Title: AGOSTINO E LA SCOPERTA DELLA LIBERT
1AGOSTINO E LA SCOPERTA DELLA LIBERTÀ
2Le origini di Pelagio
- Pelagio nasce in Britannia, tra il 355 e il 360
d. C. da genitori probabilmente cristiani. Sembra
che sia stato educato in scuole romane operanti
in Inghilterra (lo si deduce dalla sua cultura
classica). - A Roma giunge forse ventenne nel 375-380 per
compiere studi giuridici e qui decide di
battezzarsi, assumendo in modo consapevole e
responsabile gli impegni dello stato di vita
cristiano.
3Pelagio asceta
- Da questo momento ha inizio un percorso di
perfezione ascetica che conduce il nostro - ad approfondire le Scritture, soprattutto i
libri sapienziali dellEcclesiastico, dei
Proverbi e dei Salmi - a leggere con passione gli scrittori cristiani
come Cipriano, per laccento sulle virtù
cristiane e lesortazione alla loro pratica,
Lattanzio per lidea che egli ebbe del
cristianesimo come della migliore e più sublime
tra le filosofie morali e Ambrogio per lumanità
e la bellezza della sua concezione cristiana - e soprattutto a mettere in pratica i contenuti di
quanto appreso nellattenzione rigorosa alla
sequela di Gesù e allimitazione del suo modus
vivendi in tutte le circostanze della vita.
4Pelagio laico
- Per condurre la vita nello stile di unautentica
sequela di Cristo limportante non era lo stato
di vita, quanto il comportamento effettivamente
tenuto in ogni stato di vita. Dunque Pelagio non
ritenne necessario prendere i voti e diventare
ufficialmente un monaco, né ordinarsi e diventare
sacerdote ma visse laico in piena libertà duna
professione di vita ascetica non comune,
spontaneamente abbracciata, esercitando, per la
nota personale di un intenso ardore religioso,
unefficace influenza nellambiente romano della
fine del secolo IV e un vero apostolato con
lazione e con gli scritti (S. Prete, Pelagio,
Morcelliana, Brescia, 1961, p. 16)
5Le opere 1
- Sappiamo che Pelagio scrisse molto, non solo
opere organiche, ma anche una gran quantità di
lettere con cui si manteneva in contatto con le
più influenti personalità cristiane del suo tempo
e per mezzo delle quali approfondiva i rapporti
con quelle persone, spesso appartenenti alla
nobiltà romana , che in lui vedevano una guida
per la vita cristiana. - Durante il suo soggiorno a Roma, Pelagio avrebbe
composto diverse opere come il De fide
Trinitatis libri III, oggi perduto, ma molto
apprezzato da Gennadio in quanto lettura
indispensabile per gli studenti - o come l Eclogarum ex divinis Scripturis liber
unus , una collezione passaggi biblici compilata
sulla base del Testimoniorum libri III di
Cipriano, di cui Agostino ha conservato un
certo numero di frammenti.
6Le opere 2
- Ci sono noti da un po di tempo delle
Expositiones in epistolas S. Pauli, elaborate
senza dubbio prima della distruzione di Roma da
parte di Alarico (410) e conosciuti da S.
Agostino sin dal 412. Lo Zimmer ha il merito di
aver riscoperto questo testo come opera originale
di Pelagio , dopo la sua antica attribuzione a
Girolamo (PL, XXX, 645-902) (un più attento
esame di questo lavoro ha portato alla luce il
fatto che esso contiene in nuce le idee che poi
la Chiesa avrebbe condannato come eretiche). Cfr.
Catholic enciclphedia, s.v. Pelagius and
Pelagianism. - Infine ci è giunta una Epistula ad Demetriadem
di argomento ascetico e un breve Libellus fidei
ad Innocentium papam. - Il contenuto di altri suoi testi, come i
notevoli De natura e De libero arbitrio, ci è
noto indirettamente attraverso Agostino (perché
confutati nel De natura et gratia e nel De gratia
Chirsti) e altri Padri che ne hanno riportato i
concetti per confutarli .
