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AGOSTINO Tratto dal sito: www.arete-consulenzafilosofica.it/didattica

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AGOSTINO Tratto dal sito: www.arete-consulenzafilosofica.it/didattica Hai fatto inquieto il nostro cuore Qual il problema tempo ? Il problema che non ... – PowerPoint PPT presentation

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Title: AGOSTINO Tratto dal sito: www.arete-consulenzafilosofica.it/didattica


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AGOSTINOTratto dal sito www.arete-consulenzafilo
sofica.it/didattica
  • Hai fatto inquieto il nostro cuore

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La vita di un santo filosofo
  • Agostino nasce a Tagaste (Algeria orientale) nel
    354 da una coppia di piccoli possidenti, formata
    dal padre Patrizio e dalla madre Monica,
    questultima di fede cristiana.
  • Morto il padre, si reca a Cartagine dove compie i
    suoi studi superiori e conosce una donna, di cui
    non si sa il nome, che gli dà un figlio ,
    Adeodato nel 372.

3
La vita di un santo filosofo 2
  • Durante il soggiorno a Cartagine aderisce al
    manicheismo (da Mani di Babilonia, 216-277),
    dottrina religioso filosofica a carattere
    sincretistico mette assieme cristianesimo,
    marcionismo, gnosi valentiniana, zoroastrismo -
    che pone allorigine del mondo due principi
    avversi un dio del bene (Buon principio o Padre
    della maestà) e un dio del male (il Dio
    dellAntico Testamento), il cui luogo di
    confronto e di conflitto sarebbe il nostro mondo
    e i cui due elementi opposti sarebbero lo
    spirito-bene e la materia-male. Il credente
    manicheo doveva così impegnarsi a far prevalere
    lo spirito sulla materia, liberandosi dai vincoli
    delle tenebre per rivolgersi al mondo della luce.
  • In questo periodo la lettura dellOrtensio
    ciceroniano suscita in lui la curiosità per la
    filosofia (quella greca sarà da Agostino sempre
    approcciata in traduzione)
  • Dopo un breve periodo passato nuovamente a
    Tagaste, torna a Cartagine nel 375 e lì apre una
    scuola di eloquenza.

4
La vita di un santo filosofo 3
  • Tra il 382 e il 383 si trasferisce a Roma alla
    ricerca di un luogo più adatto per insegnare
    gli studenti cartaginesi erano particolarmente
    turbolenti ma fallisce lobiettivo, visto che
    alcuni studenti romani spariscono senza averlo
    pagato.
  • Nel 384 è a Milano, allora capitale dellimpero,
    città nella quale ottiene una cattedra di
    retorica grazie ad alcuni amici manichei
  • Lascolto delle prediche di Ambrogio, vescovo di
    Milano, lo convince circa la profondità delle
    Scritture cristiane, comprese nel loro senso
    allegorico e morale, quindi alla ricerca dello
    spirito del testo oltre il puro significato
    letterale. Raggiunto dalla madre, matura una
    sincera adesione al cristianesimo. Ciò avviene
    anche per merito del prete Simpliciano, che gli
    racconta della conversione di Mario Vittorino,
    filosofo platonico grazie alla cui opera di
    traduzione egli aveva potuto avvicinarsi ai testi
    di Platone e dei neoplatonici, e dellamico
    Ponticiano che lo fa partecipe della vita e della
    spiritualità monacale.

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La vita di un santo filosofo 4
  • Subito dopo la conversione si ritira con la madre
    a Cassiciaco (Cassago Brianza), forse per un
    problema di salute che lo costringe ad
    abbandonare linsegnamento e qui compone i primi
    dialoghi Contro gli accademici, La vita felice,
    Lordine e i Soliloqui in cui emerge accanto
    alla nuova prospettiva cristiana, la passione
    filosofica.
  • Nella Pasqua del 387 (25 aprile) riceve a Milano
    da Ambrogio il battesimo.

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La vita di un santo filosofo 5
  • Tornato a Roma e poi a Cartagine, è ordinato
    sacerdote nel 391 a Ippona (Algeria nord
    orientale) e, per acclamazione popolare, vescovo
    della stessa città nel 395.
  • Già nel 392 aveva affrontato una disputa contro
    il manicheo Fortunato, e nello stesso anno aveva
    cominciato a schierarsi contro i donatisti, cioè
    i seguaci di Donato di Case Nere, vescovo di
    Numidia, che anni prima si era opposto alle
    decisioni del concilio di Elvira del 305-306. In
    tale concilio si era deciso di riaccogliere nella
    Chiesa coloro (i cosiddetti lapsi perduti, dal
    labor scivolare) che durante le persecuzioni
    avevano tradito (da tradere consegnare) cioè
    avevano consegnato le Scritture alle autorità
    romano-pagane per aver salva la vita. Secondo i
    donatisti tali persone non potevano essere
    riammesse (a meno che non fossero state
    nuovamente battezzate) e men che meno assumere
    cariche importanti come era accaduto al vescovo
    di Cartagine Ceciliano, ex traditore. A tale
    impostazione rigida e intransigente si era
    opposta la Chiesa di Roma e con lei Agostino, che
    affronta i donatisti con numerosi scritti e
    giunge ad ottenere un notevole successo contro di
    loro in una disputa pubblica nel 411. Come
    afferma lEsposito, le opere contro i donatisti
    soggiaciono ad una singolare contraddizione da
    un lato Agostino sostiene che nessuno può
    decidere chi deve stare nella Chiesa e chi no,
    perché lo stesso Gesù aveva detto che sarebbe
    stato suo compito separare il grano dalla
    zizzania dallaltro il vescovo di Ippona invoca
    contro gli stessi donatisti un provvedimento di
    esclusione dalla Chiesa da attuare anche con la
    forza dellesercito romano, da lui stesso
    chiamato ad intervenire.

