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LEIBNIZ (monadologia)

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LEIBNIZ (monadologia) prof. Michele de Pasquale monadologia autosufficienza ed incomunicabilit delle monadi se le monadi sono mondi chiusi, come concepire il ... – PowerPoint PPT presentation

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Title: LEIBNIZ (monadologia)


1
LEIBNIZ(monadologia)
  • prof. Michele de Pasquale

2
monadologia
centro immateriale di forza identificato con la
sostanza individuale
monade
creata da Dio
priva di estensione, di figura, indivisibile
ognuna è diversa dalle altre principio
dellidentità degli indiscernibili
3
autosufficienza ed incomunicabilità delle monadi
le monadi non hanno porte e finestre pur non
potendo influenzarsi a vicenda, esse sono legate
tra loro
monade
monade
attività delle monadi (non nel senso di loro
relazioni con lesterno, ma della loro attività
interna)
ogni monade ha una rappresentazione più o meno
chiara di tutte le altre ognuna vede lintero
universo da diversi punti di vista (il diverso
grado di appercezione delle monadi spiega la
differenza tra le monadi)
percezione rappresentazione di ciò che è esterno
(presente anche in animali e piante) appetizione
passare da una percezione allaltra appercezione
consapevolezza della percezione (propria
dellanima umana) piccole percezioni percezioni
di cui non abbiamo consapevolezza (inconscio)
Dio è la monade col più alto grado di chiarezza
delle sue rappresentazioni
4
  • se le monadi sono mondi chiusi, come concepire il
    rapporto tra la monade-anima e la monade-corpo?

armonia prestabilita laccordo tra le varie
monadi è stato predisposto da Dio sin dalla
eternità (le modificazioni interne di ogni monade
corrispondono perfettamente alle modificazioni
delle altre monadi)
le monadi non ricevendo nulla dallesterno,
debbono trarre da sé tutto ciò che posseggono
innatismo totale
5
fine
6
  •  
  • La sostanza è un essere capace di
    azione. Essa è semplice o composta. La sostanza
    semplice è quella che non ha parti. La composta è
    l'unione delle sostanze semplici o delle monadi.
    Monás è un termine greco, che significa unità, o
    ciò che è uno. I composti o i corpi sono
    moltitudini le sostanze semplici, le vite, le
    anime, gli spiriti sono unità. Ed è necessario
    che ovunque vi siano sostanze semplici, perché
    senza il semplice non vi sarebbe nulla di
    composto. Di conseguenza tutta la natura è piena
    di vita.
  • Le monadi, non avendo parti, non possono
    essere formate né disfatte esse non possono
    cominciare né finire secondo natura, perché
    durano quanto l'Universo che potrà essere
    modificato ma non distrutto. Esse non possono
    avere figure, altrimenti avrebbero parti una
    monade, perciò, non può in se stessa e nel
    momento essere distinta da un'altra che per
    qualità e azioni interne, le quali non possono
    essere altro che le sue percezioni (cioè le
    rappresentazioni, nel semplice, del composto o di
    ciò che è esterno) e le sue appetizioni (cioè le
    tendenze da una percezione all'altra), che
    costituiscono i princípi del cambiamento. La
    semplicità della sostanza, infatti, non esclude
    la molteplicità delle modificazioni, che devono
    trovarsi insieme nella stessa sostanza semplice e
    che devono consistere nella varietà dei rapporti
    con le cose che le sono esterne. é come un centro
    o punto, nel quale, per quanto semplice, si
    trovano una infinità di angoli, formati dalle
    rette che vi concorrono.