7Le attribuzioni
- Caspari alla fine del sec. XIX ha condotto un
ampio studio su una serie di trattatelli morali
di cui ha individuato la medesima impronta
pelagiana e lorigine nella mano di un unico
autore. Successivamente il De Plinval ha ritenuto
che questo autore fosse direttamente il nostro
Pelagio. Ciò ha suscitato ampi dibattiti tra gli
studiosi e la questione non è ancora
definitivamente acclarata. In ogni caso,
estremamente interessanti per un esame delle idee
di Pelagio o di alcuni suoi immediati discepoli è
lo studio dei seguenti testi (i cui titoli già ci
illuminano sugli argomenti trattati) - De divitiis, De malis doctoribus, De castitate,
De vita christiana, De possibilitate non
peccandi De divina lege De ferendis opprobriis,
Epistula ad Marcellam, Epistula ad Celantiam, De
induratione cordis Pharaonis.
8Da Roma alla Palestina
- Il sacco di Roma da parte di Alarico è una data
importante anche per il nostro Autore, poiché
dalla minaccia barbarica egli è spinto a
trasferirsi in Africa passa anche da Ippona ed
è incontrato, seppur di sfuggita, da Agostino e
poi a Gerusalemme, dove si stabilisce
definitivamente. Da questo momento comincia la
vera e propria quaestio pelagiana, perché è
proprio dal 411 che alcune influenti personalità
della Chiesa africana vengono a conoscenza delle
dottrine del monaco circa la grazia, il peccato e
la libertà umana, i temi che saranno al centro
della controversia.
9Agli inizi della controversia
- Lesordio della controversia è dovuto
allintervento del suo amico e discepolo
Celestio nel 411 ad una riunione di vescovi che
trattava della questione donatista. Qui i vescovi
sostenevano che il battesimo conferito dagli
eretici doveva essere reiterato. - In questo contesto emerge la questione spinosa
del battesimo dei fanciulli appena nati
(pedobattesimo). - Celestio, pur non negando la necessità di
amministrare il sacramento della remissione dei
peccati anche a loro, secondo una prassi consueta
nella Chiesa, sebbene non oggetto di preciso
approfondimento teologico, sostiene le seguenti
tesi - 1) I bambini si trovano nella condizione di Adamo
ante peccatum e dunque sono senza colpa - 2)Il peccato di Adamo riguarda esclusivamente la
sua persona - 3)Adamo sarebbe comunque morto, a prescindere dal
suo peccato, perché creato mortale.
10La prima condanna a Cartagine
- Il diacono milanese Paolino di Nola, avendo avuto
notizia di queste prese di posizione che egli
riteneva fuori dallortodossia, fa comparire
Celestio davanti ad unassemblea di vescovi per
giustificarsi e/o ritrattare (siamo nel 411,
Agostino in quelloccasione era assente).
Constatata lostinazione di Celestio nelle sue
opinioni eretiche, il sinodo lo sconfessa e lo
costringe a lasciare la città. - Fino ad ora tuttavia il problema aveva coinvolto
solo marginalmente lasceta inglese, più prudente
e accorto che non lamico Celestio nel divulgare
e insistere su dottrine di dubbia ortodossia.
11A Gerusalemme
- Il problema si ripropone a Gerusalemme, luogo in
cui si era stabilito Pelagio, con il favore del
vescovo Giovanni, e luogo dove però viveva anche
Gerolamo. Questultimo viene a conoscenza delle
dottrine pelagiane da un amico e allievo del
monaco britannico, il quale, non conoscendo
evidentemente lirruenza e la passionalità del
padre traduttore delle Scritture, gli sottopone
una questione circa la possibilità delluomo di
non peccare e lidentificazione della grazia di
Dio con i doni che luomo ha ricevuto nel suo
essere naturale.