7
La vita di un santo filosofo 6
  • Lultima grande disputa fu contro i seguaci del
    monaco britannico Pelagio (360 ca-427) secondo
    cui gli uomini non erano predestinati (concetto
    di Sant'Agostino elaborato da una sua
    interpretazione molto personale del pensiero di
    San Paolo), ma potevano, invece, solamente con la
    propria volontà (liberum arbitrium) e per mezzo
    di preghiere ed opere buone, evitare il peccato e
    giungere alla salvezza eterna non era necessario
    l'intervento della Grazia divinaIl pelagianismo
    inoltre negava la trasmissione del peccato
    originale, che aveva danneggiato solo Adamo e non
    tutto il genere umano (cfr. www.eresie.it,
    Pelagio). La disputa contro Pelagio e i
    semipelagiani che ammattevano la necessità
    della grazia divina ma ritenevano che essa fosse
    concessa solo a coloro che con le proprie forze
    avessero già deciso di vivere in modo virtuoso -
    tenne impegnato Agostino fino alla morte,
    sopravvenuta nel 430, mentre Ippona era sotto
    lassedio dei Vandali.

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La vita di un santo filosofo 7
  • La sua opera di polemista manifesta un
    indefettibile amore per la Chiesa e per il
    deposito della fede da essa custodito. Tale
    attaccamento, unito ad unopera instancabile di
    annuncio e pratica del Vangelo, lo rese
    amatissimo dal suo popolo e da tutti i cristiani,
    che presto ne sancirono la santità. Dal punto di
    vista strettamente filosofico e teologico, il suo
    contributo non si limitò agli scritti polemici,
    ma indagò tutti i grandi temi relativi al senso
    della vita e del mondo e produsse la monumentale
    sintesi della Città di Dio (413-427), le
    Confessioni (397-401, primo scritto di genere
    autobiografico), numerosi testi di commento alle
    Scritture (per es. il De Genesi ad litteram,
    401-414), di teologia (come il De trinitate,
    iniziato nel 399 e finito dopo il 420) e di
    morale (tra gli altri il De bono coniugali e De
    sancta virginitate entrambi del 401 e il De
    patientia del 417), non mancando pure di
    intervenire su temi oggi diremmo pedagogici ( De
    magistro del 388 e De catechizandis rudibus del
    399-400). Insomma si tratta di un grande sforzo
    di intelligenza della fede e di costruzione di
    una visione complessiva della realtà, in un
    felice connubio di tradizione platonica e
    rivelazione cristiana, che rimane nella memoria
    dOccidente come un pilastro di civiltà e di
    sapienza ancora capace di stimolare luomo a
    muoversi sulla via che conduce alla realizzazione
    più piena di sé in Dio

9
Una filosofia coinvolgente
  • Per Agostino, che aveva conosciuto da vicino le
    scuole filosofiche neoplatoniche, e il concetto
    di filosofia come esercizio spirituale, la
    filosofia, in strettissimo rapporto con la
    teologia, tratta della destinazione ultima
    delluomo, di un uomo che vive fino in fondo il
    dramma della vita in questo mondo e che, facendo
    esperienza del mondo, anela ad una perfetta
    realizzazione e felicità. Ma questo uomo non è
    lUomo in generale, bensì è luomo-Agostino con
    le sue inquietudini, con la tendenza alla
    dispersione e con la sua voglia di redenzione.

10
Il soggetto
  • Non cè dunque problema filosofico che non
    coinvolga direttamente il soggetto che parla,
    vive e fa filosofia. Da questa impostazione
    proviene anche, al di là del suo più noto
    scritto, Le confessioni, il tono appunto di
    confessione, di apertura della propria anima a
    Dio e al prossimo che possiede la gran parte dei
    suoi scritti, apportatori anche per questo di una
    significativa novità stilistica nel panorama
    della storia della filosofia.

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Una filosofia polemica 1 (contro i manichei)
  • Tre grandi polemiche hanno attraversato la vita
    di Agostino
  • La prima è quella contro i manichei, a favore
    dellunità e spiritualità del principio divino e
    contro ogni idea di malignità del mondo
    sensibile. In opposizione a quel gruppo di
    seguaci del saggio persiano Mani che lo aveva
    affascinato in gioventù, Agostino affronta anche
    il problema della consistenza ontologica del
    male il male non ha un suo principio perché non
    ha essere, ma esiste solo in quanto privazione di
    essere. Laddove manca il bene, lì cè male

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Il male
  • Il male di cui cercavo lorigine non è una
    sostanza, perché se fosse una sostanza, sarebbe
    un bene. E invero o sarebbe una sostanza
    incorruttibile e perciò senzaltro un bene
    grande, o una sostanza corruttibile e perciò un
    bene, perché altrimenti non potrebbe andare
    soggetta a corruzione. Perciò vidi chiaramente
    come Tu facesti buone tutte le cose
    (Confessioni, VII, 12)

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Mali fisici e morali
  • In realtà i mali possono essere distinti in
    fisici e morali
  • I fisici o derivano dalla struttura gerarchica
    delluniverso, in cui vè il superiore e
    linferiore (laddove questultimo, lungi dal
    corrompere la creazione, la completa infatti si
    possono giudicare migliori le cose superiori che
    non le inferiori, ma, con giudizio ben più sano,
    cè da affermare migliore luniverso che non le
    cose superiori - Confessioni, VII, 13), oppure
    sono necessari allarmonia cosmica come le ombre
    lo sono per far risaltare la luce e dunque fanno
    parte di una totalità che è in sé bene
  • I morali derivano dal peccato, che è un errore
    della volontà la quale si volge a ciò che è
    inferiore (aversio a Deo, conversio ad
    creaturam), piuttosto che a ciò che è superiore.

