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POLITICHE DI COESIONE

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POLITICHE DI COESIONE Una politica europea per la coesione economica e sociale Prof. Guglielmo Wolleb Sommario Le disparit regionali: i fatti Le disparit ... – PowerPoint PPT presentation

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Title: POLITICHE DI COESIONE


1
POLITICHE DI COESIONE
Una politica europea per la coesione economica e
sociale
  • Prof. Guglielmo Wolleb

2
Sommario
  1. Le disparità regionali i fatti
  2. Le disparità regionali le teorie
  3. Una politica comunitaria per la coesione
  4. Il valore aggiunto della politica di coesione
    europea

3
I. Le disparità regionali il PIL
PIL pro-capite (SPA), 2004
Fonte CE, Quarto rapporto sulla coesione, 2007
4
I. Le disparità regionali il PIL
PIL pro-capite (SPA), 2005
Fonte CE, Quarto rapporto sulla coesione, 2007
5
I. Le disparità regionali loccupazione
Tasso di occupazione, 2005
Fonte CE, Quarto rapporto sulla coesione, 2007
6
I. Le disparità regionali la produttività
PIL per persona occupata (euro), 2004
Fonte CE, Quarto rapporto sulla coesione, 2007
7
I. Le disparità regionali la disoccupazione
Tasso di disoccupazione, 2005
Fonte CE, Quarto rapporto sulla coesione, 2007
8
I. Le disparità regionali levoluzione
Aumento del PIL pro-capite (SPA), 1995-2005
Fonte CE, Quarto rapporto sulla coesione, 2007
9
I. Le disparità regionali levoluzione
Crescita del PIL pro-capite, 1995-2004
Fonte CE, Quarto rapporto sulla coesione, 2007
10
I. Le disparità regionali levoluzione
Crescita delloccupazione, 1995-2004
Fonte CE, Quarto rapporto sulla coesione, 2007
11
I. Le disparità regionali levoluzione
Crescita della produttività, 1995-2004
Fonte CE, Quarto rapporto sulla coesione, 2007
12
I. Le disparità regionali levoluzione
13
I. Le disparità regionali convergenza
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II. Le disparità regionali le teorie
Alcune domande in cerca di risposte Perché
esistono (e persistono) disparità regionali? Lo
sviluppo economico tende verso la
convergenza? Lintegrazione europea favorisce le
regioni arretrate? Perché una politica di
coesione economica e sociale? Perché una politica
a livello comunitario?
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II.I Modelli neoclassici e H-O
  • Le teorie economiche della crescita e dello
    sviluppo non portano a risultati univoci circa il
    prevalere di tendenze verso lagglomerazione o
    viceversa verso la convergenza
  • I modelli neoclassici e di Heckscher-Ohlin
    portavano alla conclusione che nel lungo periodo
    lattività economica si sarebbe diffusa sul
    territorio e che i livelli di reddito pro-capite
    avrebbero mostrato una tendenza verso la
    convergenza

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II.I Modelli neoclassici e H-O
  • Nel modello neoclassico, il motore della crescita
    era laccumulazione di capitale prodotto dagli
    investimenti che a loro volta dipendevano dai
    risparmi. Nelle regioni avanzate questa
    accumulazione avrebbe tuttavia portato ad una
    diminuzione progressiva dellefficienza marginale
    del capitale nellipotesi di rendimenti
    decrescenti del fattore capitale e ad una
    convergenza nel reddito pro capite fra regioni e
    nazioni

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II.I Modelli neoclassici H-O
  • Nel modello Heckscher-Ohlin lapertura degli
    scambi e la piena mobilità dei fattori
    produttivi, avrebbe portato ogni Paese o regione
    a specializzarsi secondo il suo vantaggio
    comparato, gli investimenti si sarebbero mossi
    dalle aree arretrate con un alto rapporto
    capitale/lavoro verso le aree arretrate con un
    più basso rapporto capitale/ lavoro mentre il
    lavoro si sarebbe mosso in direzione opposta. Si
    sarebbe così manifestata una tendenza verso il
    pareggiamento del prezzo dei fattori produttivi e
    verso la riduzione delle disparità territoriali