12La presa di posizione di Gerolamo
- Immaginiamo Gerolamo che prende la lettera del
pelagiano Ctesifonte e in un impeto di rabbia la
getta tra le fauci del docile leone che sempre lo
accompagna nelliconografia tradizionale. Sì
perché la risposta è molto veemente. Si tratta
per Gerolamo di opinioni decisamente eretiche,
anzi di una summa di eresie in cui sembrano
convergere tutte le opinioni più esecrabili della
storia del cristianesimo, dovute quasi sempre
alla perversa influenza dei filosofi pagani sulla
purezza della dottrina di Cristo.
13Girolamo e Orosio
- Non contento Girolamo pensa di stendere unopera
sistematica contro i Testimonia di Pelagio. Ciò
avviene mentre arriva a Gerusalemme nel 415,
inviatovi da Agostino, lo spagnolo Orosio.
Costui, informato e catechizzato da Girolamo,
prende subito posizione. I due forcano e brigano
finché Pelagio non viene convocato di fronte ad
un sinodo alla presenza del vescovo Giovanni e
dei due accusatori. Dopo una discussione non
certo serena, in cui però Pelagio può avvalersi
della precisa volontà di imparzialità da parte
del vescovo, si decide concordemente di rimandare
la questione e gli atti della discussione a Roma. - Il primo scontro che vede protagonista Pelagio si
risolve dunque in un pareggio.
14I nemici di Pelagio
- I nemici di Pelagio avrebbero voluto che egli
fosse condannato in base alla precedente esito
del concilio di Cartagine e dei testi che
Agostino aveva cominciato a scrivere contro la
dottrina pelagiana del battesimo (De peccatorum
meritis et remissione del 412-13) senza peraltro
pronunciarsi direttamente su Pelagio, le cui
affermazioni non conosceva ancora con precisione.
Tuttavia una condanna era impossibile non si
poteva prendere alcun provvedimento contro una
persona senza che egli, e non altri, avesse
dichiarato qualcosa di eretico. Di qui la
sospensione della causa e linvio degli atti a
Roma.
15Orosio e il Liber apologeticus
- Frustrato dalla sconfitta, Orosio pubblica il
Liber apologeticus per dare la propria versione
dellaccaduto e per associare alla reiterazione
delle accuse a Pelagio, il sospetto di una
posizione pregiudizialmente favorevole al monaco
britannico da parte del vescovo di Gerusalemme.
Latteggiamento polemico di Orosio è così forte
da spingersi oltre quelli che saranno definiti
come i confini della dottrina cattolica sulla
questione. Orosio arriva a dire che tra luomo e
Dio solo a Dio può riferirsi il termine agire,
solo Dio agisce per la salvezza, solo Dio ha un
qualche potere di intervento, mentre alluomo
ogni potere in questo senso è negato ed è di
conseguenza negata ogni collaborazione delluomo
al suo proprio destino e alla sua propria
salvezza.
16Lontani e sordi
- Il testo di Orosio mostra come i contendenti
siano resi dalla vis polemica ancor più lontani
tra loro e incapaci di ascoltarsi, come accade
per esempio a proposito dei termini santità e
giustizia per i cattolici intese come assoluta
perfezione e assenza di peccato e per i pelagiani
come ideale di perfezione proposto come meta da
perseguire obbligatoriamente ma non
necessariamente raggiungibile. Ciò rendeva il
discorso reciproco ricco di fraintendimenti dire
che le forze umane possono raggiungere santità e
giustizia significava per i cattolici negare la
grazia e attribuire alluomo un potere enorme,
per i pelagiani invece significava che luomo si
poteva mettere sulla strada della perfezione
senza che questo significasse averla già
conseguita con luso esclusivo delle proprie
forze.
17Pelagio ortodosso a Diospolis (416)
- Dopo Gerusalemme, la questione eslose nuovamente
a seguito delle accuse rivolte a Pelagio da due
vescovi delle Gallie, dalla non buonissima
reputazione, Erote e Lazaro. Questi racchiusero
in un libellus alcun affermazioni desunte dalle
opere di Pelagio, e le inviarono al vescovo
Eulogio, importante metropolita di Cesarea in
Palestina. Il pastore dovette convocare un
concilio, cui parteciparono, insieme a Pelagio,
14 vescovi palestinesi, per dirimere la questione.