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Una filosofia polemica 2 (contro i donatisti)
  • La polemica contro i donatisti si mostra a favore
    di una Chiesa pellegrina e misericordiosa nei
    confronti di chi aveva sbagliato. Essa tuttavia
    determina, come sua conseguenza ulteriore, lidea
    di una possibile collaborazione tra Chiesa e
    Stato per stroncare leresia. Infatti, in alcune
    loro frange, i donatisti si facevano portatori di
    unescatologia intransigente che sosteneva
    lassoluta purezza della città divina e la sua
    assoluta separazione, anche in questo mondo,
    dalla città umana con un conseguente
    atteggiamento ribellistico nei riguardi delle
    autorità costituite.
  • Agostino invece, facendo leva sulla commistione
    dei due ambiti nella concreta vita mondana,
    sosteneva la possibilità di una convergenza di
    fini nella realtà effettuale, pur rimanendo
    chiara la superiorità della comunità ecclesiale
    nei confronti di ogni altro consesso civile.

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Una filosofia polemica 3 (contro i pelagiani)
  • La polemica contro i pelagiani fu invece in
    opposizione ad ogni presunzione di
    autosufficienza delluomo e a favore del
    riconoscimento della grazia divina quale vero e
    indispensabile perno della redenzione umana.

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Contro Pelagio
  • La lotta antipelagiana caratterizza la parte
    finale della vita di Agostino e contribuisce ad
    una soluzione finale del problema del rapporto
    tra libertà e grazia.

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Una filosofia (neo) platonica
  • La lettura dei neoplatonici nella traduzione di
    Mario Vittorino darà una connotazione
    fondamentale alla riflessione Agostiniana.
    Avvenuta nello stesso periodo della conversione
    al cristianesimo, consoliderà nel vescovo di
    Ippona la convinzione nella distinzione tra due
    mondi sovrasensibile e sensibile e nella
    destinazione dellanima umana al sovrasensibile,
    che nelladerirvi avrebbe dovuto compiere un
    cammino di purificazione nel quale sarebbe venuta
    via via in primo piano liniziativa di Dio e
    avrebbero progressivamente perso di importanza la
    capacità e limpegno umano.

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Due fasi della riflessione agostiniana
  • In particolare possiamo distinguere nella
    biografia filosofica del santo due periodi
  • 1) 386-397 il primo periodo, influenzato dalle
    letture neoplatoniche, e contraddistinto da un
    grande fiducia nella filosofia. La vera filosofia
    coincide con la vera religione.
  • 2) 397-430 è il periodo della svolta che si gioca
    attorno al tema della grazia, in cui filosofia e
    religione tendono a prendere strade diverse e si
    accentua il ruolo della teologia nel cammino
    della salvezza umana.

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Salvezza e felicità
  • Il tema della felicità in Agostino viene sempre
    più a sovrapporsi a quello della salvezza, che
    non è altro che la felicità concepita sub specie
    aeternitatis (dal punto di vista delleternità).
  • Nella prima fase della sua riflessione cfr.
    soprattuto il De vita beata del 386 - del tale
    questione viene affrontata nella tradizione delle
    filosofia stoica e neoplatonica, che affida
    propriamente alla filosofia il compito di
  • A) emancipare luomo dai desideri e dai beni che
    non si possono conseguire e che si ha timore di
    perdere
  • B) raggiungere lideale della vita filosofica
    ritirata dal mondo alla ricerca ellunico bene
    che non può essere sottratto la sapienza
  • C) essa ci da la misura di noi stessi, di ciò che
    possiamo avere e deisiderare e di ciò che
    dobbiamo abbandonare, secondo lideale greco del
    nulla di troppo.

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Lunico difetto della filosofia
  • E quello di essere eccessivamente elitaria e
    dunque di non raggiungere la gran massa delle
    persone che rimangono costrette nella prigione
    dellinfelicità.
  • Qui entra in gioco il cristianesimo, il cui
    messaggio non differisce sostanzialmente da
    quello filosofico (insegnare lesistenza di un
    principio imprincipiato del mondo, la vastità
    del suo intelletto e tutto ciò che da esso
    proviene per la nostra salvezza insegnare la
    necessità di distaccarsi dal sensibile e di
    purificare lanima con la virtù), ma che ha la
    capacità di essere appreso e accolto da interi
    popoli.
  • Dunque se la filosofia salva qualcuno, la fede
    cristiana salva le moltitudini, cioè permette
    loro di raggiungere anche in questa vita una
    piena realizzazione di sé

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Dopo il 397
  • La prospettiva muta radicalmente attorno al 397.
    alla radice vi è un mutamento della concezione
    della felicità, ora legata più intimamente alla
    visione biblica. Di fronte alla promessa del
    regno divino, la felicità filosofica, incentrata
    sullautodominio in vista di un disciplina del
    desiderio (desiderare solo ciò che si può avere)
    appare estremamente riduttiva. Nel De Trinitate
    (399) il vivere come si vuole della tradizione
    stoica e neoplatonica, appare un sopportare
    volontariamente ciò che non si può evitare.

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La felicità vera
  • In questo periodo emerge una concezione molto più
    esigente della felicità. Il desiderio non deve
    essere disciplinato, se non si vuole cadere in
    una mistificazione. Non il desiderio deve essere
    misurato sulla felicità possibile, ma la felicità
    si misura sulla soddisfazione del desiderio, per
    quanto impossibile possa essere. E tale desiderio
    non può fermarsi alla soglia della morte,
    dellerrore e della sofferenza, ma vuole vincerle
    e superarle. Per tale motivo la vita terrena non
    basta più, così come la filosofia e il suo
    orgoglio di fornire una via di salvezza centrata
    sulluomo diventano inservibili. Solo Dio può
    realizzare a fondo tutti i desideri umani, e solo
    la vita promessa può raggiungere le mete che ora
    ci sono precluse. In conclusione nessuno è felice
    se non è salvo e nessuno è salvo se Dio non lo ha
    salvato.