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II.II Modelli di crescita endogena
  • Queste teorie si basavano su alcune ipotesi molto
    forti quali mercati di concorrenza perfetta,
    progresso tecnico esogeno, perfetta mobilità dei
    fattori, ritorni di scala costanti o decrescenti

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II.II Modelli di crescita endogena
  • Quando alcune di queste ipotesi vengono
    modificate, anche i risultati circa la
    convergenza si modificano
  • Un filone teorico che porta a risultati
    differenti è quello della crescita endogena che
    abbandona le ipotesi di concorrenza perfetta, di
    progresso tecnico esogeno e di rendimenti di
    scala costanti o decrescenti
  • Queste teorie individuano il progresso tecnico e
    la conoscenza come motori della crescita economica

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II.II Modelli di crescita endogena
  • Progresso tecnico e conoscenza però non sono
    considerati esogeni ma endogeni al processo di
    crescita. Questo significa che i paesi che hanno
    un più rapido processo di crescita sono anche
    quelli con più veloce progresso tecnico ed
    aumento nella qualità del capitale umano.

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II.II Modelli di crescita endogena
  • Progresso tecnico e capitale umano sono dei beni
    pubblici che producono esternalità positive e
    rendimenti di scala crescenti
  • Tuttavia gli spill over spaziali del progresso
    tecnico e della conoscenza sono delimitati dal
    punto di vista spaziale i loro effetti positivi
    diminuiscono allaumentare della distanza dal
    luogo in cui essi sono prodotti

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II.II Modelli di crescita endogena
  • Questo implica una tendenza della conoscenza e
    dellinnovazione a concentrarsi geograficamente e
    a mettere in moto processi di crescita
    polarizzati nel territorio
  • A risultati analoghi giungono le teorie
    neoschumpeteriane che pongono linnovazione al
    centro del processo di crescita
  • I territori infatti si differenziano per capacità
    di creare innovazione, di adattarsi ai
    cambiamenti tecnologici, di assorbire nuove
    tecnologie e di usarle per fini produttivi

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II.III La Neg
  • Altri modelli che contribuiscono a spiegare il
    carattere territorialmente squilibrato rientrano
    nel filone della Nuova geografia economica
  • Questi modelli si basano su ipotesi di
    concorrenza monopolistica, rendimenti crescenti
    di scala e costi di trasporto positivi

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II.III La Neg
  • Questi modelli cercano di spiegare quali sono le
    forze che spingono alla concentrazione
    territoriale delle imprese e della forza lavoro,
    cioè alla formazione di agglomerazioni
  • Queste forze sono tanto più forti quanto

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II.III La Neg
  • più bassi sono i costi di trasporto (ciò
    determina la possibilità per unimpresa di
    scegliere di collocarsi in unarea e servire le
    altre aree dalla localizzazione prescelta)
  • Più ampio è il mercato interno (economie di
    scala)
  • Più ampio è il pool di forza lavoro qualificato
  • Maggiore è laccessibilità a beni intermedi
    specializzati e servizi avanzati
  • Maggiore è la diffusione e laccessibilità alle
    innovazioni e alle nuove conoscenze

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II.III La Neg
  • La Neg non spiega come storicamente si formano le
    agglomerazioni ma offre una spiegazione al
    perché, una volta che un processo agglomerativo è
    partito, esso tende a rafforzarsi
  • Una volta infatti che una agglomerazione si è
    creata, le altre imprese hanno convenienza a
    spostarsi per godere dei vantaggi di cui sopra
    per godere dei vantaggi di un mercato ampio
    (economie di scala) e della disponibilità di
    forza lavoro, input e servizi specializzati
    (esternalità dofferta)

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II.III La Neg
  • La Neg ammette anche lesistenza di forze
    economiche che spingono verso la diffusione delle
    attività economiche
  • In particolare lagglomerazione può portare ad
    elevati costi di congestionamento ed inasprire la
    concorrenza e quindi portare ad abbassamento dei
    prezzi