18Il punto controverso
- Il punto controverso era se luomo potesse stare
senza commettere peccato e osservare i
comandamenti fino a giungere alla santità senza
laiuto determinante di Dio. Interrogato, Pelagio
rispose che egli non intendeva che luomo potesse
giungere ad una santità assoluta, ma a quella
santità possibile in questa vita con il concorso - 1) dello sforzo personale
- 2)dellaiuto di Dio.
19Pelagio sconfessa Celestio
- Di fronte ad un altro punto Pelagio fu costretto
a venire più allo scoperto il termine GRAZIA
significa laiuto divino, il dono divino di una
forza che luomo naturale non possiede, oppure un
dono che è stato dato alluomo sin dalla sua
creazione e che coincide con la sua libertà di
scegliere e di perseverare nella scelta (come
aveva sostenuto Celestio, implicando che non ci
fosse bisogno di alcun ulteriore intervento
divino per salvarsi)? - Qui Pelagio sconfessa Celestio sostenendo la sua
più completa aderenza allortodossia della
Chiesa, e la sua condanna di tutto ciò che la
Chiesa condannava.
20Il concilio approva
- Date le risposte prima indicate, il concilio non
può che riconosce Pelagio cattolico e in piena
comunione con la Chiesa. Ciò fa con il rammarico
di Agostino, il quale può leggere gli atti del
concilio (noi li abbiamo grazie a lui che ce li
riporta nel De gestiis Pelagii), e cogliere una
serie di equivoci principalmente terminologici in
cui sono caduti i vescovi a Diospolis e che hanno
determinato il loro orientamento favorevole al
monaco britannico. Nondimeo lesito della vicenda
rimane favorevole a questultimo, il quale non
esista a darvi il massimo risalto e a diffonderne
il più possibile la notizia, a fronte invece
delle lentezza con cui gli atti viaggiavano verso
Roma e le altre sedi vescovili.
21La reazione in Africa e a Roma
- La reazione cartaginese non si fa attendere.
Saputo di Diospolis da Orosio, nella città viene
subito riunito un concilio, e poi subito un altro
a Milevi con rispettivamente 67 e 57 vescovi, i
quali, sentito il resoconto orosiano e le notizie
inviate per lettera da Erote e Lazaro, decisero
di anatemizzare Pelagio. Gli atti dei concili
vengono immediatamente spediti a Roma e fatti
conoscere a papa Innocenzo I, il quale approva la
condotta dei padri e anche il testo, speditogli
in allegato, della confutazione del De natura
pelagiano steso da Agostino (De natura et gratia).
22Pelagio si difende
- Il monaco britannico a questo punto tenta
unautodifesa spedendo a tal fine una lettera a
Innocenzo in cui riassume in termini chiari e
apologetici la sua fede. La lettera sarà ricevuta
dal suo successore Zosimo il quale decide di
riesaminare dal principio la questione, visto che
Celestio si è recato a Roma per farsi sentire dal
nuovo papa, intuendo la possibilità di una
riabilitazione. Il vescovo di Gerusalemme
successore di Giovanni intanto invia al papa una
nuova lettera in difesa di Pelagio. Tutto ciò
crea le condizioni più favorevoli possibile ai
pelagiani.
23Roma assolve
- Al libello pelagiano di autodifesa e alla lettera
del vescovo di Gerusalemme si aggiunge il fatto
che Zosimo conoscesse bene il passato non
edificante di alcuni tra i principali accusatori
di Pelagio (Erote e Lazaro) e infine il contegno
appropriato di Celestio, che con le sue risposte
sembra soddisfare appieno i criteri dei suoi
esaminatori romani. Questi ultimi infatti lo
trovano ortodosso e lo confermano appieno nella
Chiesa cattolica.
