono animi
delicati servì a molti aggiustare un cuscino con
la mano, abilmente, ma giovò pure muovere con il
lieve ventaglio laria e porle sotto il tenero
piede un sostegno incavato.
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18Publio Ovidio Nasone (Sulmona, Abruzzo 43 a.C.
Tomi, Mar Nero 17-18 d.C.) O. nacque da antica e
agiata famiglia equestre (nell'elegia 4, 10 dei
Tristia è il poeta stesso a trasmetterci notizie
sulla sua vita). A Roma, ove si recò col
fratello, studiò grammatica e retorica presso
insigni maestri come Arellio Fusco e Porcio
Latrone. Destinato alla carriera forense e
politica, O. avvertì, invece, imperiosa
l'inclinazio-ne verso la poesia, al punto che
tutto ciò che tentava di dire era già in versi
(et quod temptabam dicere versus erat). Dopo il
rituale viaggio di perfezionamento ad Atene, O.
rientrò a Roma, dove esercitò solo qualche
magistratura minore. Ad alimen-tare la sua
vocazione poetica fu Valerio Messalla Corvino ma
O. fu vicino pure a Mecenate, e conobbe i
maggiori poeti dellepoca, co-me Orazio,
Properzio, Gallo (solo per poco vide Virgilio).
Ebbe tre mogli dopo due matrimoni sfortunati
(ebbe una figlia, forse dalla seconda moglie),
sposò una giovane fanciulla della gens Fabia che
lo amò teneramente sino alla fine. Il legame
coniugale, tuttavia, non gli impedì di essere il
poeta galante, cantore di una Roma ormai
dimentica delle guerre civili, vogliosa soltanto
di vivere e di godere.
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19Nell'8 d.c., quando ogni cosa sembrava
sorridergli, il poeta fu colpi-to da un ordine di
Augusto (revocato neanche dal successore
Tibe-rio), che lo relegava a Tomi, l'attuale
Costanza, sulle coste del Ponto (il Mar Nero). Si
trattò, è vero, di una relegatio che, a
differenza dell exilium, non prevedeva la
perdita dei diritti di cittadino e la confisca
dei beni. E tuttavia, di fatto, O. fu costretto a
rimanere iso-lato in una terra selvaggia e
inospitale, nella più cupa tristezza, sino alla
morte. Ignoti restano i motivi del severo
provvedimento di Augusto, anche se O. parla,
enigmaticamente, di due colpe che l'avrebbero
perduto (trist. 2, 1, 207) carmen et error.
Nel carmen devesserci al-lusione all Ars
amatoria, il suo trattato sull'amore libertino
che, contemporaneamente alla condanna, venne
ritirato dalle biblioteche pubbliche. Riguardo l
error, l'ipotesi più verisimile è che O. sia
stato coinvolto in uno scandalo di corte fatto è
che, nello stesso an-no, pure Giulia minore,
nipote di Augusto, fu relegata nelle isole
Tremiti, accusata di adulterio col giovane
patrizio Decimo Silano.
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20Amores. Gli Amores, in 3 libri (una I ed. era
però in 5 libri), furono composti allincirca
tra il 23 e il 14 a.C. Ovidio ne iniziò la
composizione, dun-que, intorno ai vent'anni,
allepoca delle frivole e galanti esperienze
gio-vanili. Sono complessivamente 49 elegie di
carattere amoroso, nella maggior parte delle
quali è cantata la tormentata storia damore
con una donna, Corinna. Ma Corinna è uno
pseudonimo (è il nome di una poetessa gre-ca)
forse di un personaggio puramente letterario.
Quel che si può con certezza affermare è che
Corinna è lontanissima dalle donne intensamen-te
vagheggiate dagli altri poeti d'amore latini
ella sembra sintetizzare tut-ti quanti gli
amori di un poeta che, per indole, non poteva
cantare unu-nica passione (tutte gli piacciono
le belle romane, e a nessuna si sente di opporre
resistenza non una bellezza definita suscita in
lui l'amore ogni donna ha una sua attrattiva, a
volte particolarissima, che, in maniera
irre-sistibile, riesce a sedurlo (2, 4) ).