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Felicità e corpo
  • Che la felicità alberghi nellanimo del sapiente
    è una pia illusione della filosofia pagana, che
    non tiene conto dellostacolo rappresentato dalla
    corruttibilità del corpo, dalla sua ribellione ai
    giusti insegnamenti dellanima. Ma da dove viene
    tale corruttibilità e intrattabilità? Dal peccato
    che ha degradato la natura umana. Il peccato è
    innanzitutto quello dei protoparenti (peccato
    originale) che si è trasmesso attraverso la
    generazione biologica a tutta lumanità. Con il
    peccato luomo ha perso limmortalità.

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Peccato e libertà
  • Con il peccato luomo ha perso anche la sua
    libertà. Prima del peccato egli disponeva della
    libertà di poter non peccare dopo il peccato
    egli si trova nella condizione di non poter non
    peccare nella redenzione finale egli acquisirà
    la libertà di non poter peccare. Tale libertà è
    acquisibile solo per grazia.

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Grazia e predestinazione la prima riflessione
  • Analizzando la vicenda di Giacobbe ed Esaù nelle
    Questioni sulla lettera ai romani Agostino
    osserva
  • 60. Infatti prima ancora che nascessero e
    facessero alcunché di bene o di male, perché
    restasse valido il disegno di Dio secondo la sua
    elezione, non per riguardo alle opere ma a colui
    che laveva chiamato fu detto a lui Il maggiore
    sarà servo del minore, come sta scritto Ho amato
    Giacobbe e odiato Esaù. È un testo che turba
    diversi lettori in quanto indurrebbe a credere
    che lapostolo
  • Paolo abbia negato il libero arbitrio della
    volontà per il quale si merita Dio praticando il
    bene e la pietà e lo si offende quando si compie
    il male e si agisce da empi.
  • Ciò affermano in base al fatto che Dio avrebbe
    amato luno e odiato laltro prima che i due, non
    ancora nati, avessero compiuto qualsiasi opera,
    tanto buona che cattiva.
  • Rispondiamo che ciò accadde per la prescienza di
    Dio, mediante la quale egli, anche di chi non è
    ancora nato, sa quale sarà nella vita.
  • Ma qualcuno potrebbe obiettare ancora In colui
    che amò Dio scelse dunque le sue opere, anche se
    non esistevano, in quanto egli conosceva in
    antecedenza quali sarebbero state. Ora, se scelse
    tali opere, come può dire lApostolo che
    lelezione non fu fatta in base alle opere?
    Occorre pertanto capire bene la cosa come cioè
    le opere buone sono compiute in forza della
    carità, la quale è in noi per un dono dello
    Spirito Santo.

26
Grazia e predestinazione la prima riflessione
  • Lo asserisce lo stesso Apostolo La carità di Dio
    è stata riversata nei nostri cuori ad opera dello
    Spirito Santo, che ci è stato dato. Se pertanto
    chi compie in noi il bene è la carità, che
    possediamo per un dono di Dio, nessuno può
    gloriarsi delle opere quasi che siano roba sua.
  • Cosa ha dunque scelto Dio?
  • Se infatti è lui che dona lo Spirito Santo, ad
    opera del quale lamore compie il bene, e lo dona
    a chi vuole, in base a che cosa ha scelto a chi
    donare? Dove infatti non ci sono meriti non può
    esserci elezione prima del merito si è tutti
    uguali e non si può parlare di elezione là dove
    cè completa parità. Giova però ricordare che lo
    Spirito Santo non viene dato se non a chi crede
    con la conseguenza che Dio certamente non sceglie
    le opere, che sono dono suo, concesso a noi
    quando ci viene dato lo Spirito Santo affinché
    mediante la carità compiamo il bene. Dio tuttavia
    sceglie la fede nel senso che, se uno non crede
    in lui e non rimane nella volontà di ricevere il
    dono di Dio, di fatto non lo riceve non riceve
    lo Spirito Santo ad opera del quale si riversa in
    noi la carità e con essa si può compiere il bene.
  • Dio quindi nella sua prescienza non sceglie le
    opere di alcuno, essendone lui il datore, ma
    nella stessa prescienza ne sceglie la fede.
  • Colui del quale in antecedenza ha conosciuto che
    gli crederà, questo stesso sceglie per
    accordargli lo Spirito Santo, per cui, operando
    il bene, consegue anche la vita eterna.

27
La prima soluzione del problema
  • La grazia è assolutamente gratuita e le opere non
    sono meritorie, poiché si opera solo in virtù
    della grazia.
  • Dio però non è ingiusto e sceglie con una ratio
  • La ratio della scelta divina sta nella fede
    umana Dio concede la grazia a coloro che
    SCELGONO di credere in lui, cioè di aderire alla
    chiamata della grazia che è rivolta a tutti.
  • Questa scelta è pre-conosciuta da Dio, che dunque
    pre-destina qualcuno come Giacobbe alla salvezza
    e qualcun altro, come Esaù, no.

28
Grazia e libero arbitrio
  • In questa prima fase, quindi la grazia divina e
    la giustizia di Dio sono conciliate con il libero
    arbitrio umano. Dio concede la grazia a chi crede
    e chi crede è proprio colui che chiede la grazia.
    Lonniscienza divina, e dunque la conoscenza
    anticipata di ciò che avverrà, spiega poi perché
    nelle Scritture alcuni sembrano destinati a
    ricevere la grazia e altri no.

29
Il cambio di rotta del 396-7 le Questioni a
Simpliciano
  • In questo periodo Agostino muta opinione circa il
    rapporto tra lìiniziativa umana e la grazia
    divina. Se prima Dio ancora premiava la fede
    delluomo, ora il vescovo di Ippona giunge a
    dire Nessuno infatti crede se non è chiamato.
    Ora, è Dio nella sua misericordia a chiamare, e
    lo fa indipendentemente dai meriti della fede,
    perché i meriti della fede seguono e non
    precedono la chiamata Se la misericordia non
    precede chiamando, nessuno può credere per
    iniziare da qui ad essere giustificato e ottenere
    la facoltà d bene operare. Dunque la grazia viene
    prima di qualunque merito (Questioni a Simpl.,
    I, 2,7)

30
La fine della libertà
  • La nuova visione della grazia comporta
    unaccentuazione del teocentrismo agostiniano. Ma
    qual è il prezzo che egli deve così pagare? Una
    fatale svalutazione delliniziativa e della
    libertà umana. Se Dio decide chi si salva a
    prescindere anche dallo sforzo di fede, alluomo
    non rimane alcun margine di scelta. Sembra che il
    suo destino sia da sempre stato già scritto. Tale
    interpretazione della vicenda umana in rapporto
    con Dio è stata accolta e valorizzata soprattutto
    da parte protestante e calvinista.