24Procedure e tradizione
- A generare latteggiamento di Zosimo, subito
rifiutato da Agostino e dalle Chiese africane,
sono stati probabilmente un fatto di dottrina e
uno procedurale. Il problema dottrinale è
relativo alla questione del battesimo, da cui
come ricordiamo tutto era partito. Il
pedobattesimo era prassi ecclesiale confermata,
su cui anche i pelagiani nulla trovavano da
ridire. Tuttavia largomento del peccato
originale come un vulnus che coinvolgeva anche i
bambini e li destinava, in mancanza del
sacramento, alla dannazione come argomentava
Agostino non era dottrina tradizionale. Zosimo,
che in nulla voleva discostarsi dalla tradizione,
non ne era del tutto convinto. Sulla questione
procedurale pesava invece lassenza di un
contraddittorio con gli accusati nei concili
africani che condannano Pelagio e lassenza anche
di coloro che avevano steso i documenti su cui si
basava laccusa.
25Nuova mobilitazione antipelagiana
- La notizia dellassoluzione di Celestio e di
Pelagio scatena letteralmente gli antipelagiani,
che hanno addentellati alla corte di Ravenna e
preparano un nuovo grande concilio a Cartagine.
Nella primavera del 418 una lettera di Zosimo ad
Aurelio di Cartagine e ai vescovi che avevano
partecipato al precedente concilio contro
Pelagio, ammonendoli a non discostarsi dalle
decisioni di Roma, li avverte però che nulla è
cambiato rispetto al passato, come ad accennare
ad una possibile correzione di rotta che
riportasse Roma sul solco degli atteggiamenti di
Innocenzo. Si tratta di un primo accenno ad una
decisa inversione di rotta.
26Lepistola tractoria
- Tale inversione si concretizza dopo che
nellaprile del 418 Onorio ha emesso un
provvedimento legislativo contro i pelagiani e
nel maggio dello stesso anno si è celebrato un
grande e solenne concilio a Cartagine alla
presenza di 214 vescovi, i quali concordemente
hanno rigettato le dottrine pelagiane e
condannato i suoi fautori. Dopo di ciò il papa
spedisce una vera e propria enciclica dogmatica,
nota con il nome di epistola Tractoria e di cui
Agostino ci riporta qualche stralcio, nella quale
parimenti il pelagianesimo è condannato in modo
definitivo dalla Chiesa.
27Il DE NATURA
- I testi più significativi per comprendere la
dottrina pelagiana sono, come si è detto, due il
De natura e il De natura et gratia. - Il primo dei due è stato scritto anteriormente al
415 e nel 415 è stato ripreso e confutato da
Agostino nel De natura et gratia. Il testo
originale è andato perduto. Ora, analizzando il
De natura et gratia di Agostino vedremo meglio
quali sono i termini teologici e
teologico-filosofici del contendere.
28Agostino riceve il De natura
- Sono due allievi di Pelagio, Timasio e Giacomo,
sorpresi e dubbiosi per alcune affermazioni del
monaco che li aveva condotti alla fede e che essi
continuavano a stimare, a sottoporre al vescovo
di Ippona il testo. - Agostino lo riceve e lo legge con un
atteggiamento benevolo dato dalla buona
reputazione ascetica del britannico, alla ricerca
non di possibili errori da confutare, bensì di
verità da condividere. Si tratta del primo libro
completo che il vescovo ha sottomano e, data
loccasione per la quale gli è stato recapitato,
egli lo legge attentamente e prepara unanalisi
adeguata e approfondita.
29Le due tesi
- In sostanza, rileva Agostino, nonostante
lintenzione benevola con cui ha preso in mano lo
scritto pelagiano , non si può non notare che le
posizioni sue e del britannico sono differenti in
questo punto fondamentale - Pelagio nel De natura difende la natura umana
contro la grazia di Cristo, anche se tale
opposizione non è da lui avvertita mentre
Agostino intende difendere nella sua risposta la
grazia di Cristo non contro la natura ma come
elemento per mezzo del quale la natura viene
liberata e guidata (Agostino, Retractationes 2,
42, in A. Trapé, Introduzione al De natura et
gratia, in Agostino, . P. 367).