7
  • Nella natura tutto è pieno ovunque vi sono
    sostanze semplici, effettivamente separate le une
    dalle altre, in forza di azioni proprie che
    cambiano continuamente i loro rapporti, e
    ciascuna sostanza semplice o monade separata, che
    costituisce il centro di una sostanza complessa
    (come per esempio di un animale), ed il principio
    della sua unicità, è circondata da una massa
    composta di una infinità di altre monadi, che
    costituiscono il suo corpo organico, proprio di
    quella monade centrale, seguendo le cui
    modificazioni quella monade si rappresenta, come
    in una specie di centro, le cose che le sono
    esterne. Questo corpo, poi, è organico, quando
    costituisce una specie di automa o una macchina
    della natura, macchina non solo nel tutto, ma
    anche nelle parti piú piccole che è possibile
    osservare. E poiché a causa della pienezza del
    mondo tutto è connesso, e ciascun corpo agisce su
    ciascun altro corpo, piú o meno a seconda della
    distanza, e per reazione ne viene modificato ne
    deriva di conseguenza che ogni monade è uno
    specchio vivente, dotato di una attività interna,
    che si rappresenta l'Universo secondo il proprio
    punto di vista, ed è altrettanto regolata che
    l'Universo stesso. Le percezioni poi all'interno
    della monade nascono le une dalle altre in virtú
    delle leggi dell'appetizione o delle cause finali
    del bene e del male, che consistono nelle
    percezioni osservabili, regolate o no cosí come
    i mutamenti dei corpi e i fenomeni esterni
    nascono in virtú delle leggi delle cause
    efficienti, cioè dei movimenti. Vi è cosí
    un'armonia perfetta tra le percezioni della
    monade e i movimenti dei corpi, un'armonia
    prestabilita fin dal principio tra il sistema
    delle cause efficienti e quello delle cause
    finali ed è in essa che consistono l'accordo e
    l'unione fisica dell'anima e del corpo, senza che
    l'uno possa mutare le leggi dell'altra.
  • (Leibniz, Princípi della Natura e della Grazia
    fondati sulla ragione)

8
  •  
  • È dunque infinitamente piú ragionevole e
    piú degno di Dio supporre che egli abbia creato,
    fin da principio, la macchina del mondo in modo
    che, senza violare ad ogni momento le due grandi
    leggi della natura, cioè quelle delle forze e
    della direzione, e seguendole, anzi, in modo
    perfetto (eccetto che nel caso dei miracoli),
    accada esattamente che i muscoli del corpo siano
    pronti a lavorare essi stessi come occorre, nel
    momento in cui l'anima ha un pensiero o una
    volizione conveniente, ch'essa ha avuto, del
    resto, in conformità degli stati precedenti del
    corpo, e che cosí l'unione dell'anima con la
    macchina del corpo e con le sue parti e l'azione
    dell'uno sull'altro consista solo in questa
    concomitanza che rivela la saggezza ammirabile
    del Creatore, molto meglio di ogni altra ipotesi.
    Non si può negare che questa ipotesi sia per lo
    meno possibile e che Dio sia un artefice cosí
    abile per poterla attuare dopo, sarà facile
    giudicare che questa ipotesi è la piú probabile,
    perché è la piú semplice, la piú bella e la piú
    intelligibile e perché taglia di un colpo tutte
    le difficoltà senza dir nulla delle azioni
    malvagie, per le quali sembra piú ragionevole non
    fare concorrere Dio, se non per la conservazione
    delle forze create.

9
  • Per servirmi infine di un paragone dirò che,
    rispetto alla concomitanza che io sostengo, essa
    è simile a quella che ci sarebbe fra diverse
    orchestre e cori, che eseguano separatamente le
    loro parti e siano collocate in modo che non si
    vedano e neppure si odano e che, nondimeno,
    possano accordarsi seguendo le loro note,
    ciascuna le proprie, di modo che chi le ascolta,
    vi trovi un'armonia meravigliosa e molto piú
    sorprendente che se vi fosse una connessione fra
    loro. Potrebbe, anzi, accadere che uno, ponendosi
    accanto ad uno dei due cori, giudicasse dall'uno
    quello che l'altro esegue, e prendesse una tale
    abitudine (specialmente se si suppone che possa
    ascoltare il proprio, senza vederlo, e vedere
    l'altro, senza ascoltarlo) che, con l'aiuto
    dell'immaginazione, egli non pensi piú al coro in
    cui si trova, ma all'altro, oppure che consideri
    il proprio come un'eco dell'altro, non
    attribuendo a quello in cui si trova che taluni
    intermezzi nei quali non si manifestano talune
    regole della sinfonia con le quali giudica
    l'altro oppure attribuendo al proprio certi
    movimenti, che fa eseguire dal suo lato, secondo
    certi motivi che egli crede imitati dagli altri a
    causa del rapporto con ciò che egli trova nello
    sviluppo della melodia, non sapendo che coloro
    che si trovano nell'altro coro svolgono in esso
    qualcosa di corrispondente, secondo i propri
    disegni.
  • (Leibniz, Lettera ad A. Arnauld 30 aprile 1687)