31
Sommersi e salvati
  • Ma se tutti siamo predestinati, coloro che si
    dannano sono stati da Dio predestinati al male?
    Agostino coglie il problema posto dallevidente
    contraddizione di Dio buono che predestina alla
    dannazione. La sua soluzione sottolinea la
    rilevanza negativa per il destino delluomo del
    peccato originale. Il peccato originale è una
    macchia che meriterebbe di per sé la dannazione
    per tutta lumanità. Data questa giusta pena per
    la colpa, interviene la misericordia di Dio che
    in modo eccezionale e imperscrutabile salva
    qualcuno, NONOSTANTE il peccato.

32
Chi è salvo e chi no?
  • Ma a questo punto il problema si ripropone?
    Perché alcuni vengono salvati, cioè non viene
    loro comminata la giusta pena, e alcuni no? A
    tale domanda, avendo escluso dallinizio che il
    merito umano possa contribuire alla salvezza,
    Agostino è costretto a rispondere che ciò
    appartiene ad una sapienza divina nascosta agli
    uomini.

33
Non cè salvezza universale
  • Quindi se la filosofia che, allinizio, poteva
    condurre solo pochi alla felicità, ora non può
    condurvi nessuno, poiché a nessuno è aperta la
    via alla felicità e alla salvezza per meriti
    propri, ora anche il cristianesimo, che salvava
    interi popoli, è un po limitato nella sua
    efficacia, nel senso che anchesso appare essere
    appannaggio di alcuni ma non di tutti ( ad
    imperscutabile scelta di Dio).

34
Egli vuole che tutti gli uomini siano salvi
(1Tim 2,4)?
  • La frase succitata riporta unaffermazione chiara
    di S. Paolo che contraddice apertamente quanto
    Agostino va sostenendo. Qui Agostino fa ricorso
    al tutte le sue risorse argomentative per
    dimostrare che S. Paolo in realtà dice quello che
    egli vuole dire.

35
Linterpretazione Agostiniana
  • NellEnchiridion (27,103) e ne La correzione
    della grazia (14,44) Agostino afferma che in
    realtà la frase paolina vuol dire che tutti
    coloro che sono salvi lo sono per mezzo di Dio.
    Tale interpretazione viene sostenuta con un
    esempio molto sottile se in una città vi fosse
    un solo insegnante di grammatica, si potrebbe
    dire che egli insegna a tutta la città, non però
    per significare che tutta la città (compresi gli
    infanti e i moribondi) studia grammatica, ma che
    coloro che nella città lo fanno, lo fanno per
    mezzo di quel solo insegnante di grammatica.
    Dunque coloro che si salvano si salvano solo per
    mezzo dellunico Dio.

36
Piccola analisi
  • Di fronte a questo esempio, in una disputa
    pubblica, rimarremmo certamente senza
    parole(Agostino infatti vinceva nelle dispute
    pubbliche). In realtà qui parla più il retore che
    il filosofo. Vediamo perché
  • (PAOLO) Dio vuole che tutti siano salvi
  • DIO

salvi
37
Piccola analisi 2
  • 2) (AGOSTINO) Dio vuole che si salvi qualcuno e
    quel qualcuno non può essere salvo se non per
    mezzo di Dio
  • DIO

salvi
Non salvi
In realtà anche Paolo non esclude, anzi ritiene
apertamente, che chi si salva lo faccia per mezzo
di Dio-Gesù Cristo, e ciò è perfettamente
implicito anche nellinterpretazione genuina
della sua affermazione.
38
Piccola analisi 3
  • Ma Paolo vuol dire qualcosa di più Dio vuole
    salvare tutti e questo Agostino non vuole
    accettarlo.
  • Lesempio dellinsegnante di grammatica viene
    utilizzato dal vescovo di Ippona per sostenere la
    sua tesi.
  • Esso tuttavia stabilisce un dato di
    fattolinsegnante insegna a tutta la città. Su
    tale base è possibile interpretare in senso lato
    il tutti, sapendo che in condizioni normali non
    è possibile che un insegnante insegni a tutti i
    cittadini di una città.
  • Tale interpretazione non funziona nel caso di una
    volontà,
  • si ricordi che la frase di Paolo è Dio vuole che
    tutti siano salvi -.

39
Piccola analisi 4
  • Ora facciamo una modifica allesempio di Agostino
    per rendere la spiegazione più fedele allo
    spirito della frase paolina linsegnante non
    insegna a tutta la città, ma vuole insegnare a
    tutta la città
  • Siccome nulla impedisce di volere una cosa che
    realisticamente appare impossibile, qui si
    pongono due alternative per interpretare il senso
    della frase. Essa può voler dire
  • 1)linsegnante vuole che tutti coloro che
    studiano grammatica nella città lo facciano per
    mezzo suo
  • 2)linsegnante vuole insegnare a tutta la città
    (cioè coinvolgere tutti i cittadini nel suo
    insegnamento)
  • Se la frase di Paolo fosse interpretabile nel
    senso da proposto da Agostino (1), il caso 2,
    perfettamente possibile (è possibile che
    linsegnante voglia qualcosa di molto difficile
    da realizzare), sarebbe escluso con una scelta
    del tutto arbitraria, perché arbitrariamente la
    frase che lo esprime andrebbe a significare non 2
    ma 1 senza nessun elemento che ci indirizzi a 1.
    Tale elemento esiste invece nella frase
    linsegnante insegna a tutta la città, poiché,
    come stato di fatto, è assai improbabile che si
    realizzi il significato letterale della frase.
    Viceversa è non cè niente che impedisca ad un
    soggetto di voler insegnare a tutta la città.