30Due tesi collegate
- In accordo con il Trapé ravvisiamo due tesi
fondamentali con le quali Pelagio vuole sostenere
la sua difesa della natura dal punto di vista sia
razionale sia biblico - La prima è una tesi morale quando luomo pecca
non deve accusare la sua natura, ma se stesso e
il proprio libero arbitrio. - La seconda è di carattere dogmatico e viene
citata proprio a sostegno della prima. Dice
infatti che Dio ha dato alluomo il potere di
rimanere senza peccato (il POSSE) se lo vuole e
che la realizzazione di tale capacità (lESSE) è
nelle sue mani.
31Qual è la condizione delluomo?
- Per comprendere meglio queste due tesi, ne
vediamo una terza, che esse implicano. Si tratta
della visione delluomo post-peccatum. Per
Pelagio la natura umana non è stata ferita da
nessun peccato originale. Adamo peccando ha dato
solo un cattivo esempio allumanità tanto che
quando si pecca si pecca ad imitazione di Adamo
ma tale cattivo esempio non ha mutato la natura
umana. Infatti il peccato è un atto e non si vede
come un atto, cioè unazione possa mutare
lessere profondo e universale del soggetto che
la compie, cioè la sua sostanza. Facciamo noi un
esempio aristotelico quale atto irrazionale può
mutare la sostanza delluomo che, anche quando
non usa la ragione è per natura animale
razionale? Se non vi è atto che faccia delluomo
un animale irrazionale per natura, allo stesso
modo non vi è un atto che fa delluomo un essere
peccatore per natura, in opposizione a come Dio
lo ha voluto. Il quale Dio, peraltro, se la
dottrina del peccato originale fosse giusta,
avrebbe punito il peccato di Adamo con la
peccaminosità umana di tutte le successive
generazioni, cioè avrebbe punito il peccato
moltiplicandolo.
32Nella Bibbia
- Pelagio fa notare che nella Bibbia vi sono
numerosi casi di personaggi santi di cui è detto
che vissero senza peccato. Abele, Enoch,
Melchisedec, Abramo, Isacco, Giacobbe, Giuseppe
etc. - Ad essi si deve aggiungere la Madonna, che va
necessariamente riconosciuta senza peccato dal
nostro senso religioso. - Ecco allora in conclusione sostenute le tesi
fondamentali del pelagianesimo possibilità
dellimpeccantia e necessità dello sforzo morale
del libero arbitrio per rendere effettivo il
possesso di quei doni del cui guadagno Dio ci ha
creati capaci.
33Limpostazione agostiniana
- Limpostazione agostiniana è fondata sullidea
che se è giusto, quando si pecca, accusare se
stessi piuttosto che la natura umana, per evitare
il peccato bisogna guardare allunica sua
medicina la grazia di Cristo. Se noi viceversa
ammettiamo la possibilità di salvarci senza di
Lui, rendiamo vana la sua croce. Il De natura fa
proprio così. Esso insiste sui doni del Creatore,
e tra questi mette appunto la possibilità di non
peccare, ma tralascia limportanza dei doni del
Salvatore (Dio infatti è creatore e salvatore e
obbligatoriamente siamo chiamati a credere in
entrambi), il cui sacrificio in croce è
necessario per superare la condizione umana di
peccato, contro la quale la volontà da sola,
ammesso che sia possibile esprimerne una, non
basta.
34Il metodo teologico
- Il metodo con cui affrontare il problema rimane
quello del credere per comprendere, cioè nel dare
per scontate le verità di fede e i contenuti
delle Scritture, per poi indagarli con la
ragione. Le Scritture affermano che la natura
umana è viziata dal peccato. Da questo dato si
deve partire. Poi bisognerà vedere come ciò sia
stato possibile e quale rimedio è proposto dalle
Scritture stesse, ma unimpeccantia naturale non
è ammissibile, così come non è ammissibile
rendere inutile la croce.