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II.III La Neg
  • La distribuzione territoriale delle attività
    economiche dipenderà in ultima analisi dal
    prevalere delle forze di agglomerazione su
    quelle diffusive

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II.IV Le aree metropolitane
  • Alcune teorie hanno messo in luce le particolari
    caratteristiche delle agglomerazioni urbane
  • Le aree urbane si caratterizzano per una elevata
    concentrazione delle attività di ricerca e
    sviluppo, di servizi avanzati, di capitale umano
    qualificato, di rami produttivi ad elevato valore
    aggiunto. Questo ne fa il luogo privilegiato per
    linnovazione ed il progresso tecnico
  • Le città diversificate sono poi da considerare
    più efficienti che le città settorialmente
    specializzate. In queste ultime lopportunità di
    innovazione è inferiore mentre è maggiore
    lesposizione al rischio di crisi settoriali

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II.IV Le aree metropolitane
  • Nelle città diversificate vi è anche la
    possibilità di incontri face to face fra
    individui di elevata competenza e forte
    motivazione che si scambiano informazioni e
    trasferiscono conoscenze
  • Questo ruolo di motore della crescita delle aree
    metropolitane si verifica sia allinterno delle
    regioni avanzate (core regions) che allinterno
    delle regioni meno avanzate (peripheral regions)

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II.V Le istituzioni
  • Un altro importantissimo filone teorico è
    relativo al ruolo delle istituzioni nello
    sviluppo economico
  • Queste teorie portano alla conclusione che le
    istituzioni modellano e vincolano il
    comportamento degli agenti economici e
    determinano la crescita di lungo periodo
  • Le istituzioni contribuiscono anche a spiegare
    gli squilibri nazionali o regionali perché la
    loro qualità dipende molto dal contesto
    territoriale in cui operano

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II.V Le istituzioni
  • Vi sono diverse tipologie di istituzioni
  • politiche (costituzioni, strutture di governo,
    equilibrio dei poteri)
  • economiche (diritti di proprietà, mercati,
    autorità di regolazione)
  • sociali ( associazioni, norme )

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II.V Le istituzioni
  • Molti studi hanno sottolineato limportanza in
    particolare dei diritti di proprietà e della
    certezza della legge ai fini economici. Non solo
    però della bontà delle regole formali ma della
    loro effettiva applicazione
  • Le istituzioni possono incidere sulleconomia
    attraverso tre canali

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II.V Le istituzioni
  • Riducendo i costi di transazione
  • Creando un ambiente favorevole allinnovazione
  • Favorendo la partecipazione nei processi
    politici, creando fiducia e producendo capacità
    di agire collettivamente

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II.V Le istituzioni
  • Le istituzioni comprendono sia le regole formali
    che i vincoli informali
  • Le istituzioni formali agiscono stabilendo le
    regole del gioco e garantendone lapplicazione
  • I vincoli informali agiscono attraverso la
    reputazione, la fiducia e sanzioni comunitarie

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II.V Le istituzioni
  • Le istituzioni che funzionano favoriscono la
    formazione delle agglomerazioni come nei casi dei
    distretti industriali, dei cluster, delle
    regioni che apprendono, dei sistemi regionali
    di innovazione
  • In queste agglomerazioni si forma un rete di
    interazioni fra le amministrazioni pubbliche, le
    istituzioni intermedie, gli attori politici, le
    associazioni della società civile che favorisce
    la crescita economica e linnovazione

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II.V Le istituzioni
  • Si rileva tuttavia che i cambiamenti
    istituzionali non sono facili da conseguire. In
    particolare le cattive istituzioni mostrano una
    forte persistenza
  • Ciò è dovuto al fatto che esse sono mantenute in
    vita da elite politiche locali che non hanno
    interesse al cambiamento

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II.V Le istituzioni
  • E difficile definire in cosa consiste una buona
    ed una cattiva istituzione. Sono stati
    identificati alcuni requisiti di base come i
    diritti di proprietà, la certezza della legge, la
    competizione politica.
  • La loro importanza dipende però più da come di
    fatto sono realizzati e imposti che da come si
    presentano de jure