10
  •  
  • La monade, di cui qui parleremo, non è altro
    che una sostanza semplice, la quale entra nei
    composti semplice, cioè senza parti.
  • È necessario che ci siano sostanze semplici,
    poiché ci sono dei composti. Il composto,
    infatti, non è altro che un ammasso, o aggregato
    di semplici.
  • Dove non ci sono parti non ci sono né estensione,
    né figura, né divisibilità possibili. Queste
    monadi sono perciò i veri atomi della natura e,
    in una parola, gli elementi delle cose.
  • Nemmeno cè da temere una loro dissoluzione è
    assolutamente impensabile che una sostanza
    semplice possa perire in modo naturale.
  • Per la stessa ragione è impossibile che una
    sostanza semplice inizi in modo naturale non può
    formarsi per composizione.
  • Possiamo così asserire che le monadi non possono
    iniziare o finire se non in un lampo, cioè non
    possono iniziare se non attraverso creazione, né
    finire se non attraverso annichilazione mentre
    ciò che è composto inizia o finisce tramite le
    parti.
  • Non cè modo di spiegare come una monade possa
    venir alterata o mutata al suo interno da qualche
    altra creatura, poiché non vi si può trasporre
    nulla, né concepire in essa alcun movimento
    interno che possa essere suscitato, diretto,
    aumentato o diminuito, come invece è possibile
    nei composti, nei quali hanno luogo mutamenti tra
    le parti. Le monadi non hanno finestre attraverso
    cui qualcosa possa entrare in o uscire da esse.
    Gli accidenti non possono distaccarsi dalle
    sostanze né uscirne come, un tempo, le specie
    sensibili degli scolastici. Così, né sostanze né
    accidenti possono entrare, dal di fuori, in una
    monade.

11
  • È necessario, tuttavia, che le monadi abbiano
    qualche qualità altrimenti non sarebbero nemmeno
    degli esseri. E se le sostanze semplici non
    differissero per nulla quanto alle loro qualità,
    sarebbe impossibile scorgere un mutamento nelle
    cose, poiché ciò che è nel composto non può
    venire che da elementi semplici. Se le monadi
    fossero senza qualità, sarebbero indistinguibili
    luna dallaltra, poiché, parimenti, non
    differiscono per quanto concerne la quantità. Di
    conseguenza, supposto il pieno, nessun luogo in
    moto perpetuo riceverebbe altro che lequivalente
    di quanto posseduto precedentemente, e uno stato
    di cose sarebbe indiscernibile dallaltro.
  • È necessario anche che qualsivoglia monade sia
    differente da qualsiasi altra. Infatti non ci
    sono mai in natura due esseri perfettamente
    identici e nei quali non sia possibile trovare
    una differenza interna o fondata su di una
    denominazione intrinseca.
  • Considero inoltre concesso che ogni essere creato
    sia soggetto al mutamento, e di conseguenza anche
    la monade creata, e anche che tale mutamento sia
    continuo in ognuna .
  • Da quanto detto segue che i cambiamenti naturali
    delle monadi provengono da un principio interno,
    poiché una causa esterna non può influire sul
    loro interno. E in generale è lecito affermare
    che la forza non è altro che il principio del
    cambiamento.
  • (Leibniz, Monadologia)