40
Conclusione
  • Non vi è pertanto niente che induca a pensare che
    Paolo, dicendo che Dio vuole salvare tutta
    lumanità, abbia voluto intendere proprio che
    tutti i componenti del genere umano siano salvi.

41
Agostino perché?
  • Perché Agostino non accetta Paolo? Perché
    evidentemente, dice lui, se Dio volesse che tutti
    gli uomini fossero salvi, tutti gli uomini
    sarebbero effettivamente salvi, infatti se così
    non fosse verrebbe meno il postulato
    irrinunciabile dellonnipotenza di Dio. Ma il
    fatto che tutti siano salvi è negato dalle stesse
    Scritture, che parlano in diversi luoghi di
    dannazione eterna per alcuni uomini. Dunque il
    passo di Paolo va interpretato così come egli
    propone.

42
Qual è il problema?
  • In realtà la soluzione ci sarebbe
  • Dio vuole che tutti siano salvi, ma lascia al
    contempo la libertà agli uomini di accogliere o
    meno questa sua volontà.
  • Ma anche tale soluzione non è accettabile da
    Agostino perché affida implicitamente agli uomini
    la decisione sulla loro salvezza, sminuendo
    ancora il ruolo di Dio e la croce di Cristo.
    Entrambi invece, per Agostino devono essere
    assolutamente efficaci e irresistibili. Quando
    Dio chiama, nulla può frapporsi, non vi è nessuna
    libertà umana in grado di impedire alla volontà e
    alla grazia di Dio di fare il suo corso

43
La predestinazione
  • Dati questi presupposti la dottrina della
    predestinazione appare un esito obbligatorio
    della riflessione agostiniana.

44
Filosofia e teologia ragione e fede
  • Il disincanto sulle possibilità della filosofia
    in ordine al raggiungimento della felicità, non
    fa cadere Agostino nellirrazionalismo. Anzi,
    malgrado venga rifiutata ogni erudizione fine a
    se stessa, il sapere viene ritenuto necessario
    per comprendere meglio la Rivelazione, le
    Scritture e il messaggio di Dio, oltre che per
    confutare le eresie e le dottrine dei pagani.
    Dunque bisogna comprendere perché la ragione come
    facoltà distintiva delluomo, ci pone delle
    domande e vuol spiegazioni. Ma il fondamento in
    base al quale chiedere e comprendere rimane la
    fede, ladesione profonda al messaggio di Cristo,
    diremmo, la passione per il Vangelo senza la
    quale non vi può nemmeno essere cultura Se non
    avrete creduto non comprenderete (Isaia 7,9
    nella versione dei Settanta in Agostino, De
    libero arbitrio, 4).

45
La scienza umana e la sapienza divina
  • Il valore del sapere umano è quello di essere
    strumento da mettere al servizio della fede e
    della caritas che hanno come oggetto privilegiato
    Dio. Quindi la scienza non è da rifiutarsi, salvo
    che nelle situazioni in cui pretende di essere
    autosufficiente, genera orgoglio e di conseguenza
    allontana da Dio

46
De doctrina christiana il linguaggio e la realtà
  • Il De doctrina christiana (iniziato nel 397 e
    concluso nel 427) approfondisce il tema della
    conoscenza e di ciò che noi possiamo sapere.
  • Ogni conoscenza ha per oggetto o COSE o SEGNI

47
Le COSE e i SEGNI
  • Le cose sono conosciute tramite i segni. Posso
    cioè conoscere un albero solo se dispongo della
    parola albero o di un qualsiasi altro segno per
    indicarlo.
  • I segni però sono a loro volta delle cose.
  • Ma sono delle cose speciali, poiché hanno la
    facoltà di RIMANDARE a qualcosaltro, cioè alla
    cosa che essi significano. Il segno albero
    rimanda allalbero che ho vedo qui in giardino.

48
Segni e segni
  • Vi sono segni che rimandano ad altro in modo
    naturale e non intenzionale per esempio il fumo
    rimanda al fuoco, senza che qualcuno abbia avuto
    bisogno di dirmi che dove cè fumo cè qualcosa
    che brucia.
  • Altri segni invece sono intenzionali, cioè vi è
    una volontà precisa che ha stabilito che la
    parola albero rimandi allalbero concreto che
    vedo. Con questi segni gli uomini elaborano e si
    scambiano conoscenze, emozioni, pensieri.

49
Studiare i segni
  • Lo studio dei segni è importante, perché Dio si è
    rivelato per mezzo di questi segni intenzionali
    nelle Scritture. Conoscere dunque i linguaggi e
    le loro sfumature è indispensabile per
    comprendere correttamente un messaggio vitale per
    noi e la nostra salvezza

50
Le nostre conoscenze
  • Pertanto le nostre conoscenze vanno ricondotte a
    Dio e tutti i nostri studi hanno come fine il
    supremo dei beni, la comprensione del messaggio
    divino della salvezza.
  • Se nel primo Agostino cultura e filosofia erano
    finalizzate al raggiungimento della sapienza, che
    di per sé garantiva realizzazione e felicità,
  • successivamente cultura e filosofia perdono la
    loro autonomia diventando esclusivamente
    strumenti indiretti per rispondere alla chiamata
    divina della salvezza.

51
Lanima
  • Il fine della conoscenza è Dio, ma a Dio si
    giunge attraverso la possibilità di rientrare in
    se stessi e di valorizzare le facoltà della
    nostra anima.
  • Dio è loggetto privilegiato della conoscenza, è
    il fine ultimo del processo conoscitivo perché è
    la realtà somma, il bene assoluto. Tuttavia è
    vero che il processo della conoscenza inizia con
    il rapporto che noi abbiamo con le cose sensibili.