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II.V Le istituzioni
  • Quale sia un buona istituzione dipende molto dal
    contesto. Non esistono buone istituzioni in
    assoluto
  • Nei paesi meno sviluppati buoni risultati possono
    essere raggiunti anche da istituzioni con
    caratteristiche che la letteratura definirebbe
    decisamente cattive
  • Istituzioni imperfette possono essere quindi le
    più adatte a contesti imperfetti

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II.VI Networks e capitale sociale
  • Anche le istituzioni che operano a livello di
    società civile e le reti informali in cui sono
    inseriti gli attori incidono sulla prestazione
    economica
  • In particolare gli studi sul capitale sociale
    hanno mostrato il nesso che esiste fra una buona
    dotazione di capitale sociale e la performance
    economica
  • Il capitale sociale it is not a single entity,
    but a variety of different entities, with two
    elements in common they all consist in some
    aspects of social structure, and they facilitate
    certain actions of actors within the structure
    Coleman

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II.VI Networks e capitale sociale
  • La natura delle relazioni personali, le reti di
    relazioni, la densità del tessuto associativo, la
    partecipazione ai processi decisionali generano
    fiducia e creano aspettative che influenzano il
    funzionamento dei sistemi economici
  • In Italia, Putnam ha spiegato le differenze nella
    crescita regionali con una diversa dotazione di
    capitale sociale

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II.VI Networks e capitale sociale
  • Si ricordi comunque che il capitale sociale può
    anche avere caratteristiche negative che
    ostacolano la crescita economica. Ciò accade in
    particolare quando il capitale sociale combina
    caratteristiche di forti legami allinterno della
    comunità e di chiusura allesterno della comunità

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II.VII Vantaggi dellintegrazione
  • Una maggiore specializzazione settoriale che
    porta ad una migliore allocazione dei fattori
    produttivi in linea con i vantaggi comparati di
    ciascun paese o regione
  • Una maggiore concorrenzialità dei mercati che
    porta guadagni di efficienza e riduzioni di costi
    e prezzi
  • La realizzazione di economie di scala statiche e
    dinamiche che derivano dalla maggiore scala della
    produzione che porta ad una riduzione dei costi
    unitari e dei prezzi
  • Un aumento del potere contrattuale verso il resto
    del mondo e migliori ragioni di scambio
  • Più veloce progresso tecnico derivante da flussi
    internazionali di conoscenza

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II.VII I vantaggi dellintegrazione
PRO CONTRO
Il mercato unico favorisce il riposizionamento settoriale ed intrasettoriale secondo i vantaggi comparati con vantaggi diffusi a tutti i partecipanti allo scambio Il mercato unico favorisce le economie di scala e la concentrazione nelle aree forti dove i costi dassemblaggio degli input sono inferiori, il capitale umano più ricco e i mercati più prosperi
Il mercato interno fa affluire investimenti esteri nelle regioni deboli, superare il saving gap, aumentare competenze Il mercato interno fa affluire gli investimenti nelle aree più prospere dove la domanda è più alta e dove ci sono economie esterne.
Il mercato unico stimola la concorrenza ed elimina le rendite e le distorsioni legate al protezionismo Laumento della concorrenza ha effetti asimmetrici tra territori e settori
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III. Una politica di coesione comunitaria
  • Ragioni addotte per una politica di coesione
    comunitaria
  • Equità lequità è uno dei valori alla base del
    modello europeo. Tutti hanno interesse a
    perseguirla.
  • Efficienza laumento del benessere delle aree
    arretrate si trasmette alle aree avanzate, genera
    più entrate e tasse a livello comunitario,
    abbassa linflazione e attenua i problemi di
    congestione
  • Politiche le politiche di coesione rendono
    politicamente più forte lUnione europea perché
    diffondono i benefici dellintegrazione a tutte
    le aree, anche a quelle marginali