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  • Lo stato transitorio che implica e rappresenta
    una moltitudine nellunità o nella sostanza
    semplice non è altro che ciò che si chiama
    percezione, che dobbiamo distinguere
    dallappercezione o coscienza
  • Lazione del principio interno che opera il
    mutamento o il passaggio da una percezione a
    unaltra può essere denominato appetizione è
    vero che lappetito non può mai raggiungere
    interamente ogni percezione a cui tende, ma ne
    ottiene sempre qualcosa, e giunge a nuove
    percezioni.
  • Si potrebbero chiamare entelechie tutte le
    sostanze semplici o monadi create. Esse, infatti,
    portano in sé una certa perfezione, vi è in esse
    unautosufficienza che le rende fonti quasi
    automatiche delle loro azioni interne e, per così
    dire, automi incorporei.
  • Se vogliamo chiamare anima tutto ciò che ha
    percezioni e appetiti nel senso generale che
    abbiamo appena esplicato, tutte le sostanze
    semplici o monadi create si possono chiamare
    anime. Ma, poiché lappercezione è qualcosa di
    più di una qualsiasi semplice percezione,
    consentiamo a che il nome generale di monadi ed
    entelechie si attribuisca esclusivamente alle
    sostanze semplici che godano di semplice
    percezione, e che si chiamino anime solo quelle
    la cui percezione è più distinta e unita a
    memoria.
  • Esperiamo infatti in noi stessi uno stato nel
    quale non ci ricordiamo di nulla e non abbiamo
    alcuna percezione distinta, come quando perdiamo
    i sensi o quando siamo colti da un sonno profondo
    e senza sogni. In questo stato lanima non si
    distingue sensibilmente da una semplice monade.
    Siccome però questo stato non perdura (essa ne
    esce) è necessario che lanima sia qualcosa di
    più.

13
  • Non ne segue affatto, allora, che la sostanza
    semplice sia priva di percezione. Questo non è
    possibile, anche per le ragioni suddette. Perché
    essa non può morire, non può nemmeno sussistere
    senza qualche affezione, che non è altro che la
    sua percezione..
  • Ma la conoscenza delle verità necessarie ed
    eterne è ciò che ci distingue dai semplici
    animali e ci porta in possesso della ragione e
    delle scienze, mentre ci eleva alla conoscenza di
    noi stessi e di Dio. E questo è ciò che in noi si
    chiama anima razionale o spirito
  • ogni corpo è affetto da tutto ciò che accade
    nelluniverso, a tal punto che colui, il quale
    vede tutto, potrebbe leggere in ognuno, ovunque,
    ciò che accade e anche ciò che è accaduto o
    accadrà, osservando nel presente ciò che è
    lontano tanto secondo il tempo quanto secondo lo
    spazio Ma unanima non può leggere in sé stessa
    altro da quello che vi è rappresentato
    distintamente non può svolgere tutto dun tratto
    le sue pieghe, perché esse tendono allinfinito.
  • Così, benché qualsivoglia monade creata
    rappresenti tutto luniverso, essa rappresenta
    più distintamente il corpo che le è assegnato in
    modo peculiare e di cui costituisce lentelechia.
    E come questo corpo esprime tutto luniverso
    attraverso la connessione di tutta la materia nel
    pieno, così anche lanima rappresenta tutto
    luniverso rappresentandosi il corpo che le
    appartiene in maniera peculiare.
  • (Leibniz, Monadologia)