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Continua
21Corinna, dunque, è donna, almeno nella fantasia
poetica, e al contempo, è un insieme di donne, la
somma di esperienze erotiche o semplicemente
galanti, che il poeta vive in una Roma splendida,
in una società smalizia-ta e gaudente, salottiera
e perdigiorno. Amore come avventura, dunque, con
tutto ciò che ogni avventura com-porta
corteggiamento, attese, vezzose ritrosie,
conquiste mai definitive, ma legate al momento, a
un cenno di compiacenza, a un assenso final-mente
ottenuto, ma pronto a dissolversi alle prime
nuove brezze. Sono a-mori che iniziano e
finiscono spesso lì dove sono nati, che sembrano,
nonostante le promesse, esaurirsi in un'amabile
corte (come in quella, impareggiabile, che il
poeta rivolge a una gran bella donna, tutta gambe
e sorrisi, che, accanto a lui, assiste alle corse
dei carri nel Circo, ovvero il brano qui di
seguito riportato (3, 2) ). Arguto è O., in
questo gioco dei sentimenti, d'una arguzia
gradevolmente ironica, che costituisce una delle
note più gustose di questo suo disincan-tato
mondo poetico.
Continua
22E una sequela di quadri, di scene di vita, che
s'alternano a precetti da-more, a casistiche
varie, alle infinite situazioni che l'incontro di
una don-na può destare (ma sorprendente, sin
d'ora, è anche l'attitudine del poeta a scavare
entro le pieghe riposte della psicologia
femminile). Una poesia, dunque, di una
superficialità che incanta, che dell'amore sembra
preferire i soli esterni, in una società che
tutta pare ridursi a vi-vere in un perenne gioco
galante. Il tutto con un distico elegiaco
estrema-mente musicale che segue con rara
aderenza la materia trattata. Ad alimentare la
fantasia ovidiana, infine, è la precedente
produzione e-legiaca, è una serie di luoghi
comuni (come il lamento davanti alla por-ta
dell'amata, il servizio d'amore inteso come
milizia...) è l'epigramma ellenistico d'amore,
invece, che gli suggerisce variazioni su tema
presso-ché infinite ma è anche una Roma
brillante e festosa, che viene ad essere nei suoi
versi eternata.
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23L'Ars amatoria. L' Ars amatoria (il cui titolo,
derivante dal primo verso dell'opera, si può
opportunamente tradurre arte della seduzione),
composta da Ovi-dio tra l1 a.C. e l'l d.C.,
consta di 2330 versi (distici elegiaci),
suddivisi in 3 libri i primi due sono
indirizzati agli uomini, ai quali il poeta
inse-gna come incontrare, conquistare (1),
conservare (II) l'amore di una don-na nel III,
composto in un secondo momento, il poeta rivolge
gli stessi consigli alle donne. Nel I libro (da
cui è tratto il brano qui presentato), dunque,
Ovidio asseri-sce che lamore va regolato con
larte e che larte che egli insegna gli è stata
suggerita dalla pratica vuol dare precetti che
aiutino a cercare la donna da amare, che possano
servire ad attrarla, e infine a conservarne
lamore enumera innanzitutto i luoghi che deve
frequentare chi è inten-zionato a trovare la sua
donna i vari portici, i templi, i fori, i
teatri, i luo-ghi dove si svolgono i giochi, il
circo, la spiaggia di Baia, ecc. occorre sedersi
accanto alla donna, conversare con lei, fare il
tifo per chi ella preferisce. Servono allo scopo
anche i pranzi, dove i vini danno ardimento e
infiam-mano.
Continua
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24Ma come conquistare la donna? Tutte le donne
possono essere prese gli uomini, però, non
devono supplicarle con invadenza e senza i dovuti
ac-corgimenti occorre bensì conoscerne lancella
fidata, che parlerà alla pa-drona e porterà le
missive gli scritti e le promesse otterranno
leffetto. Luomo, poi, deve avvicinarsi alla
donna non azzimato la sua deve esse-re una
bellezza trascurata procurerà di partecipare
al banchetto con lei, dirigerà la conversazione
dove le piace, le rivolgerà complimenti e
lusin-ghe. Terminato il banchetto, le si
avvicinerà, e farà professione damore giovano
promesse, giuramenti (anche se falsi), lacrime,
baci, e a volte anche una dolce violenza. Per
mantenere la conquista (II libro), poi, non
bisogna ricorrere ad indo-vini né a filtri
magici alle buone qualità della persona occorre
aggiunge-re le doti dellingegno. Occorre evitare
litigi e sapersi adattare, essere puntuale agli
appuntamenti, saper fare complimenti allamata,
far nascere con lei unamabile consuetudine, cosa
importantissima. Quando è il caso, occorre far
nascere anche una certa gelosia. Mai, infine, si
rinfaccino i difetti occorre anzi senzaltro
farli passare per pregi.