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III. Una politica di coesione comunitaria
  1. Vincoli di bilancio gli Stati nazionali da soli
    non sono in grado di affrontare i ritardi
    regionali (specie per i paesi della coesione)
    anche a causa delle rigide politiche di bilancio
    imposte per lUnione monetaria
  2. Coordinamento coordina le politiche regionali
    dei diversi stati membri e delle loro regioni,
    coordina le politiche regionali con le altre
    politiche comunitarie, riduce i rischi di una
    competitività al ribasso tra le regioni, consente
    il superamento di artificiali barriere
    amministrative
  3. Effetto propulsivo sullapprofondimento
    dellintegrazione la politica regionale serve
    per bilanciare gli impatti negativi
    dellintegrazione dei mercati a livello europeo
    sulle aree deboli e favorisce linserimento di
    aree arretrate nel sistema di scambi (migliorando
    ad es. il sistema dei trasporti, favorendo la
    localizzazione di nuovi investimenti, migliorando
    la loro competitività)
  4. Effetto di apprendimento lutilizzo di tecniche
    di benchmarking e peer review consente il
    confronto delle politiche e limitazione delle
    pratiche migliori

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III. Una politica di coesione comunitaria
ragioni contro
  1. La crescita la politica regionale può frenare la
    crescita se impedisce la ristrutturazione delle
    economie arretrate e ostacola lagglomerazione
    (Rapporto Sapir)
  2. La cattura le elite locali catturano i
    trasferimenti e non li utilizzano per linteresse
    collettivo
  3. La dipendenza i trasferimenti creano una cultura
    della dipendenza
  4. La dispersione la politica regionale comunitaria
    tende a disperdere le risorse sul territorio
  5. Il coordinamento la politica regionale, per
    essere efficace, deve coordinarsi con altre
    politiche gestite a livello nazionale
  6. La sussidiarietà il rispetto del principio di
    sussidiarietà affiderebbe agli Stati nazionali le
    politiche regionali
  7. Parità di trattamento cè il rischio di violare
    il principio della parità di trattamento

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IV. Il valore aggiunto una definizione
Il valore aggiunto comunitario alle politiche di
coesione risulta dalla partecipazione della
Commissione europea al processo di programmazione
e gestione dei fondi strutturali e del fondo di
coesione. Un valore addizionale rispetto a quello
prodotto dalle autorità nazionali e regionali e
dal settore privato
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IV. Il valore aggiunto campi di applicazione
  • Si esplica in cinque aree
  • Larea della coesione riduzione delle disparità
    regionali, contributo allo sviluppo economico e
    alla creazione di posti di lavoro, attività di
    ricerca e sviluppo, formazione di nuove imprese,
    limplementazione delle priorità comunitarie e
    dei mainstreaming
  • Larea politica maggiore visibilità dellUnione
    europea, maggiore vicinanza dei cittadini,
    coinvolgimento delle amministrazioni periferiche,
    maggiore partecipazione
  • Larea delle politiche spesa addizionale sullo
    sviluppo, cambiamento nelle politiche esistenti,
    innovazione nelle politiche
  • Larea dellattuazione cambiamenti nellassetto
    istituzionale delle politiche, introduzione di
    nuove pratiche e dismissione di vecchie pratiche
    innovazioni
  • Larea dellapprendimento scambio di best
    practices, creazione di reti, trasferimenti di
    conoscenze, esperienze di cooperazione