35Pelagio e la grazia
- Pelagio, secondo Agostino, pur affermando
vigorosamente di non negare la grazia, intende
il concetto in modo molto diverso dalle Scritture
e dalla tradizione della Chiesa. - Per lui la grazia è
- La possibilità di non peccare data alluomo con
il libero arbitrio dal Creatore che ha fatto così
la natura umana - La legge divina che fornisce un sostegno al
cammino umano, insegnando ciò che si deve fare o
evitare - La remissione dei peccati già commessi.
36Agostino e la grazia
- Per Agostino quella pelagiana è una concezione
estremamente riduttiva della grazia, che invece
va considerata la fonte della giustizia e della
salvezza e loro unico fondamento. Ma - 1) la natura umana così comè oggi, dopo il
peccato non può salvarsi e non può evitare il
peccato se non con laiuto di Cristo e della fede
in lui quindi la grazia non è dono di Dio
creatore e non coincide con la natura umana, ma è
dono di Dio salvatore che restaura la natura
umana dopo il peccato. - 2) La legge non dona libertà ma incute il timore.
Essa non ha la facoltà di salvare dal peccato,
non solo perché, come dice nelle Diverse
questioni, si limita a farlo conoscere, ma perché
con il timore non si adempie ancora quella
giustizia il cui presupposto non è nella paura
della pena, ma nellamore della giustizia stessa,
come afferma nel De spiritu et littera. - 3) Infine la grazia non ha solo una funzione di
remissione del peccato, ma anche si aiuto
indispensabile ad evitarlo nel futuro.
37La preghiera
- Una delle conseguenze della posizione pelagiana è
la svalutazione della preghiera Si adest
possibilitas ut quid orant? Se cè possibilità
(nel senso di possibilità di salvarsi mediante le
proprie forze) perché pregano? - I pelagiani non arrivano a ritenere inutile la
misericordia di Dio, quindi una preghiera in
quanto richiesta di perdono essi la contemplano.
Tuttavia si limitano a questo essi pregano quia
peccavimus (perché abbiamo peccato) non ne
peccemus (affinché non pecchiamo in futuro. Per
Agostino invece la misericordia di Dio va
implorata anche per evitare il nostro peccato
futuro.
38Dio comanda limpossibile?
- Allora se abbiamo bisogno della grazia per non
peccare, Dio comanderebbe ciò che è a noi
impossibile? Agostino concorda con Pelagio nel
sostenere che Dio non comanda limpossibile solo
che per il primo non peccare è possibile con
lausilio della grazia che si ottiene mediante la
preghiera per il secondo con la forza che è
stata data sin dallinizio alla natura umana, che
alluomo è dato di gestire e di cui egli porta la
responsabilità.
39Il problema di Pelagio
- La radice degli errori di Pelagio sta secondo
Agostino in una questione antropologica. Si
tratta della considerazione che Pelagio ha della
natura umana. Secondo il monaco britannico la
natura delluomo di adesso è tale e quale lha
creata Dio allinizio. Essa non è dunque stata
minimamente modificata dal peccato di Adamo.
Questo fa sì che Pelagio riconosca la grazia che
istituisce la natura umana, cioè quel dono che
Dio fa alluomo creandolo con determinate
caratteristiche e capacità, ma non la grazia che
RESTITUISCE la natura, cioè quella che lo salva
dalla condizione di degradazione in cui luomo è
caduto dopo il peccato.
40Ignorantia et infirmitas
- Due sono le conseguenze del peccato su cui
Agostino si concentra nel De natura et gratia - lignorantia, ovvero la cecità intellettuale,
lincapacità di scorgere il bene e di valutare
rettamente le cose rilevanti per la vita - linfirmitas della volontà, cioè lincapacità
della volontà di prendere una decisione corretta
e di perseverare in quella nonostante le
difficoltà. - Queste due malattie possono essere curate da un
solo medico, Gesù Cristo. È chiaro però che per
essere curati bisogna chiamare il medico e per
farlo bisogna riconoscere di essere malati.
Orbene, Pelagio non compie queste ultime due
azioni necessarie e quindi implicitamente rifiuta
il medico, Gesù Cristo, colui che solo può
restituire allumana natura la capacità di
sollevarsi al di sopra della propria tendenza a
peccare.