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  • lultima ragione delle cose deve essere in
    una sostanza necessaria, nella quale il dettaglio
    dei cambiamenti non sia se non in modo eminente,
    come nella sua sorgente. Ed è questo ente che noi
    chiamiamo dio.
  • Ora, essendo questa sostanza una ragione
    sufficiente di tutto questo dettaglio, che è
    tutto concatenato con tutto, non cè che un dio,
    e questo dio è sufficiente
  • Da ciò segue anche che le creature hanno le loro
    perfezioni dallinfluenza di dio, ma le
    imperfezioni dalla loro propria natura, incapace
    di essere senza limiti. In questo, infatti, si
    distinguono da dio.
  • È anche vero che si trova in dio non solo la
    fonte delle esistenze, ma anche quella delle
    essenze, in quanto reali, ovvero di ciò che vi è
    di reale nella possibilità è perché lintelletto
    di dio è la ragione delle verità eterne o delle
    idee da cui esse dipendono, e che senza di lui
    non ci sarebbe nulla di reale nelle possibilità,
    e non solo nulla di esistente, ma nemmeno
    alcunché di possibile.
  • Perché occorre che, se cè una realtà nelle
    essenze o possibilità, ovvero nelle verità
    eterne, questa realtà sia fondata in qualcosa di
    esistente e attuale, e di conseguenza
    nellesistenza dellessere necessario, nel quale
    lessenza include lesistenza o nel quale è
    sufficiente essere possibile per essere attuale

15
  • Ma labbiamo appena provato anche a posteriori,
    poiché esistono degli esseri contingenti che non
    possono avere la loro ragione ultima o
    sufficiente se non nellessere necessario, che ha
    la ragione della sua esistenza in sé stesso.
  • Così, solo dio è lunità primitiva o la sostanza
    semplice originaria, le cui produzioni sono tutte
    monadi create o derivative, e nascono, per così
    dire, attraverso delle continue folgorazioni
    della divinità di momento in momento, limitate
    dalla ricettività della creatura, cui è
    essenziale essere limitata.
  • Cè in dio la potenza, che è la sorgente di
    tutto, e poi la conoscenza, che contiene il
    dettaglio delle idee, e infine la volontà, che
    opera i mutamenti o le produzioni secondo il
    principio del meglio.
  • E questo risponde a ciò che, nelle monadi create,
    fa il soggetto o la base, la facoltà percettiva e
    la facoltà appetitiva. Ma in dio questi attributi
    sono assolutamente infiniti o perfetti, e nelle
    monadi create o nelle entelechie non sono altro
    che imitazioni, secondo il loro grado di
    perfezione.
  • (Leibniz, Monadologia)

16
  •  
  • D'altronde vi sono mille segni che fanno
    giudicare che vi sono a ogni momento una infinità
    di percezioni in noi, ma senza appercezione e
    senza riflessione, cioè cambiamenti nell'anima di
    cui noi non ci accorgiamo perché le impressioni
    sono o troppo piccole o troppo numerose o troppo
    congiunte, sicché non si riesce a distinguerle se
    non in parte ciò nonostante esse non cessano di
    far sentire i loro effetti e di farsi sentire
    almeno confusamente nel loro insieme. ... Così
    vi sarebbero in noi percezioni delle quali non ci
    accorgiamo subito, non derivando l'appercezione
    che dall'avvertimento dopo un qualche intervallo,
    per piccolo che sia. E per meglio giudicare delle
    piccole percezioni che non sapremmo distinguere
    in una folla di percezioni sono solito servirmi
    dell'esempio del muggito o rumore del mare dal
    quale si è colpiti quando si è sulla riva. Per
    intendere questo rumore bisogna che se ne
    percepiscano le parti che lo costituiscono, cioè
    il rumore di ogni singola onda, benché ciascuno
    di questi brusii non si faccia conoscere che
    nell'insieme confuso di tutte le altre onde, cioè
    dentro questo muggito stesso, e non potrebbe
    essere notato, se questa onda che lo produce
    fosse sola. Perciò bisogna che si sia turbati,
    almeno un poco, dal movimento di ogni singola
    onda e che si abbia una qualche percezione di
    ciascuno di questi rumori, per quanto lievi
    siano, o altrimenti non vi sarebbe neppure quello
    di centomila onde, perché centomila niente non
    possono fare qualche cosa. ...