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IV. Il valore aggiunto la coesione
Impatto macroeconomico nei paesi della coesione
e nelle grandi aree obiettivo 1 i fondi
strutturali hanno avuto un chiaro impatto
positivo favorendo la convergenza. Al di fuori di
queste aree limpatto effettivo resta alquanto
incerto Impatto microeconomico i fondi
strutturali hanno migliorato la competitività
delle aree arretrate attraverso investimenti
nelle infrastrutture, nel capitale umano, nella
ricerca e sviluppo, a favore del sistema
produttivo, e delle piccole imprese in
particolare, e favorendo lavvio di nuove
attività economiche. Hanno agito come
catalizzatori di processi di rigenerazione e
hanno contribuito a migliorare la qualità dello
sviluppo.
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IV. Il valore aggiunto la coesione
  • Impatto sullintegrazione i fondi strutturali
    hanno permesso alle aree arretrate di partecipare
    più compiutamente agli scambi commerciali interni
    allEuropa e influenzato la localizzazione
    dellattività economica.
  • Impatto su risorse, attori, strategie i fondi
    hanno garantito o aumentato gli investimenti
    nazionali nella politica regionale di sviluppo,
    hanno dato un ruolo centrale alle regioni nello
    sviluppo economico, hanno stimolato un ampio
    numero di attori a partecipare a programmi di
    sviluppo, in particolare al livello locale. Hanno
    influenzato le strategie, le priorità di
    intervento nazionali e gli obiettivi

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IV. Il valore aggiunto politico
Visibilità dellUnione Europea i fondi
strutturali rappresentano il principale strumento
che rende lEuropa visibile ai cittadini, alle
imprese, alle Autorità locali Supporto alla
costruzione europea grazie allapporto dei fondi
strutturali è cresciuto il favore per
lapprofondimento dellintegrazione economica e
politica Europeizzazione delle regioni
Attraverso la politica di coesione i governi
regionali e locali si sono avvicinati al livello
comunitario, interessandosi maggiormente agli
affari europei e internazionalizzando il loro
raggio di azione
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IV. Il valore aggiunto sulle politiche
Programmare per spendere lapproccio comunitario
alla programmazione ha promosso la ricerca di una
dimensione strategica nel disegno delle politiche
regionali, la loro integrazione settoriale e
territoriale Stabilità nel tempo la
programmazione pluriennale ha garantito stabilità
delle risorse e ha permesso la realizzazione di
interventi complessi altrimenti
impossibili Osmosi i metodi della programmazione
comunitaria e i mainstreaming orizzontali sono
stati progressivamente trasferiti alle politiche
nazionali, rafforzando una base comune
europea Spazio allinnovazione le politiche
europee hanno indotto, esplicitamente o
implicitamente, linnovazione amministrativa e il
rafforzamento della capacity building,
soprattutto al livello locale
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IV. Il valore aggiunto sulle procedure
  • Il principio del partenariato la costruzione del
    partenariato per la programmazione e lattuazione
    degli interventi finanziati con i fondi
    strutturali è associato a numerosi benefici
  • Coerenza verticale fra i diversi livelli
    istituzionali
  • Spostamento del baricentro delle politiche verso
    il locale
  • Consapevolezza, condivisione e maggiore
    trasparenza del disegno strategico
  • La fiducia fra istituzioni ha incoraggiato
    cooperazione e lavoro collaborativo
  • Miglioramento del processo decisionale
  • Accountability i fondi strutturali hanno diffuso
    una pratica estesa di monitoraggio e valutazione
    degli interventi, e unenfasi sullaudit e sul
    controllo della spesa

Burocrazia, Rigidità, Costi
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IV. Il valore aggiunto lapprendimento
  • Lo sviluppo delle capacità di apprendimento
    istituzionale è uno dei compiti fondamentali dei
    fondi strutturali. La stabilità nel tempo dei
    principi e della struttura fondamentale ha
    permesso la sedimentazione nelle routine delle
    Amministrazioni coinvolte.
  • Tre livelli dellapprendimento
  • Livello di programma le regole e le procedure
    europee (partenariato in primis) hanno forzato
    le Amministrazioni a investire in capacity
    building. La partecipazione ai programmi richiede
    infatti una ampia gamma di competenze. Nella
    maggior parte dei programmi sono previsti risorse
    dedicate alacquisizione e alla diffusione di
    esperienze e conoscenze
  • Reti nazionali e internazionali diffusione delle
    buone pratiche e programmi di cooperazione fra
    regioni di diversi Stati membri e regioni dello
    stesso Stato
  • Reti con i nuovi Stati membri sostegno ai nuovi
    stati membri, ma con vantaggi reciproci
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