41Tutti gli uomini eccetto Maria
- Tutti gli uomini nascono affetti da ignorantia et
infirmitas eccetto la Madre del Salvatore.
Nessuno si è salvato se non attraverso la grazia
di Dio. Non esiste quindi nessuna impeccantia per
luomo post peccatum. Anche i giusti citati dalle
Scritture lo sono stati in virtù della grazia e
però mai completamente, affinché non
insuperbissero. Dio infatti, sapendo che la
superbia, anche nel fare il bene, è la radice di
tutti i peccati, laddove il giusto vi ceda anche
per poco, lo abbandona per un istante a qualche
lieve peccato, affinché anche il giusto abbia da
essere perdonato e a mostrare la necessità
dellumiltà quale radice della salvezza.
42Confutazione delle testimonianze di Pelagio
- Le testimonianze con cui Pelagio sostiene le sue
dottrine non sono, secondo Agostino, affatto
decisive, anzi, a dire il vero, dicono cose che
certo non si possono negare, ma che non
sostengono affatto le dottrine di monaco
britannico. - Per esempio Pelagio riporta una frase del beato
Ilario di Poitiers che dice Soltanto quando
avremo raggiunto la perfezione dello spirito e
saremo stati trasformati dallimmortalità, che è
riservata unicamente ai mondi di cuore, vedremo
la natura immortale di Dio. Tale frase, dice
Agostino, è perfettamente condivisibile, ma non
dice niente sulla questione di come sia possibile
diventare mondi di cuore cioè se per grazia o
autonomamente.
43La testimonianza di Sisto
- Pelagio, oltre a testimonianze di ambrogio e
Giovanni di Gerusalemme, tutte segnate dalla
medesima debolezza, riporta anche una
testimonianza vescovo e martire Sisto di Roma che
dice Dio ha concesso agli uomini la libertà
del loro arbitrio perché, vivendo con purezza e
senza peccato, diventino simili a Dio. Ma ,
dice Agostino, è compito dello stesso arbitrio
ascoltare Dio che chiama, credere in lui e
chiedere a lui nel quale crede laiuto per
non peccare. E perfettamente possibile che la
libertà sia stata data alluomo per divenire
simili a Dio, ma questo non esclude la necessità
di un dono di grazia per realizzare questo fine a
cui il libero arbitrio è ordinato.
44Lautodifesa di Agostino
- Ma Pelagio cita anche il De libero arbitrio di
Agostino, precisamente in quel luogo dove il
santo di Ippona dice che lse la volontà cede ad
una forza irresistibile non commette peccato, e
lo commette solo se effettivamente può resistere.
Questo dimostrerebbe che anche Agostino ha
insistito su una possibile autonomia della
volontà per vincere il peccato dato che si può
vincere e si deve vincere solo se si può. Ma
agostino qui invita a tenere conto che nel suo
testo invocava laiuto di Dio, citando il Padre
nostro che dice. Non ci indurre in tentazione.
Questo sarebbe per Agostino una testimonianza da
inserire allinterno di un contesto in cui è ben
chiaro che la natura delluomo creato da Dio è
ben diversa da quella delluomo afflitto dal
peccato e perciò bisognoso necessariamente di
invocare laiuto della grazia divina.
45Conclusione
- In conclusione Agostino riprende Pelagio in ciò
che sec ondo lui ha di positivo, cioè
lesortazione a vivere in santità. Essa è giusta
ed è tuttavia possibile accettarla senza che
questo divenga motivo per uscire dallortodossia.
Questo si fa tenendo conto che i comandamenti
sono tutti osservabili, e assai facilmente
nellamore, che è compimento della legge,
quellamore che, è bene tenerlo presente, non
si riversa nei nostri cuori per le forze della
natura o della volontà che si trovano in noi,
bensì per mezzo dello Spirito Santo che ci è
stato dato, il quale soccorre alla nostra
debilità e concorre alla nostra santità.