17
  • Quanto piú, infatti, si è attenti a non
    trascurare nulla di ciò che possiamo determinare,
    tanto piú la pratica risponde alla teoria ma
    soltanto la Suprema Ragione, a cui non sfugge
    nulla, è in grado di comprendere distintamente
    tutto l'infinito, tutte le ragioni e tutte le
    conseguenze. Il nostro potere sull'infinito si
    limita a conoscerlo confusamente, e a sapere
    quanto meno, distintamente, che c'è. Diversamente
    noi giudicheremmo malissimo della bellezza e
    della grandezza dell'Universo, né potremmo
    disporre di una fisica efficace, che spieghi la
    natura delle cose in generale, e ancor meno di
    una buona pneumatica, che abbracci la conoscenza
    di Dio, delle anime e delle sostanze semplici in
    genere.
  • Tale conoscenza delle percezioni
    insensibili serve anche a spiegare perché e come
    due anime umane, o, in generale, di una stessa
    specie, non escano mai perfettamente simili dalle
    mani del Creatore, e abbiano ciascuna un rapporto
    originario con il particolare punto di vista da
    cui guarderanno l'Universo. Del resto, questo è
    una conseguenza di quanto ho già osservato degli
    individui e, cioè, che la loro differenza non è
    mai esclusivamente numerica. 
  • (Leibniz, Nuovi saggi sull'intelletto umano)

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  • Si dice che la creatura agisce al di fuori di
    sé in quanto ha della perfezione, e patisce da
    unaltra in quanto è imperfetta. Così attribuiamo
    lazione alla monade in quanto essa ha delle
    percezioni distinte, la passione in quanto ne ha
    di confuse
  • Ma nelle sostanze semplici solo uninfluenza
    ideale di una monade sullaltra può avere il suo
    effetto unicamente attraverso lintervento
    divino, in quanto nelle idee di dio una monade
    chiede, con ragione, che dio, ordinando le altre
    al principio delle cose, la consideri. Perché,
    siccome una monade creata non può influenzare
    fisicamente linterno dellaltra, è solo per quel
    medio che luna può dipendere dallaltra.
  • Ed è per questo che le azioni e le passioni tra
    le sostanze sono reciproche. Dio infatti,
    mettendo a confronto due sostanze semplici, trova
    in ciascuna dei motivi che lo obbligano ad
    adeguarla allaltra. Di conseguenza ciò che è
    attivo secondo un certo rispetto, è passivo
    secondo un altro attivo in quanto ciò che in
    esso si conosce distintamente serve a rendere
    ragione di ciò che accade in un altro, e passivo
    in quanto la ragione di ciò che accade in esso si
    trova in ciò che, in un altro, è conosciuto
    distintamente.
  • Ora, siccome nelle idee divine ci sono infiniti
    universi possibili e di essi non ne può esistere
    che uno, occorre che ci sia una ragione
    sufficiente della scelta di Dio, la quale lo
    determini verso luno piuttosto che verso
    laltro.
  • E questa ragione non può che trovarsi nella
    convenienza, nei gradi di perfezione che quei
    mondi contengono, poiché ogni possibile ha il
    diritto di pretendere allesistenza in ragione
    della perfezione che implica.
  • E proprio questa è la causa dellesistenza del
    migliore di essi, che dio conosce tramite la
    saggezza, sceglie in virtù della bontà e produce
    in forza della potenza.

19
  • Ora, questo legame o questo adattamento di tutte
    le cose create a ciascuna, e di ciascuna a tutte
    le altre, fa sì che ogni sostanza semplice abbia
    dei rapporti che esprimono tutte le altre e che,
    di conseguenza, sia uno perpetuo specchio vivente
    delluniverso.
  • E come una stessa città vista da luoghi
    differenti sembra del tutto diversa ed è come
    moltiplicata prospetticamente, così accade che, a
    causa della moltitudine infinita delle sostanze
    semplici, ci siano altrettanti differenti
    universi che non sono perciò che le prospettive
    di uno solo secondo i diversi punti di vista di
    ogni monade.
  • E questo è il mezzo di ottenere la più grande
    varietà possibile, ma con il più grande ordine
    possibile è il mezzo di ottenere quanta più
    perfezione possibile
  • Questi principi ci hanno dato modo di spiegare
    naturalmente lunione ovvero la conformità
    dellanima e del corpo organico. Lanima segue le
    sue proprie leggi e il corpo le sue, e convengono
    tra sé in virtù dellarmonia prestabilita tra
    tutte le sostanze, poiché sono tutte delle
    rappresentazioni di uno stesso universo.
  • Le anime agiscono secondo le leggi delle cause
    finali attraverso appetizioni, fini e mezzi. I
    corpi agiscono secondo le leggi delle cause
    efficienti o dei moti. E due regni, quello delle
    cause efficienti e quello delle cause finali,
    sono tra loro armonici.
  • (Leibniz, Monadologia)