52
La conoscenza sensibile
  • La conoscenza sensibile, cioè quegli atti
    conoscitivi che colgono attraverso i nostri
    cinque sensi le cose esterne non garantiscono mai
    la loro verità. Infatti nulla che è in continuo
    movimento è percepibile nella sua verità. Infatti
    una cosa che muta non è mai qualcosa ma è sempre
    qualcosaltro da ciò che uno ha conosciuto in un
    dato momento. Infatti da quel momento è già
    cambiata.

53
Ragione
  • Se la conoscenza fosse fatta di organi corporei
    che conoscono oggetti corporei nulla sarebbe
    conosciuto. Platonicamente la conoscenza deve
    giungere allessenza non corporea delle cose, al
    loro essere stabile, tramite la ragione, che è
    organo non sensibile. E la ragione è facoltà
    dellanima.

54
Lanima vigila
  • Lanima attraversando il corpo, vigila sui quanto
    accade nei sensi, vigila sulle modificazioni dei
    sensi date dagli oggetti esterni, ed elabora da
    sé le immagini degli oggetti sensibili.Lanima
    cioè trova in sé immagini corrispondenti alle
    modificazioni sensibili, che corrispondono alla
    verità razionale di quegli oggetti.

55
Criteri
  • Le verità razionali corrispondono alle idee
    platoniche e rappresentano i criteri con cui
    lanima valuta e giudica la realtà. Ma da dove
    provengono tali verità stabili ed eterne (come
    per esempio quelle matematiche) con cui giudicare
    la realtà.
  • Non dallanima stessa perché essa non è
    completamente immutabile (è immutabile nello
    spazio ma muta nel tempo)?

56
Illuminazione (De magistro, 388-90)
  • I criteri ultimi della conoscenza provengono da
    Dio, che è sede delle idee (le idee di Platone
    sono per Agostino i pensieri di Dio). È quindi
    Dio che illumina la nostra anima fornendole i
    parametri per conoscere la realtà al di là della
    sua continua incessante mutevolezza. Dio è luce
    per lintelletto umano che permette di illuminare
    razionalmente i dati della sensibilità, che, dal
    canto suo, non è altro che uno stimolo per la
    ragione a ritrovare in sé la verità delle cose.

57
Conoscono solo i credenti?
  • Dio illumina costitutivamente lanima umana,
    anche quella degli atei o dei fedeli di culti
    non cristiani, che ben possono giungere a verità
    matematiche e anche oltre come fece Platone -
    .I credenti fanno però un passo in più, non solo
    passano dalla sensibilità alle idee razionali, ma
    da queste giungono alla loro fonte, cioè a Dio.

58
Perché dallanima si può passare a Dio?
  • Noli foras ire, in teipsum redi, in interiore
    homine habitat veritas. Et si tuam naturam
    mutabilem inveneris, trascende et teipsum. Illuc
    ergo tende, unde ipsum lumen rationis
    accenditur.Non uscire fuori, rientra in te
    stesso nell'uomo interiore abita la verità. E se
    scoprirai mutevole la tua natura, trascendi anche
    te stesso. Tendi là dove si accende la stessa
    luce della ragione. (De vera religione 39, 72)
  • Lanima può trascendere se stessa fino a Dio
    perché è a immagine di Dio.

59
Anima e Trinità
  • Lanima è immagine della Trinità divina (De
    Trinitate), infatti
  • 1) Lanima è come il Padre
  • 2) Dal suo essere genera lintelligenza di sé,
    come dal Padre si genera il Figlio
  • 3) Il rapporto tra essere e intelligenza si
    esprime come volontà (lessere vuole capire e
    lintelligenza vuole essere riempita
    dallessere), così come dal Padre e dal Figlio
    procede lo Spirito

60
Dio in noi
  • Da queste ed altre analogie, Agostino deduce che
    Dio è in noi stessi, cioè ha lasciato in noi
    tracce indelebili di sé che noi possiamo
    rinvenire. Questo ritrovare Dio in noi, ci
    riconduce da noi a Dio.
  • Tu autem eras interior intimo meo et superior
    summo meo.Tu eri più dentro in me della mia
    parte più interna e più alto della mia parte più
    alta. (Confessioni 3, 6, 11).

61
Dio creatore
  • Ricondurre tutto a Dio è unoperazione che non si
    limita a trovare la causa e il fine ultimo della
    nostra esistenza, ma di tutto luniverso.
  • Dio è creatore di tutte le cose, questa è la
    conclusione di Agostino in linea con il dettato
    della Genesi.

62
Obiezione scettica
  • Se la creazione è connotata dal divenire, lo può
    essere anche il Creatore? No di certo, risponde
    Agostino. Ma lo scettico potrebbe obiettare che
    almeno un mutamento in Dio vi è stato, poiché Dio
    ha deciso di creare luniverso che PRIMA non
    cera. Di qui la domanda ironica Che cosa
    faceva Dio prima della creazione?

63
La risposta ironica e quella seria
  • Agostino potrebbe altrettanto ironicamente
    rispondere Preparava la geenna per chi scruta i
    misteri profondi, ma preferisce prendere
    seriamente la questione.
  • In realtà, dice Agostino, la domanda è mal posta,
    perché il tempo è un modo di essere delle
    creature, dunque è creatura esso stesso.

64
Il tempo creato
  • Pertanto il tempo inizia ad esistere con la
    creazione e insieme alla creatura, e nulla ha a
    che fare con lessenza di Dio che è fuori dal
    tempo, immutabile ed eterna (essendo leternità
    diversa da un tempo infinito, e coincidendo
    piuttosto con la totale assenza di tempo).