Continua
25Le donne, da parte loro, non sciupino quanto
letà offre e siano arrende-voli con gli uomini
(III libro) abbiano cura della propria persona,
evi-denziando una bellezza naturale nascondano,
altresì, i difetti della faccia e del corpo,
incedano con grazia, imparino a cantare, a
suonare la cetra e larpa, a declamare poesie, a
danzare. Devono poi farsi notare in pubblico,
passeggiando sotto i portici, visitare i templi,
le are, assistere agli spettacoli il caso ha
importanza ovunque dappertutto le donne gettino
lamo. Rispondano dopo breve indugio alle lettere
degli amanti e le facciano recapitare da servi
sicuri. Sappiano evi-tare le rivali e non
manifestino le proprie conquiste altre
potrebbero co-glierne il frutto. Non si facciano
accompagnare da serve particolarmente belle.
Arrivino piuttosto tardi ai banchetti usino
lusinghe, facendo inten-dere con la voce e
lanelito della bocca che cosa desiderano.
Continua
26L' Ars amatoria inaugura un genere nuovo
l'opera vuole essere un trat-tato sui
comportamenti d'amore, vera summa - e culmine, ma
insieme su-peramento - di tutta l'elegia latina
precedente una precettistica di galan-teria
erotica, condita di arguzie e piacevolezze, ma
nella struttura del poema didascalico (del tipo
delle Georgiche virgiliane). Di qui un contrasto
sottile, che offre al poeta l'occasione per
istituire un suo gioco, intellettualistico e
ironico, su quell'eterno gioco (lusus) che è
l'amore (egli è lascivi... praeceptor Amoris
2, 497). L'Ars amatoria (che già nel titolo
riecheggia ma in modo satirico-parodistico - da
un lato le coeve artes oratoriae, dall'altro le
arti d'amare dei filosofi greci) dispone in
maniera organica quei precetti che più di una
volta, anche se in forma isolata, erano già
apparsi negli Amores (qualche spunto
pre-cettistico era anche in Tibullo e in
Properzio) ma è una precettistica molto poco
austera, perché ogni situazione d'amore resta
solo frivola av-ventura, arricchita da
digressioni, gustosi riferimenti al mondo del
mito o alla storia o alla leggenda (in alcuni
affreschi mitici è già prefigurato quello che
sarà il mondo delle Metamorfosi).
Continua
27Al di sopra di tutto, al di sopra dei luoghi
comuni, dei consigli d'amore, delle scene di vita
come degli squarci di mito è la sorridente
arguzia del poeta, che con arte suprema e
impeccabile impegno formale ha creato un mondo in
cui tutto sembra accordarsi (anche gli inganni,
gli spergiuri e le astute simulazioni) in una
superiore armonia. Sullo sfondo, infine, la Roma
contemporanea al poeta, una Roma reale e non
trasfigurata, che si gode bellamente la pax
augusta e si diverte con disinvoltura, a
dispetto del biasimo dei vari novelli catoni e
delle leggi dellimperatore una Roma nelle cui
vie affollate unica dominatrice sem-bra essere
appunto la donna, con l'incanto delle sue
apparizioni, con la gioia e il senso di vita che
riesce a infondere. Questo ovidiano è
soprattutto un mondo di grazia e di eleganza,
dove o-gnuno trova la propria dimensione in un
impegno d'amore che è, sì, coin-volgente, ma che
mai assorbe troppo sul serio. E anche gli dèi e
gli eroi sembrano far parte di questo mondo, dove
tutto si riduce a levità, a gioco superficiale ma
terribilmente ammaliante.
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28Nota bibliografica. Testi Amores e Ars
amatoria http//patriot.net/lillard/cp/ovid.htm
l Traduzione Amores Gabriella Leto, Ovidio.
Versi e precetti damore., Einaudi Traduzione
Ars amatoria http//www.pegacity.it Vita di
Ovidio e descrizione delle opere tratti
principalmente da C. Salemme Autori e testi
della letteratura latina Loffredo (con
integrazione di altri testi e appunti) Immagine
tratta da http//www.phil.uni-erlangen.de/p2late
in/ovid/start.html
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