20
  •  
  • La nostra discordia verte su punti di
    una certa importanza. Si tratta di sapere se
    l'anima sia in se stessa del tutto vuota, a guisa
    di una tavoletta su cui non si sia ancora scritto
    nulla (tabula rasa), come vogliono Aristotele e
    l'autore del Saggio J. Locke, e se tutto ciò
    che vi è tracciato derivi unicamente dal senso e
    dall'esperienza, o se, invece, l'anima contenga
    originariamente i princípi di molte nozioni e
    dottrine, che gli oggetti esterni non fanno altro
    che svegliare, come occasioni come io credo con
    Platone, e anche con gli Scolastici, e con tutti
    coloro che danno questo significato al passo di
    san Paolo (Epistola ai Romani, 2, 15) in cui egli
    afferma che la legge di Dio è scritta nei
    cuori. ...
  • Nasce, di qui, un altro problema e cioè
    se tutte le verità dipendano dall'esperienza,
    ossia dall'induzione e dai casi particolari, o se
    ve ne siano alcune che hanno anche un altro
    fondamento. Se, infatti, taluni eventi si
    lasciano prevedere prima di averne fatto un
    qualsiasi esperimento, è palese che noi vi
    conferiamo qualcosa da parte nostra. Le
    sensazioni sebbene necessarie per tutte le nostre
    conoscenze in atto, non bastano punto a darci
    tutte le nostre conoscenze in genere poiché esse
    non offrono mai altro che casi singoli, vale a
    dire verità particolari o individuali. Ma tutti
    gli esempi che confermano una verità generale,
    per quanto numerosi essi siano, non bastano a
    stabilire la verità universale di tale
    proposizione non ne deriva, infatti, che ciò che
    è accaduto accadrà sempre allo stesso modo.

21
  • Per esempio, i Greci e i Romani e tutti gli altri
    popoli della Terra conosciuta dagli antichi,
    hanno sempre osservato che, prima del decorso di
    24 ore, il giorno si cangia in notte e la notte
    in giorno. Ma ci s'ingannerebbe se si credesse
    che la medesima regola si osserva ovunque, dopo
    che si è esperimentato che nella Nuova Zemplia
    accade il contrario. E, ancora, si ingannerebbe
    chi considerasse ciò una verità necessaria ed
    eterna per lo meno nei nostri climi si deve
    infatti considerare che neppure la Terra e il
    Sole esistono necessariamente, e che vi sarà
    forse un tempo in cui questo astro splendente non
    sarà piú, almeno nella sua forma attuale, e, con
    lui, tutto il suo sistema. Si scorge, di qui, che
    le verità necessarie, quali si trovano nelle
    matematiche pure, e particolarmente
    nell'aritmetica e nella geometria, devono avere
    princípi la cui prova non dipende punto dagli
    esempi, né, di conseguenza, dall'attestazione dei
    sensi, anche se, senza i sensi, non si avrebbe
    mai l'occasione di pensarci. é questa una cosa
    che occorre distinguere bene ed Euclide l'ha
    cosí ben capita che egli dimostra con la ragione
    anche ciò che si constata a sufficienza con
    l'esperienza e con le immagini sensibili. Anche
    la logica, con la metafisica e la morale - che
    danno luogo, in un caso, alla filosofia naturale,
    e nell'altro alla giurisprudenza naturale - sono
    piene di verità siffatte. Di conseguenza la loro
    prova non può derivare se non da princípi
    interni, che si chiamano innati.
  • (Leibniz, Nuovi saggi sull'intelletto umano)
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