65
Che cosa è il tempo?
  • Ma allora che cosè il tempo? È un problema assai
    difficile per Agostino Se nessuno mi interroga
    lo so se volessi spiegarlo a chi mi interroga,
    non lo so (Confessioni, XI,14,17)

66
Qual è il problema tempo?
  • Il problema è che non ci sarebbe tempo senza un
    mutamento delle cose, ma le categorie con cui lo
    misuriamo implicano sempre la loro (delle cose)
    inesistenza.
  • Infatti il passato non è più
  • Il futuro non è ancora
  • Il presente è limpalpabile istante in cui il
    futuro si trasforma in passato.
  • Come facciamo a misurare allora qualcosa di così
    sfuggente e che mai è presente, ha consistenza
    davanti a noi?

67
La misura interiore del tempo
  • Se noi lo misuriamo esso deve essere a noi
    presente, deve avere una sua consistenza. Ebbene
    tale consistenza esso la trova nella nostra
    anima.
  • È la nostra anima che trattiene il passato
    attraverso la memoria, attende il futuro
    attraverso lattesa e vede il presente
    nellattenzione o visione.

68
Una distensione dellanima
  • Dunque il tempo è misurato nella anima che ha la
    capacità di distendersi nel passato e nel
    futuro, mantenendo la sua consapevolezza
    presente. È lanima che raccoglie i dati del
    passato impedendo loro di disperdersi nel
    non-essere si pensa nel futuro facendo a sé
    presenti le cose che ancora non sono, e infine
    pone attenzione alle cose del presente fissandole
    di fronte a sé. Quindi il tempo è propriamente
    una distensio animi. Di qui la possibilità che
    abbiamo di misurarlo negli oggetti esterni che
    mutano incessantemente.

69
Creazione e mutamento
  • Come si rapporta latto della creazione con lo
    sviluppo successivo del creato? Agostino è ben
    lontano dal pensare ad unevoluzione della natura
    e delle cose in senso moderno, tuttavia egli
    intende da un lato giustificare la linea
    razionale del mutamento delle cose, che pur
    essendo indice di una mancanza di essere, non può
    essere fuori dal piano voluto da Dio, dall altro
    giustificare le novità che intervengono nel
    creato dopo la creazione e in particolare quelle,
    di notevole rilevanza religiosa, relative ai
    miracoli.

70
Rationes seminales
  • Ebbene, Dio nellatto della creazione, ha
    inserito nel mondo della ragioni seminali, dei
    semi, o modelli embrionali di tutte le cose che
    compariranno successivamente, garantendone così
    unordinata successione. In tal modo Dio non solo
    è creatore, ma governa e amministra il mondo che
    da lui ha preso ad essere. Tali semi hanno
    appunto il carattere di modello, cioè discendono
    direttamente dai pensieri di Dio (le idee
    platoniche), sono i pensieri di Dio nel creato.

71
I miracoli
  • I miracoli non mutano nulla nella volontà di Dio,
    e non sono contro la natura e le sue leggi volute
    da Dio, sono semplicemente delle ragioni seminali
    che si attivano successivamente alle altre che
    hanno dato vita al mondo, ma pur sempre in modo
    preordinato dalluniversale prescienza divina.

72
Tempo e storia la città di Dio
  • Accanto ad una riflessione sul tempo, Agostino dà
    vita ad una monumentale opera sulla storia,
    stimolata dagli eventi epocali che egli si trova
    a vivere (il sacco di Roma del 410 ad oper di
    Alarico, episodio che fece grandissima
    impressione sui contemporanei e che li indusse a
    percepire con preoccupazione limminenza della
    fine di una civiltà). Tale opera è intitolata La
    città di Dio

73
I cristiani e la fine dellimpero
  • Agostino ne La città di Dio risponde alle accuse
    fatte ai cristiani di aver indebolito in modo
    irrecuperabile il mos maoirum dei romani,
    accelerando la fine del mondo civilizzato di
    Roma. Il vescovo di Ippona insiste sulla
    intrinseca debolezza di una compagine sostenuta
    da una prospettiva pagana, ripercorrendo la
    storia di Roma e dubitando del valore intrinseco
    dellimpero.

74
Una teologia della storia
  • La polemica di Agostino diviene occasione per lo
    sviluppo di una visione teolgoica della storia,
    in cui questultima è interpretata come qualcosa
    che si sviluppa linearmente e non ciclicamente
    come ritenevano i pagani. La storia è lo sviluppo
    dellumanità e del mondo che va da un inizio
    (creazione) ad una fine (Giudizio) e il cui
    centro è lIncarnazione di Cristo.

75
La fine della storia e il tempo interinale
  • Ora, le difficoltà dellimpero romano
    testimoniano il progressivo avvicinamento
    dellumanità al momento della fine, ma fino a
    quando tale fine non sarà arrivata, siamo
    collocati in un tempo interinale, in cui due
    forme di vita e di pensiero si sovrappongono la
    città terrena e la città divina.

76
La città di Dio e la città terrena
  • È fondata sulla visione cristiana del mondo che
    promuove lamore di Dio fino al disprezzo di sé e
    che ha la sua primizia nella Chiesa di Cristo la
    città terrena è iò mondo profano, che promuove
    lamore di sé che giunge fino al disprezzo di Dio
    e che sarà giudicata e abbandona alla fine alla
    sua giusta condanna.

77
La grazia e la Chiesa
  • La grazia in ultimo è quel dono che ci fa
    appartenere alluna piuttosto che allaltra
    città. La primizia della città di Dio nn è la
    Chiesa visibile, in cui ancora santi e peccatori
    convivono, ma la Chiesa invisibile, quella dei
    santi che realmente vivono secondo il modello
    evangelico.

78
Il Giudizio
  • Il giudizio finale purificherà tutto il mondo e
    anche la Chiesa, la quale per ora rimane una
    comunità in cammino, che anela alla salvezza e ad
    un mondo nuovo ma che non lo realizza, essendo la
    realizzazione di tale stato redento dellumanità
    opera esclusiva di Dio.
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